Prescrizione del Reato e Recidiva: La Cassazione chiarisce i termini
L’istituto della prescrizione del reato è uno dei pilastri del nostro ordinamento penale, ma il suo calcolo può diventare complesso in presenza di specifiche circostanze aggravanti, come la recidiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione su come la condizione di recidivo possa estendere significativamente i tempi necessari per l’estinzione di un reato, in questo caso un delitto di danneggiamento.
I Fatti del Caso: Il Danneggiamento e il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per il reato di danneggiamento, emessa dalla Corte d’appello. L’imputato, ritenuto colpevole di aver danneggiato un’ambulanza, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza. Il primo motivo contestava la valutazione della prova sull’elemento soggettivo del reato, mentre il secondo verteva sulla presunta intervenuta estinzione del reato per prescrizione.
I Motivi del Ricorso: Vizio di Motivazione e Prescrizione del Reato
L’imputato ha basato la sua difesa su due argomenti distinti:
La Questione dell’Elemento Soggettivo
Si lamentava un vizio di motivazione in merito alla prova dell’intenzionalità (dolo) nel commettere il danneggiamento. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente provato che l’azione fosse volontaria e finalizzata a danneggiare il veicolo.
Il Calcolo della Prescrizione
Il secondo e più tecnico motivo di ricorso sosteneva che la Corte territoriale avesse errato nel non dichiarare l’estinzione del reato. La difesa riteneva che, al momento della sentenza di secondo grado, fosse già trascorso il tempo massimo previsto dalla legge per la prescrizione del reato di danneggiamento.
La Decisione della Corte sulla Prescrizione del Reato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni. Se il primo motivo è stato liquidato come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, è sul secondo motivo che la Corte si è soffermata, fornendo una chiara spiegazione del meccanismo di calcolo della prescrizione.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha ritenuto il secondo motivo manifestamente infondato, basando la sua decisione su un’analisi puntuale della normativa.
Il punto di partenza è l’articolo 157 del codice penale, che stabilisce un termine di prescrizione non inferiore a sei anni per i delitti, come quello di danneggiamento. Tuttavia, nel caso di specie, sono entrate in gioco due variabili cruciali:
1. Atti Interruttivi: Erano intervenuti atti processuali che avevano interrotto il decorso della prescrizione.
2. Recidiva Infraquinquennale: All’imputato era stata contestata e ritenuta la recidiva infraquinquennale, ovvero la commissione di un nuovo delitto entro cinque anni da una condanna precedente.
Questa seconda circostanza, ai sensi dell’art. 161, secondo comma, cod. pen., comporta un aumento della metà del termine di prescrizione. Di conseguenza, il termine base di sei anni è stato esteso a nove anni. Poiché il reato era stato commesso il 23 febbraio 2016 e la sentenza d’appello era del 18 novembre 2024, erano trascorsi poco meno di nove anni. Il reato, quindi, non era ancora prescritto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali del diritto processuale penale. In primo luogo, il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. In secondo luogo, evidenzia l’impatto determinante della recidiva sul calcolo della prescrizione del reato. La condizione di recidivo non solo può comportare un aumento della pena, ma allunga concretamente i tempi a disposizione dello Stato per perseguire e punire il colpevole, impedendo che il semplice trascorrere del tempo possa garantire l’impunità.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché mirava a ottenere una nuova valutazione delle prove fattuali, come le testimonianze, un’attività che non è permessa in sede di legittimità. La Corte di Cassazione valuta solo la correttezza giuridica e la logicità della motivazione, non riesamina le prove.
Come viene calcolata la prescrizione del reato in questo caso di danneggiamento?
Il termine base per il delitto di danneggiamento è di sei anni. Tuttavia, poiché all’imputato è stata riconosciuta la recidiva infraquinquennale, questo termine è stato aumentato della metà, portandolo a un totale di nove anni.
Il reato commesso nel 2016 era prescritto alla data della sentenza d’appello del 2024?
No. Il termine di prescrizione, esteso a nove anni a causa della recidiva, non era ancora decorso al momento della sentenza d’appello del 18 novembre 2024, essendo il reato stato commesso il 23 febbraio 2016.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31205 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nato a Palermo il 11/01/1981
avverso la sentenza del 18/11/2024 della Corte d’appello di Palermo
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in ordine alla prova dell’elemento soggettivo del delitto di danneggiamento, non è consentito poiché risulta finalizzato a ottenere, mediante doglianze in punto di fatto già motivatamente respinte in appello, una rivalutazione delle risultanze probatorie – nel caso specifico, della prova testimoniale (dell’autista e dell’infermiere dell’ambulanza danneggiata) – estranea al sindacato di legittimità, essendo il controllo di legittimità finalizzato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
reputato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’omessa declaratoria – ad opera della Corte territoriale – della prescrizione per il reato di cui all’art. 635 cod. pen., è manifestamente infondato risultando in palese contrasto con il dato normativo considerato che: a) l’art. 157 cod. pen. stabilisce
che la prescrizione estingua il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale e in ogni caso un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto (ed è quest’ultimo il caso del danneggiamento); b) essendo intervenuti degli atti interruttivi della prescrizione, ai sensi dell’art. 161, secondo comma, cod. pen., ed essendo stata ritenuta la recidiva infraquinquennale, il menzionato termine di sei anni è aumentato della metà e, pertanto, a nove anni; c) di conseguenza, il reato, in quanto commesso il 23/02/2016, non era prescritto alla data della sentenza di appello (che è del 18/11/2024);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
considerato infine che, attesa l’inammissibilità del ricorso, non si pone questione di verifica della procedibilità del reato (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273551-01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.