Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37016 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37016 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che, con un unico motivo di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto il vizio di violazione di legge per non avere la Corte d’appello emesso sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato a causa di un errore di calcolo del tempo necessario a prescrivere (in sintesi, la difesa si duole dell’errore di calcolo nel termine di prescrizione, in quanto, trattandosi di reato punito con la pena congiunta della multa e della reclusione fino ad un anno, la pena, anche per effetto dell’aumento della recidiva, pari ai 2/3 della pena massima prevista pe ril reato in questione, risulterebbe inferiore ad anni sei di reclusione, ossia un anno aumentato di 2/3, sicché, trattandosi di delitto, il tempo necessario a prescrivere a norma dell’art. 157, cod. pen. deve essere di anni 6 e non di anni 7 e mesi 6 come sostenuto dai giudici di appello; non essendovi periodo di sospensione, occorreva tener conto del termine di prescrizione ordinaria, con conseguente maturazione dello stesso alla data del 16.09.2022, dunque maturato prima dell’emissione del decreto di citazione emesso per il giudizio di appello in data 23.08.2023, ciò che renderebbe evidente anche l’erroneo calcolo del termine di prescrizione massima);
ritenuto che il motivo è inammissibile perché manifestamente infondato, prospettando enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (il reato per cui si procede è punito con la multa di lire diecimila per ogni grammo convenzionale di prodotto, come definito dall’articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n.76, e con la reclusione da due a cinque anni; in applicazione dell’art. 157, cod. pen., la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto; tenuto conto della data del commesso reato, ossia il 15.10.2014, e dell’ultimo atto interruttivo costituito dalla sentenza di primo grado in data 16.09.2016, il termine di prescrizione breve, dovendosi tener in considerazione l’aumento di 2/3 per la recidiva contestata ai sensi dell’art. 157, comma 2, cod. pen., è di anni 10; dunque, decorrendo tale termine dall’ultimo atto interruttivo (16.09.2016), il termine di prescrizione breve non era evidentemente decorso alla data dell’emissione del decreto di citazione a giudizio (23.08.2023) né a quello di pronuncia della sentenza impugnata (30.10.2023), in quanto lo stesso decorrerà alla data del 16.09.2026; il termine di prescrizione massima, a norma dell’art. 161, comma 2, cod. pen., tenuto conto dell’aumento di 2/3 versandosi nell’ipotesi di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen., è di 16 anni ed 8 mesi (10 anni + 2/3), e dunque maturerà alla data del 15.06.2031 (data commesso reato, 15.10.2014
+ 16 anni ed 8 mesi); del resto, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il termine di prescrizione non matura prima della decorrenza del termine massimo previsto dall’art. 161, comma secondo, cod. pen., soltanto nel caso in cui tra un atto interruttivo ed il successivo non sia interamente decorso il termine ordinario previsto dall’art. 157 cod. pen. (Sez. 5, n. 51475 del 04/10/2019, Rv. 277853 – 01); a ciò va aggiunto, infine, che la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale, incide sia sul computo del termine-base di prescrizione ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen., sia sull’entità della proroga di suddetto termine in presenza di atti interruttivi, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen. (In motivazione, la Corte ha chiarito che una diversa interpretazione rimetterebbe al giudice la scelta della rilevanza da attribuire alla recidiva qualificata caso per caso, contraddicendo il principio costituzionale di tassatività: Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018, Rv. 274721 – 01);
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Così deciso il 13 settembre 2024
Il Presidente