Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13281 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13281 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 21/04/1975
avverso la sentenza del 03/05/2024 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per i capi a), b) e c) per intervenuta prescrizione;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che, nel fare proprie le richieste del Procuratore Generale in ordine al primo motivo, si associa, anche in ordine alla richiesta di far valere la prescrizione dei reati il cui termine sarebbe spirato il 18 aprile 2023. Per il secondo motivo si riporta al ricorso e confida nell’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 maggio 2024, la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza emessa dal tribunale di Nola in data 30 settembre 2022, appellata da NOME COGNOME con la quale, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante contestata di cui all’art. 349, cpv, cod. pen., e ritenuta la
continuazione tra i reati ascritti, lo stesso veniva dichiarato colpevole dei reati edilizi, paesaggistici ed antisismici previsti dal d.P.R. n. 380 del 2001 e dal D.lgs. n. 42 del 2004, nonché per il delitto di violazione aggravata di sigilli, commessi secondo le modalità esecutive e spazio -temporali meglio descritte nei singoli capi di imputazione, in relazione a fatti commessi il 13 febbraio 2018 (quanto alle contravvenzioni) e in data 8 marzo 2018 (quanto al delitto di violazione di sigilli aggravata).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore di fiducia, articolando due distinti motivi, di seguito enunciati ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 129, cod. proc. pen. e correlato vizio di manifesta illogicità della motivazione.
In sintesi, precisa il ricorrente che il ricorso è stato proposto al fine di far valere l’estinzione dei reati contravvenzionali contestati ai capi a), b) e c) della rubrica per intervenuta prescrizione, la quale sarebbe maturata nel periodo intercorrente tra il deposito della sentenza di primo grado e la scadenza del termine per proporre l’impugnazione. In ordine alla rituale richiesta difensiva di applicazione dell’istituto della prescrizione, sollevata con i motivi d’appello, la Corte territoriale avrebbe invece ritenuto la mancata decorrenza del termine necessario a prescrivere, tenuto conto del periodo di sospensione processuale dovuto all’emergenza epidemiologica in atto. La Corte d’appello sarebbe incorsa in un errore di calcolo, come emergerebbe dalla breve ricostruzione del processo penale di primo grado, articolatosi in nove udienze dibattimentali, che viene illustrata alle pagine 4 e 5 del ricorso. Da tale ricostruzione, in particolare, emergerebbe come il processo di primo grado avrebbe subìto un’unica sospensione dei termini a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid, all’udienza del 24 aprile 2020. Alla luce di quanto sopra, le contravvenzioni risultavano già estinte al momento della sentenza d’appello per essere intervenuto il decorso del termine massimo di prescrizione alla data del 18 aprile 2023. La Corte d’appello avrebbe dunque dovuto dichiarare estinti i reati contravvenzionali con revoca dell’ordine di demolizione delle opere abusive. La difesa, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, ricorda i diversi regimi di prescrizione applicabili in concreto in ragione della data del commesso reato. A tal proposito, fa presente che, per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, trovava applicazione la disciplina della prescrizione introdotta dalla cosiddetta legge Orlando, legge n. 103 del 2017, con i periodi di sospensione previsti dall’articolo 159, secondo comma, cod. pen. Ai fatti oggetto di contestazione nell’odierno procedimento, commessi nel febbraio 2018, pertanto, si applica(va) la disciplina della prescrizione prevista dalla legge Orlando con i periodi di sospensione di cui sopra. Aggiunge, tuttavia, la difesa che l’articolo 2, comma 1, lettera a), della legge n. 134 del 2021 ha espressamente abrogato la causa di sospensione del corso della prescrizione di cui all’articolo 159, secondo
comma, cod. pen., prevista dalla legge Orlando. Nella comparazione delle due discipline va individuata la norma più favorevole al fatto commesso il 13 febbraio 2018, ossia al fatt o commesso sotto la vigenza dell’abrogata legge Orlando. Secondo la difesa, che richiama giurisprudenza a sostegno del proprio assunto, troverebbe applicazione la cosiddetta legge Cirielli che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione introdotta dalla legge Orlando, esplicitamente abrogata dalla legge n. 134 del 2021, con la conseguenza che i reati contestati avrebbero dovuto essere dichiarati estinti per prescrizione per decorrenza dei termini massimi con ogni conseguenza di legge.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 23 -bis , l. n. 176 del 2020.
