Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44322 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato in TUNISIA il 14/08/1963 avverso la sentenza del 04/02/2021 del TRIBUNALE di Prato Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che conclude per l’annullamento senza rinvio udito l’avvocata NOME COGNOME del foro di Benevento in difesa di COGNOME, che chiede l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata. udita l’avvocata NOME COGNOME del foro di Firenze in difesa della parte civile,COGNOME NOMECOGNOME la quale chiede la conferma della sentenza di appello, il rigetto del ricorso e la condanna dell’imputato alle spese.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 22 febbraio 2021, il Tribunale di Prato, quale giudice di appello, ha confermato la pronuncia del Giudice di pace della stessa sede del 30 ottobre 2018, con cui COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590 cod. pen. e condannato alla pena di Euro 1000,00 di multa oltre al risarcimento del danno patito dalla persona offesa costituita parte civile, COGNOME NOME.
L’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose, ai sensi dell’art. 590, terzo comma, cod.pen., perché, alla guida dell’ autotreno tg.to DR736J3, percorrendo la strada militare per Barberino in direzione Le Croci, giunto in prossimità di INDIRIZZO, effettuava una svolta a destra andando ad invadere, l’opposta corsia di marcia e andando ad urtare il motociclo condotto da NOME COGNOME che stava su questa transitando, pròvocando la caduta a terra del motociclo con conseguenti lesioni personali.
Il Tribunale ha disatteso il motivo di appello tendente ad incrinare la ricostruzione della dinamica del sinistro, condividendo il ragionamento svolto dal giudice di primo grado; in particolare, in considerazione della dettagliata deposizione resa dalla persona offesa, confermata dal teste COGNOME era stato accertato che il conducente dell’autoarticolato Iveco targato TARGA_VEICOLO invadeva la carreggiata opposta al proprio senso di marcia, tenendo una condotta imprudente e caratterizzata da colpa generica e specifica, emergendo la violazione dell’art. 143, comma 12, del codice della strada. A fronte delle evidenze istruttorie, ai fini della responsabilità penale, risultava irrilevante la mancata individuazione del punto di, impatto tra i veicoli sulla carreggiata e che il teste COGNOME non avesse visto l’impatto nell’istante in cui si era verificato. Infatti, sia la parte offesa che il teste avev dichiarato che l’autotreno era comparso all’improvviso e la mancata frenata del COGNOME si spiegava in quanto, trovandosi davanti all’autovettura del COGNOME aveva avuto un margine di manovra inferiore. Inoltre, la stima sui tempi di frenata elaborata dall’imputato non era affidabile, in mancanza di accertamento tecnico sul punto e dovendosi necessariamente considerare anche la velocità dell’autotreno.
Il Tribunale ha poi disatteso il motivo relativo alla entità della pena, in ragione della piena condivisione della determinazione effettuata dal Giudice di pace.
Avverso la sentenza di cui sopra ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, mediante il proprio difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza:
Nullità della sentenza per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio di motivazione, perché la sentenza aveva fondato il giudizio di responsabilità solo sulle dichiarazioni della parte offesa, senza che si desse riscontro alle deduzioni contenute nell’atto di appello, ed in particolare non si era spiegato perché non si fosse espletata una consulenza tecnica. Il motivo, inoltre, deduce la carenza di motivazione relativamente alla prova della responsabilità penale, posto che il Tribunale non aveva superato le deduzioni contenute nell’atto di appello relativamente alla mancata individuazione del punto di impatto tra i due veicoli, con le quali si era rilevato che la condotta del COGNOME si era posta come causa sopravvenuta, da sola idonea ad interrompere il nesso causale, in quanto imprevedibile, come riferito dal teste COGNOME.
II) Violazione di legge in ragione della esclusione delle circostanze attenuanti generiche e vizio di motivazione, posto che non era stato spiegato perché non erano stati concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
III) Declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, essendo decorso il termine massimo di anni sette e mesi sei dalla consumazione del reato.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta ha concluso per l’annullamento senza rinvio in relazione al terzo motivo di ricorso.
Le parti, avendone fatto richiesta, hanno concluso oralmente come da epigrafe
Considerato in diritto
In via preliminare, va rilevata la fondatezza del terzo motivo sopra illustrato, in punto di intervenuta prescrizione del reato in contestazione, risalente al 28 febbraio 2013.
Ed invero, il termine massimo di prescrizione risulta decorso in data 6 ottobre 2020, quindi successivamente alla sentenza di primo grado, del 30 ottobre 2018, e prima di quella oggi impugnata, che è datata 4 febbraio 2021.
