Prescrizione del Reato: Come Annulla una Condanna? Analisi della Cassazione
La prescrizione del reato è un istituto giuridico che sancisce l’estinzione di un illecito penale per il decorso del tempo. Ma cosa accade quando la prescrizione matura durante il giudizio di Cassazione, dopo una doppia condanna nei gradi di merito? Una recente sentenza della Suprema Corte chiarisce il delicato equilibrio tra l’accertamento della responsabilità e l’applicazione di questa causa estintiva, delineando i confini entro cui un ricorso, anche se non palesemente infondato, cede il passo al fattore tempo.
I Fatti del Processo
Il caso in esame riguarda un imputato condannato sia dal Tribunale monocratico di Termini Imerese che dalla Corte d’Appello di Palermo per il reato di sostituzione di persona, previsto dall’art. 494 del codice penale. L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due vizi della sentenza d’appello:
1. Erronea applicazione della legge processuale, in particolare la norma che prevede l’assoluzione in caso di prove insufficienti o contraddittorie (art. 530, comma 2, c.p.p.).
2. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con cui era stata affermata la sua colpevolezza.
In sostanza, la difesa sosteneva che le prove a carico non fossero sufficientemente solide per giustificare una condanna.
L’Impatto della Prescrizione del Reato nel Giudizio di Legittimità
Durante il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, è emerso un fattore decisivo: la maturazione della prescrizione del reato. La Corte ha calcolato che il termine massimo di prescrizione, pari a sette anni e sei mesi, maggiorato di un periodo di sospensione dovuto alla normativa emergenziale anti-covid, era scaduto il 12 gennaio 2024.
Questo evento ha cambiato radicalmente la prospettiva del giudizio. La legge impone infatti al giudice, in ogni stato e grado del processo, di dichiarare d’ufficio la presenza di una causa di estinzione del reato. Tuttavia, questa declaratoria non è automatica se l’imputato potrebbe essere prosciolto con una formula più favorevole, come l’assoluzione nel merito per insussistenza del fatto o perché non lo ha commesso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha innanzitutto valutato i motivi del ricorso, ritenendoli non manifestamente infondati. Questo passaggio è cruciale: se il ricorso fosse stato giudicato palesemente inammissibile o infondato, la Corte non avrebbe potuto rilevare la prescrizione e la condanna sarebbe diventata definitiva. Poiché i motivi presentavano una parvenza di fondatezza, i giudici hanno dovuto procedere a un’ulteriore valutazione.
Il passo successivo è stato verificare se dagli atti processuali emergesse in modo evidente e inconfutabile (ictu oculi) l’innocenza dell’imputato. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (richiamando la sentenza a Sezioni Unite n. 35490/2009), il proscioglimento nel merito in presenza di una causa estintiva è possibile solo quando l’innocenza è una ‘constatazione’ immediata, non il risultato di un ‘apprezzamento’ o di un approfondimento probatorio.
Nel caso specifico, i motivi di ricorso lamentavano un vizio di motivazione. Un simile vizio, se accolto, avrebbe potuto portare all’annullamento della sentenza con rinvio a un nuovo giudice d’appello per una nuova valutazione. Tuttavia, la presenza della causa estintiva della prescrizione del reato inibisce questa possibilità. Il giudice del rinvio, infatti, avrebbe comunque l’obbligo di dichiarare immediatamente l’estinzione del reato. Pertanto, la Cassazione ha applicato direttamente la causa estintiva, annullando la sentenza di condanna senza rinvio.
Conclusioni
La sentenza dimostra come la prescrizione del reato agisca come un meccanismo di chiusura del processo penale quando il tempo per l’accertamento definitivo della responsabilità è trascorso. La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: tra una condanna basata su una motivazione potenzialmente viziata e l’estinzione del reato per prescrizione, prevale quest’ultima, a meno che non emerga una prova schiacciante e immediata di innocenza. L’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna cancella gli effetti penali della stessa, cristallizzando l’esito del processo in una declaratoria di estinzione del reato.
Quando la Cassazione dichiara la prescrizione del reato invece di decidere nel merito del ricorso?
Quando rileva che il termine di prescrizione è maturato e, contemporaneamente, il ricorso non è manifestamente infondato e non sussistono le condizioni per un’assoluzione immediata nel merito con formula più favorevole.
È possibile ottenere un’assoluzione piena anche se il reato è prescritto?
Sì, ma solo se l’innocenza dell’imputato (perché il fatto non sussiste, non costituisce reato o non è stato da lui commesso) emerge in modo assolutamente evidente e non contestabile dagli atti processuali, senza necessità di alcun approfondimento o valutazione discrezionale.
Cosa significa che un ricorso non è ‘manifestamente infondato’ ai fini della prescrizione?
Significa che i motivi di ricorso presentano una critica alla sentenza impugnata che non è palesemente pretestuosa o errata. Questa condizione è necessaria perché, in caso di ricorso inammissibile o manifestamente infondato, la prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello non potrebbe essere dichiarata, e la condanna diventerebbe definitiva.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31462 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 31462 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che l’imputato NOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale monocratico di Termini Imerese di condanna per il reato di cui all’art. 494 cod. pen.;
Rilevato che il primo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza e/o erronea applicazione della legge in relazione all’art. 530 comma 2 cod. proc. pen. – e il secondo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia contraddittorietà e illogicità della motivazione in riferimento all’affermazione di responsabilità dell’imputato – non sono manifestamente infondati in quanto le motivazioni della Corte di Appello si prestano a censure di manifesta illogicità siccome fondate su argomentazioni congetturali;
Rilevato che la non manifesta infondatezza del ricorso impone di prendere atto dell’estinzione del reato per prescrizione, prescrizione maturata il 12 gennaio 2024, decorsi sette anni e sei mesi dal 9 maggio 2016, cui vanno aggiunti 64 giorni per il rinvio del 23 marzo 2020 a causa della normativa emergenziale anticovid;
Rilevato che non sussistono elementi per pervenire al proscioglimento dell’imputato con formula più favorevole ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., perché, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu ocu/i, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettannanti, Rv. 244274). Nel caso di specie, escluso che i motivi di ricorso contengano censure dotate della suindicata portata demolitoria, le doglianze del ricorrente, lungi dall’evidenziare elementi di per sé stessi direttamente indicativi della insussistenza del reato addebitato, deducono in sostanza un vizio di motivazione in grado di condurre, al più, ad annullare con rinvio la sentenza impugnata, rinvio tuttavia inibito, poiché, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla
declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275).
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2024.