In sintesi, sostiene la difesa che la sentenza sarebbe affetta da vizio di nullità per violazione del diritto di difesa. In particolare, poiché in base all’articolo 23bis della legge n. 176 del 2020 avrebbero dovuto essere depositate nel giudizio di appello le conclusioni del procuratore generale, diversamente, in assenza di tale deposito, si sarebbe integrata la violazione di legge per mancata integrazione del contraddittorio cartolare, con conseguente nullità di ordine generale ai sensi dell’articolo 178 cod. proc. pen. in relazione alla partecipazione del procedimento del pubblico ministero. Il procuratore generale non avrebbe, infatti, mai rassegnato le proprie conclusioni al fine di consentire il contraddittorio tra le parti, non risultando le stesse depositate nel fascicolo processuale e tale violazione sarebbe stata eccepita ritualmente in via preliminare nelle conclusioni scritte della difesa depositate a mezzo PEC in data 16 aprile 2024. Tale circostanza sarebbe stata sottovalutata dalla Corte d’appello, la quale non avrebbe rilevato la nullità a regime intermedio, con la conseguenza che l’udienza non avrebbe potuto essere trattata per mancata integrazione del contraddittorio. Il mancato deposito delle conclusioni scritte del procuratore generale avrebbe poi sotteso una mancata valutazione da parte della Procura della questione afferente all’intervenuto decorso dei termini di prescrizione per i reati contravvenzionali, inducendo pertanto la Corte d’appello ad una erronea decisione sul calcolo dei termini. Né si potrebbe parlare di errore della Corte d’appello, in quanto né dal verbale di utenza né dalla motivazione alla sentenza emergono elementi che possano corroborare tale tesi. In definitiva, la Corte d’appello avrebbe dovuto rinviare il processo per mancanza delle conclusioni del procuratore generale in quanto le stesse, non essendo state depositate, avrebbero precluso l’esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato, esperibile solo a seguito delle conclusioni della pubblica accusa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato in presenza a seguito di richiesta difensiva, accolta, di discussione orale, è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile.
2.1. Ed infatti, pur essendo corretta la ricostruzione della cronologia processuale operata dalla difesa (con la conseguenza che l’unica causa d i sospensione del termine di prescrizione valutabile è quella prevista dall’art. 83, comma 4, d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, fissata in giorni 64, cadendo la prima udienza di comparizione in data 24 aprile 2020, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte: Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280432 – 02 / Rv. 280432 -03), deve tuttavia rilevarsi che, sulla questione afferente all’applicabilità del regime di sospensione introdotto dalla c.d. legge Orlando, n. 103 del 2017, sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte che, con decisione assunta all’ud. 12 dicembre 2024, P.G. c. COGNOME, r.g. 22932/2024, non ancora depositata alla data di stesura della motivazione della presente sentenza, hanno fornito risposta affermativa al qu esito ‘se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019’.
2.2. In particolare, in base alla informazione provvisoria, il Supremo Collegio ha affermato che per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017, mentre, per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020, trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021.
2.3. In applicazione di quanto sopra, dunque, trattandosi, nel caso sottoposto all’esame di questa Corte, di reati contravvenzionali commessi il 13 febbraio 2018, trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 1, comma 11 lett. b), legge 23 giugno 2017 n.103 in base alla quale il corso della prescrizione è da ritenersi sospeso dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, ossia nel caso in esame dal 30 settembre 2022, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza di appello, ossia sino al 3 maggio 2024, per un periodo complessivo di 581 giorni. In particolare, dalla data del commesso reato, 18 febbraio 2018, al 30 settembre 2022, inizio sospensione ex lege Orlando, sono decorsi gg. 1685 del termine di prescrizione, pari ad anni 4, mesi 7 e gg. 15, residuando, pertanto, per il raggiungimento del termine di prescrizione massima quinquennale, mesi 4 e gg. 15. Dal 3 maggio 2024, ridecorre quindi il termine di prescrizione massima, maturata, aggiungendo i residui mesi 4 e gg. 15, alla data del 18 settembre 2024, cui vanno aggiunti gg. 64 per la sospensione prevista dall’art. 83, comma 4, d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, con conseguente maturazione definitiva alla data del 22 novembre 2024. Data, all’evidenza, successiva alla sentenza d’appello.