Si deve infatti tenere conto di 39 giorni di sospensione, intercorsi tra il 2 aprile 2020 (data fissata per l’udienza di appello non tenuta e 1’11 maggio 2620, ex d.l. n. 18 del 2020, art. 83, comma 4, conv. in I. n. 2 del 2020), posto che in tema di disciplina della prescrizione a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dall’art. comma 4, del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applica ai procedimenti la cui udienza, come è avvenuto nel caso di specie, sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all’il maggio 2020, nonché a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale. Così Sez. U. Sentenza n. 5292 del 26/11/2020, Rv. 280432 – 02, che ha escluso che la sospensione della prescrizione possa operare in maniera generalizzata, per tutti i procedimenti pendenti, in quanto la disciplina introdotta all’art.83, comma 4, d.l. n.18 del 2020, presuppone che il procedimento abbia subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la pandemia.
La sentenza impugnata, pertanto, va annullata ai fini penali perché il reato è estinto per prescrizione e tale declaratoria determina l’assorbimento del solo secondo motivo, relativo alla determinazione della pena.
Deve invece essere esaminato il primo motivo, posto che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, allorquando vi è parte civile, come per il caso che ci occupa, la previsione di cui all’art. 578 cod.proc.pen., per la quale il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l’estinzione per amnistia o prescrizione del reato per cui sia intervenuta in primo o in secondo grado condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi di sentenza che concernono gli interessi civili, comporta come conseguenza che i motivi d’impugnazione proposti dall’imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129 cod.proc.pen., comma 2: con la conseguenza che, laddove la sentenza d’appello non compia un esaustivo apprezzamento sulla responsabilità dell’imputato, s’impone un suo annullamento con rinvio limitatamente alla conferma delle statuizioni civili.
In altri termini, come più volte affermato, il rilevamento in sede di legittimità della sopravvenuta prescrizione del reato unitamente al riscontro nella sentenza di
condanna impugnata di un vizio di motivazione in ordine alla responsabilità dell’imputato ne comporta l’annullamento senza rinvio – in conseguenza della predetta causa estintiva – ai fini penali, e per quel che concerne gli effetti civili l’annullamento delle relative statuizioni, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. (Sez. 4, n. 29627 del 21/4/2016, Silva ed altri, Rv. 267844; conf. Sez. 4, n. 13869 del 5/3/2020, Sassi, Rv. 278761; Sez. 1, n. 14822 del 20/02/2020, COGNOME, Rv. 278943; Sez. 5, n. 26217 del 13/7/2020, G., Rv. 279598; Sez. 5, n. 28848 del 21/9/2020, COGNOME, Rv. 279599; Sez. 5, n. 594 del 16/11/2011, dep. 2012, Rv. 252665).
Ciò premesso, il primo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato e proposto per ragioni non consentite in questa sede.
In primo luogo, sebbene le doglianze risultino formalmente articolate per violazione di legge (per tale intendendosi, nella specie, la violazione del generale principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio di cui all’art. 533 cod.proc.pen.), il motivo di lagnanza attacca essenzialmente il percorso argomentativo della sentenza impugnata laddove, come noto, non è consentito proporre motivi di ricorso per vizio di motivazione contro le sentenze d’appello pronunciate per reati di competenza del Giudice di pace, come stabilito dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 39-bis e art. 606 c.p.p., comma 2-bis.
A parte tale aspetto, anche a voler ritenere che il motivo tocchi il tema processuale della idoneità della fonte di prova, atteso che si assume che le uniche fonti di prova sarebbero costituite dalle dichiarazioni della persona offesa costituitasi parte civile, va ricordato il consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le dichiarazioni del soggetto danneggiato dal reato che si sia costituito parte civile possono essere legittimamente poste da sole a fondamento della responsabilità dell’imputato, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 commi 3 e 4, cod. proc. pen., purchè il narrato sia soggetto ad un più rigoroso controllo di attendibilità, opportunamente corroborato dall’indicazione di altri elementi di riscontro (Sez. 4, n. 410 del 09/11/2021 (dep. 2022 ) Aramu, Rv. 282558 – 01).
Nel caso di specie, la dichiarazione della parte offesa è stata corroborata da quella del teste COGNOME che seguiva il veicolo condotto dalla parte offesa, per cui l’esame complessivo delle fonti di conoscenza è stato completo, non sussistendo nella specie alcuna carenza nel percorso argomentativo della sentenza impugnata,
che ha scrutinato gli elementi a sostegno della veridicità del loro racconto e della conseguente ricostruzione del fatto storico offerta dalle loro dichiarazioni.
In definitiva, quanto agli effetti penali, la sentenza va annullata senza rinvio non dovendosi procedere per intervenuta prescrizione del reato. Quanto agli effetti civili il ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve dunque essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, NOME COGNOME nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla agli effetti penali la sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, dichiara inammissibile il ricorso agli effetti civili, condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro tremila oltre accessori come per legge
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.