Prescrizione del Reato o Assoluzione: La Cassazione Chiarisce la Prevalenza
In ambito processuale penale, la scelta tra una sentenza di assoluzione nel merito e una declaratoria di estinzione per prescrizione del reato rappresenta un punto cruciale, con implicazioni significative per l’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 12490/2024, è intervenuta proprio su questo delicato equilibrio, specialmente quando la vicenda processuale coinvolge un concordato in appello. La Corte ha fornito indicazioni precise sui presupposti che giustificano la prevalenza della prescrizione sull’assoluzione, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi di ricorso e la coerenza della strategia difensiva.
I Fatti del Processo
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Milano. In quel grado di giudizio, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena (il cosiddetto ‘concordato in appello’ ex art. 599-bis c.p.p.) per un reato in materia di stupefacenti. La Corte d’Appello, recependo l’accordo, aveva condannato l’imputato a quattro anni di reclusione e 10.000 euro di multa.
Contestualmente, per altri capi di imputazione, la Corte aveva emesso decisioni diverse: assoluzione per un capo perché il fatto non sussiste e, per un altro, una declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. Proprio contro quest’ultima statuizione l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici d’appello avrebbero dovuto assolverlo nel merito, formula ben più favorevole, anziché limitarsi a constatare l’estinzione del reato per il decorso del tempo.
La questione della prescrizione del reato in Cassazione
Il ricorrente lamentava una violazione degli articoli 129 e 531 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato a non far prevalere una pronuncia di assoluzione piena sulla declaratoria di estinzione del reato. Il principio generale, infatti, impone al giudice di assolvere l’imputato se emerge con evidenza la sua innocenza, anche in presenza di una causa di estinzione come la prescrizione.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi fondamentali.
In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico e apparente. Le critiche mosse alla sentenza d’appello non erano sufficientemente specifiche e argomentate, limitandosi a enunciare un principio di diritto senza confrontarsi concretamente con la motivazione della sentenza impugnata. Secondo i giudici, un ricorso efficace deve contenere una critica puntuale e ragionata, non semplici lamentele.
In secondo luogo, e questo è il punto più rilevante, la Corte di Cassazione ha evidenziato come la decisione della Corte d’Appello fosse correttamente motivata. I giudici di secondo grado avevano giustificato la scelta di dichiarare la prescrizione del reato sulla base di una ‘provata responsabilità a titolo di concorrente nella cessione’. In altre parole, non sussisteva quell’evidenza di innocenza che avrebbe imposto una sentenza di assoluzione nel merito.
Un elemento decisivo, sottolineato dalla Cassazione, è stato il comportamento processuale della stessa difesa. Era stato proprio il difensore, nell’ambito della proposta di concordato, a evidenziare l’intervenuta prescrizione per quel capo di imputazione. Questo ha reso il successivo ricorso, volto a ottenere un’assoluzione nel merito, intrinsecamente contraddittorio. Non si può prima utilizzare la prescrizione come argomento per definire la propria posizione processuale e poi dolersene in Cassazione per ottenere un risultato più favorevole.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione è la scelta corretta quando non emergono elementi evidenti per un proscioglimento nel merito. La prova dell’innocenza deve essere ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio), altrimenti prevale la causa estintiva. Inoltre, la Corte ribadisce che le strategie difensive devono essere coerenti: l’aver concordato una determinata soluzione processuale in appello, basata anche sulla presa d’atto della prescrizione, preclude la possibilità di contestare successivamente quella stessa scelta. La decisione finale ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Quando un giudice deve dichiarare la prescrizione del reato invece di assolvere l’imputato?
Un giudice dichiara la prescrizione del reato quando non sussistono le condizioni per un’assoluzione immediata nel merito, ovvero quando le prove raccolte non dimostrano con evidenza che l’imputato non ha commesso il fatto, che il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: primo, i motivi erano generici e non contenevano una critica argomentata alla sentenza impugnata; secondo, la Corte ha rilevato una contraddizione nel fatto che la stessa difesa avesse sollevato la questione della prescrizione durante la proposta di concordato in appello.
Che valore ha il comportamento della difesa nel corso del processo?
Il comportamento della difesa ha un valore decisivo. La Corte di Cassazione ha sottolineato che il fatto che fosse stata la stessa difesa a evidenziare l’intervenuta prescrizione in sede di concordato in appello ha reso il successivo ricorso per ottenere l’assoluzione manifestamente infondato, in quanto contraddittorio con la precedente strategia processuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12490 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12490 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/10/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con la sentenza in epigrafe, su concorde richiesta delle parti, la Corte di appello di Milano ha applicato a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. la pena di anni quattro di reclusione ed euro 10.000,00 di multa per il reato di cui agli artt. 110 c.p, 73 e 80 d.P.R. n. 309/90; la Corte con la stessa sentenza ha assolto l’imputato per il reato di cui al capo 1) perché il fatto non sussiste e ha dichiarato il non doversi procedere per il reato di cui al capo 3) perché lo stesso è estinto per prescrizione.
2.NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di appello deducendo violazione di legge in relazione agii artt. 531 e 129 c.p.p. per non avere la Corte di appello fatto prevalere una pronuncia di assoluzione di merito sulla mancata procedibilità per estinzione del reato in relazione al capo 3) di imputazione.
3.11 motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto si risolve in doglianze non specifiche ma soltanto apparenti ed omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 24383801). Contrariamente a quanto dedotto, infatti, la pronunzia impugnata reca appropriata motivazione sul fatto che la scelta del proscioglimento per avvenuta estinzione del reato di cui al capo 3) di imputazione si fondi sulla provata responsabilità a titolo di concorrente nella cessione. Si dà atto, in aggiunta, che è stata la stessa difesa, con la proposta di concordato, ad evidenziare l’intervenuta prescrizione del reato di cui al capo 3).
4.Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pr idegte