Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11461 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11461 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nata a Roma il 12/02/1960
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 09/05/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato per prescrizione;
sentite le conclusioni dell’avvocato COGNOME COGNOME in difesa di COGNOME NOMECOGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.In data 9 maggio 2024, la Corte di Appello di Catania, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere condannava COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 alla pena di anni due mesi sei di reclusione ed euro 5.000,00 di multa.
2.Avverso tale provvedimento l’imputata, tramite difensore, propone ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi.
3.Nel primo motivo lamenta il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 157 cod. pen., per omessa declaratoria di prescrizione del reato.
La ricorrente rileva che a seguito dell’erronea applicazione della disposizione di legge sopra indicata la Corte di appello non avrebbe dichiarato l’estinzione del reato commesso in data 28 dicembre 2017.
Stante la sopravvenuta abrogazione del comma 2 dell’art. 159 cod. pen. ad opera della legge 27 settembre 2021, n. 124 per i reati commessi prima del 1° gennaio 2020, per i reati commessi tra il 2017 ed il 2019, quale quello contestato, sarebbe tornato a rivivere il regime della prescrizione stabilito dalla legge “Cirielli” che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod. pen.
Essendo decorsi, dunque, sei anni dalla data della commissione del delitto, la Cote d’appello di Napoli avrebbe dovuto, d’ufficio, dichiarare il reato estinto per prescrizione, giacché la fattispecie incriminata alla data del commesso reato prevedeva una pena edittale massima di anni sei.
4.Nel secondo motivo di ricorso deduce, in subordine, il vizio di motivazione in ordine all’omessa valutazione delle memorie inviate via pec in data 24 aprile 2024 dal difensore nelle quali si rappresentava essere decorso il termine di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2.La questione posta dalla ricorrente ha ad oggetto l’individuazione della normativa applicabile in tema di prescrizione relativamente ai reati commessi nell’arco temporale che va dall’entrata in vigore della I. n. 103 del 2017, ovvero dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2019.
Il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 risale al 28/12/2017 allorquando era in vigore l’art. 159 cod. pen. (come modificato dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017) che al comma 2 stabiliva – per la parte che in questa sede interessa – che «II corso della prescrizione rimane altresì sospeso … dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi». La critica proposta con il ricorso in esame si fonda sostanzialmente
sull’intervenuta sostituzione di tale norma, a decorrere dal 10 gennaio 2020, dall’art. 1, comma 1 lett. e) n. 1, legge 9 gennaio 2019, n. 3, e sulla successiva abrogazione ex art. 2, comma 1, legge 27 settembre 2021, n. 134, cui conseguirebbe, per il ricorrente, una sorta di ultrattività della disciplina previgente relativa alla sospensione del decorso del termine di prescrizione. L’art. 159, comma 2, cod. pen., così come introdotto dalla cd. legge Orlando, era, infatti, stato riformulato dall’art. 1, comma 1 lett. e) n. 1, legge n.3/2019 (c.d. «legge Bonafede»), che aveva introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla irrevocabilità del decreto di condanna. Il citato art. 159, comma 2, cod. pen., infine, è stato definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a), legge n. 134 del 2021, che ha contestualmente introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto, solo per i reati commessi a far data dal 10 gennaio 2020 (ai sensi dell’art.2 comma 3), con l’art. 344-bis cod. proc. pen., l’improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544, comma 3, cod. proc. pen., eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen.
3.Ciò premesso, deve essere evidenziato che con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede, si è delineato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità che ha imposto la devoluzione alle Sezioni unite del seguente quesito: «se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019».
Secondo l’informazione provvisoria n. 19/2024 diramata da questa Corte, all’esito dell’udienza del 12 dicembre 2024, le Sezioni unite hanno dato soluzione al quesito in senso affermativo, stabilendo che «per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017. Per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021».
Trattandosi dunque di reato commesso in data 28/12/2017 trova applicazione la disciplina dettata dalla legge “Orlando”, sicché deve concludersi, come
implicitamente ritenuto dalla Corte di merito, che al termine massimo di sei anni previsto il reato ascritto alla ricorrente debba aggiungersi un ulteriore periodo (di sospensione) di un anno e sei mesi, dal che deriva che il termine di prescrizione del reato de quo andrebbe a spirare solo in data 28/06/2025.
L’infondatezza del primo motivo determina logicamente l’infondatezza della seconda doglianza.
Questa Corte ha in più occasioni chiarito che l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive, le quali devono essere attentamente considerate dal giudice cui sono rivolte (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276199; Sez. 3, n. 5075 del 13/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272009; Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, Tropea e altri, Rv. 272542). Ne consegue necessariamente che, in caso di ricorso per cassazione, il vizio di omesso esame di memorie, sub specie di vizio di motivazione, sarebbe deducibile soltanto quando su un tema in ipotesi introdotto in memoria, e potenzialmente decisivo, il provvedimento impugnato sia rimasto del tutto silente. Il che, con riferimento all’ipotesi di specie non è accaduto giacché la Corte d’appello, nel non considerare il reato prescritto ha anche implicitamente, disatteso la memoria.
5.Per queste ragioni il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 06/02/2025
Il Consigliere estensore