Prescrizione del Reato: Come i Periodi di Sospensione Influenzano il Calcolo
La prescrizione del reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, che sancisce la non punibilità di un illecito dopo un certo lasso di tempo. Tuttavia, il suo calcolo non è sempre lineare. Come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, ignorare i periodi di sospensione può portare a conclusioni errate e a conseguenze processuali gravi, come la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Analizziamo insieme questo caso per capire l’importanza di un calcolo corretto.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un imputato condannato dalla Corte d’Appello per il reato di false dichiarazioni sulla propria identità, previsto dall’art. 496 del codice penale. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge per il mancato riconoscimento dell’intervenuta prescrizione del reato. Secondo la tesi difensiva, il tempo massimo per perseguire l’illecito sarebbe scaduto prima della pronuncia della sentenza d’appello.
La Decisione della Corte sulla Prescrizione del Reato
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il reato non era affatto prescritto al momento della decisione della Corte d’Appello. La decisione si basa su un’attenta analisi del calcolo dei termini, che include non solo il tempo ordinario previsto dalla legge, ma anche i periodi in cui il decorso della prescrizione è stato sospeso.
Le Motivazioni: Il Calcolo della Prescrizione e la Sospensione
Il cuore della decisione risiede nel corretto computo dei termini di prescrizione, disciplinato dagli articoli 157 e seguenti del codice penale. La Corte ha evidenziato che nel corso del processo si erano verificati plurimi periodi di sospensione del termine, per una durata complessiva di ben 384 giorni.
Questo dato è cruciale: il tempo di sospensione deve essere sommato al termine di prescrizione ordinario. Eseguendo questo calcolo, la Corte ha stabilito che la data effettiva di estinzione del reato sarebbe stata il 2 marzo 2024. La sentenza della Corte d’Appello, invece, era stata emessa il 22 giugno 2023, ossia diversi mesi prima del decorso del termine di prescrizione così calcolato. L’argomentazione del ricorrente era, quindi, palesemente errata e priva di fondamento giuridico.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel valutare la prescrizione del reato, è indispensabile tenere conto di tutte le cause di sospensione e interruzione che si sono verificate durante il processo. Un calcolo superficiale può indurre in errore e portare alla formulazione di motivi di ricorso destinati a un sicuro fallimento. La declaratoria di inammissibilità, oltre a non modificare la condanna, comporta per il ricorrente l’obbligo di pagare le spese processuali e un’ulteriore sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro. Questo caso serve da monito sull’importanza della precisione tecnica e dell’analisi completa di tutti gli atti processuali prima di impugnare una sentenza.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato, relativo all’avvenuta prescrizione del reato, è stato ritenuto manifestamente infondato. Il calcolo del ricorrente non teneva conto dei periodi di sospensione del termine.
Come si calcola il termine di prescrizione in presenza di periodi di sospensione?
Secondo la Corte, il tempo totale dei periodi di sospensione (in questo caso 384 giorni) deve essere sommato al termine di prescrizione ordinario. Questo spostamento in avanti della data di scadenza ha reso la pretesa del ricorrente infondata.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19283 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19283 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME NOME a GELA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Palermo ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 496 c. p..
Considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si denunzia violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento dell’intervenuta prescrizione del reato, asseritamente maturata in epoca anteriore la pronuncia della sentenza impugnata, è manifestamente infondato in quanto, stando ai dettami di cui agli artt. 157 ss. c.p., il delitto risulta prescritto al 2 marzo 2024 (così da tener cont dei plurimi periodi di sospensione del termine, i quali ammontano a 384 giorni), ossia successivamente rispetto alla decisione dei giudici dell’appello.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 2
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