2.4. E’, quindi, destituito di fondamento l’assunto difensivo secondo cui il termine di prescrizione dei reati contravvenzionali sarebbe maturato antecedentemente alla sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità del motivo.
L’inammissibilità, peraltro, preclude la costituzione del rapporto processuale, impedendo a questa Corte di rilevare l’intervenuto decorso del termine di prescrizione, maturato successivamente alla sentenza d’appello. Ed invero, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01).
Anche il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Ed invero, nel caso di specie, come riconosciuto dalla stessa difesa del ricorrente, non si versa nell’ipotesi di tardivo deposito delle conclusioni scritte del Procuratore Generale, pacificamente costituente una causa di nullità di ordine generale a regime intermedio secondo la giurisprudenza di questa Corte.
Ciò che rileva, nel caso di specie, è l’insussistenza di una qualsiasi violazione del diritto di difesa, emergendo, diversamente, dallo stesso ricorso, che la difesa ebbe comunque a rassegnare le proprie conclusioni scritte in via telematica in data 16 aprile 2024, ossia ben 17 giorni prima della data di udienza d’appello, tenutasi in data 3 maggio 2024, nonostante il mancato deposito delle conclusioni del PG presso la Corte d’appello. Ed è pacifico che nel rito a trattazione scritta, i termini per il deposito delle conclusioni delle parti, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, essendo imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio. Ciò comporta, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il loro deposito tardivo (e, a maggior ragione, evidenzia questa Corte, il loro mancato deposito) esime il giudice dal tenere conto delle conclusioni ai fini della decisione, fermo restando che l’imputato non può limitarsi a lamentare un generico pregiudizio del proprio diritto di difesa, dovendo dedurre un’effettiva incidenza delle conclusioni intempestive rispetto all’esito del giudizio (si v., da ultimo: Sez. 6, n. 22919 del 24/04/2024, P., Rv. 286664 – 01).
3.2. Il ricorrente, nel caso in esame, si è limitato invece ad eccepire genericamente una violazione del diritto di difesa per mancata integrazione del contraddittorio, ma non ha specificato quale fosse stata, nello specifico, l’effettiva incidenza dell’omesso deposito delle conclusioni scritte del PG nel giudizio cartolare, non potendo, certo, considerarsi tale il mancato apporto alla decisione del giudice d’appello nella valutazione dell’esame del termine di prescrizione massima per i reati contravvenzionali, decisione, come visto, giuridicamente corretta in ragione di quanto evidenziato nel primo motivo, già dichiarato inammissibile.
3.3. Né, del resto, la difesa del ricorrente può dolersi del mancato intervento del Procurato re Generale al procedimento, eccependo, come avvenuto, la violazione dell’art. 178, lett. b), cod. proc. pen.
La nullità di ordine generale riguardante ‘l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e la sua partecipazione al proce dimento’, infatti, può essere dedotta unicamente dalla parte interessata, che, nel caso normativamente previsto, è unicamente l’organo della Pubblica Accusa, unico legittimato a dolersene. La difesa del ricorrente difetta, quindi, del tutto, dell ‘interesse ad eccepire tale nullità (Sez. 2, n. 44017 del 19/09/2023, Rv. 285346 -01), peraltro essendosi puntualizzato che la mancata formulazione da parte del pubblico ministero delle conclusioni nel giudizio di appello, previste dall’art. 23-bis, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. b), e non la nullità prevista alla lettera c) del medesimo articolo, poiché non pregiudica il diritto della difesa di formulare le proprie conclusioni (Sez. 6, n. 26459 del 25/05/2021, COGNOME Rv. 282175 – 01).
Il ricorso deve essere conclusivamente dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/03/2025.