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Prescrizione del reato: quando un ricorso è infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per porto di oggetti atti ad offendere. L’imputato sosteneva l’avvenuta prescrizione del reato, ma la Corte ha rigettato la tesi, chiarendo che il calcolo del termine era errato alla luce delle normative sulla sospensione. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione del Reato: Quando un Ricorso Inammissibile non Ferma il Tempo

La prescrizione del reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, ma il suo calcolo può nascondere insidie, specialmente quando si intreccia con le complesse dinamiche processuali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7488/2025) offre un importante chiarimento su come un ricorso manifestamente infondato influenzi la decorrenza dei termini, con conseguenze significative per l’imputato. Analizziamo insieme la vicenda e la decisione dei giudici.

La Vicenda Processuale: Un Lungo Percorso Giudiziario

Il caso ha origine da una condanna per svariati reati, tra cui resistenza a pubblico ufficiale e porto abusivo di oggetti atti ad offendere. In particolare, il punto focale del contendere è la condanna per il possesso ingiustificato di un paio di forbici in acciaio di 16 cm, ritrovate nell’auto guidata dall’imputato.

Dopo un primo annullamento con rinvio da parte della Cassazione, la Corte d’Appello aveva riconfermato la responsabilità dell’uomo. I giudici di merito avevano ritenuto poco credibile la giustificazione secondo cui le forbici, di proprietà della figlia, fossero state dimenticate in auto dopo essere state usate per tagliare delle rose. Tale conclusione si basava su un’intercettazione di un colloquio in carcere, il cui contenuto era apparso sospetto.

Contro questa seconda decisione, l’imputato ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione.

Il Ricorso e la Questione della Prescrizione del Reato

La difesa sosteneva che il reato, commesso il 1° maggio 2018, si fosse prescritto il 1° maggio 2023, data antecedente alla sentenza d’appello impugnata (emessa il 15 gennaio 2024). Secondo questa tesi, la Corte d’Appello avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del reato anziché emettere una nuova condanna.

Tuttavia, questa linea difensiva non ha tenuto conto delle modifiche normative intervenute in materia di sospensione della prescrizione del reato, che hanno un impatto diretto sul calcolo dei termini.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il ragionamento dei giudici è stato lineare e si è basato su un’attenta analisi della normativa applicabile.

La Corte ha evidenziato che, per il reato in questione, commesso nel 2018, trova applicazione la disciplina introdotta dalla legge n. 103 del 2017. Questa normativa ha modificato le regole sulla sospensione del corso della prescrizione. Applicando correttamente tali disposizioni, il termine massimo di prescrizione non scadeva nel 2023, come sostenuto dal ricorrente, bensì il 1° novembre 2024.

Poiché la sentenza d’appello era stata pronunciata nel gennaio 2024, il reato a quella data non era ancora prescritto. L’argomento del ricorrente era quindi privo di qualsiasi fondamento giuridico, rendendo il ricorso “manifestamente infondato”.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Conseguenze

La decisione della Cassazione ribadisce un principio cruciale: la manifesta infondatezza del ricorso ne determina l’inammissibilità. Questa declaratoria ha due conseguenze dirette e gravose per l’imputato:

1. Impedisce la pronuncia di estinzione del reato: L’inammissibilità del ricorso preclude alla Corte di esaminare il merito della questione e, quindi, di dichiarare l’eventuale prescrizione maturata dopo la proposizione del ricorso stesso.
2. Condanna alle spese: Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 500,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.

In sostanza, presentare un ricorso basato su argomenti palesemente errati non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche un aggravio di costi e preclude la possibilità di beneficiare di cause estintive del reato come la prescrizione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su un motivo manifestamente infondato. La difesa ha sostenuto l’avvenuta prescrizione del reato basandosi su un calcolo errato dei termini, senza considerare le norme sulla sospensione della prescrizione applicabili al caso.

Come si calcola la prescrizione del reato in questo specifico caso?
La Corte di Cassazione ha chiarito che, applicando la disciplina sulla sospensione introdotta dalla legge n. 103 del 2017, il termine di prescrizione per il reato contestato non era ancora maturato al momento della sentenza d’appello. Il termine corretto scadeva il 1° novembre 2024, e non nel 2023 come erroneamente sostenuto dalla difesa.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. Inoltre, preclude alla Corte la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, anche se questa dovesse maturare dopo la presentazione del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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