Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37409 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37409 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a RONCADELLE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/04/2025 della Corte d’appello di Brescia
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza in ordine al capo B), per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, con restituzione degli atti alla Corte di appello di Brescia per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza emessa il 15/07/2024 dal Tribunale di Brescia, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato responsabile dei reati previsti dall’art.392 cod.pen. (capo A), dagli artt. 624 e 625, n.2, cod.pen. (capo B, così qualificata l’originaria imputazione) e dall’art.612, comma 2, cod.pen. (capo C) e condannato -unificati i reati sotto il vincolo della continuazione previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate aggravanti -alla pena di mesi otto di reclusione ed € 1.748,00 di multa.
La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione del fatto operata dal giudice di primo grado, specificamente sulla base della testimonianza della persona offesa NOME COGNOME, dalla quale era emerso che quest’ultimo aveva acquistato l’abitazione dell’imputato a un’asta giudiziaria nel corso del 2016; che
era riuscito a entrare nello stabile solo a seguito dell’intervento dell’ufficiale giudiziario nell’ottobre del 2016; che, durante i lavori di ristrutturazione, l’imputato aveva fatto accesso alla zona garage e ostacolato l’accesso, mentre in altra parte d ella proprietà aveva bloccato l’ingresso al piano interrato con un muro, rimuovendo altresì diversi impianti, i cui componenti erano stati ritrovati all’interno dell’abitazione dello stesso imputato; ha altresì rilevato che l’imputato aveva rivolto delle minacce al COGNOME, con specifico riferimento a un episodio avvenuto il 28/03/2019.
La Corte ha rigettato il motivo inerente alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato al capo B) dell’imputazione, per la dedotta assenza di un fine di profitto, rilevando che tale riconoscimento non era incompatibile anche con il contemp oraneo perfezionamento della fattispecie prevista dall’art.392 cod.pen.; ha quindi rigettato il motivo con il quale era stata chiesta l’esclusione dell’aggravante della gravità della minaccia e quello riguardante il mancato riconoscimento della prevalenza della già concesse circostanze attenuanti generiche.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. -l’inosserva nza ed erronea applicazione della legge penale, in riferimento all’art.129 cod.proc.pen., per non avere la Corte territoriale dichiarato l’intervenuta prescrizione del reato di cui al capo B), già maturata al momento della pronuncia della sentenza di secondo grado.
Ha esposto, richiamando le conclusioni scritte depositate nel giudizio di secondo grado, che il reato contestato al capo B) si era estinto per intervenuta prescrizione alla data del 05/03/2025, pure considerando la sospensione decorrente dal 20/04/2023 al 23/11/2023, determinata dall’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dall’organismo rappresentativo di categoria.
Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza in ordine al capo B), per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, con restituzione degli atti alla Corte di appello di Brescia per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va premesso che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, come nel caso di specie e anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266819).
3. In ordine alla normativa applicabile in tema di prescrizione in riferimento alla successione di norme intervenuta in materia è recentemente intervenuto l’arresto espresso da Sez.U, n.20989 del 05/06/2025, COGNOME che nell’aderire all’indirizzo asso lutamente maggioritario già espresso da parte delle Sezioni semplici -ha chiarito i termini della questione relativa all’applicabilità del regime previsto dalla suddetta legge n.103/2017 ai reati commessi tra la data della sua entrata in vigore (03/08/2017) sino a quella del 31/12/2019, epoca di entrata in vigore della l.9 gennaio 2019, n.3.
In particolare, la l. n.103 del 2017 aveva modificato il previgente art. 159, comma secondo, cod. pen, e introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia della sentenza che definisce il grado successivo e, comunque, per un tempo non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
L’art. 159, comma secondo, cod. pen., così come introdotto dalla legge su indicata, era stato riformulato dall’art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. «legge Bonafede»), che aveva introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna.
Il citato art. 159, comma secondo, cod. pen., infine, è stato definitivamente abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, che ha contestualmente introdotto l’art. 161-bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto, solo per i reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020 (ai sensi dell’art. 2 comma 3), all’art. 344-bis cod. proc. pen.,
l’improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen., eventualmente prorogato ai sensi dell’art. 154 disp. att. cod. proc. pen., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall’art. 344-bis, comma 4, cod. proc. pen.
Con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede, come ha precisato Sez. 4, n. 39170 del 2023, COGNOME, non si è verificato il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolamentato dall’art. 2 cod. pen., posto che le leggi che si sono succedute contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data.
Con riferimento all’applicabilità dell’istituto dell’improcedibilità (peraltro, di carattere squisitamente processuale), è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 344bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 2, della legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reati commessi a far data dal primo gennaio 2020 l’improcedibilità delle impugnazioni per superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità.
Si è in tal senso ritenuto, difatti, che la limitazione cronologica dell’applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni, coerente con la riforma introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione, egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell’istituto per consentire un’adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, laria, Rv. 282408, richiamata da Sez. 4, n. 39170 del 2023, COGNOME, cit.).
Un fenomeno di successioni di leggi penali nel tempo si è, invece, verificato con riferimento all’abrogazione a opera della c.d. «riforma Cartabia» (art. 2 comma 1 lett. a, d.lgs. n. 150 del 2022) dell’art. 159, comma secondo, cod. pen., così come introdotto dalla c.d. legge Orlando, e alla speculare introduzione dell’art. 161bis cod. pen. che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado.
Difatti, più favorevole deve ritenersi la disciplina della legge Orlando che, comunque, prevedeva, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di grado di appello, il decorrere del termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione.
Ne consegue (come precisato dalle Sezioni Unite al punto 7.4 del ‘considerato in diritto’) la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato e in particolare, come già chiarito dalla citata Sez. 4, n. 39170 del 2023, COGNOME e che, quindi:
per i reati commessi fino al 2 agosto 2017, si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen., così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. legge ex Cirielli);
per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall’art. 159, comma secondo, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge;
per i reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020, si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen, senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all’art. 159, comma 2, cod. pen., essendo stata tale norma abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 1 e sostituita con l’art. 161bis cod.pen. (c.d Riforma Cartabia), e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta appunto da tale legge.
In ragione di tali considerazioni, deve rilevarsi che il reato contestato al capo B) è stato commesso nella vigenza del regime disposto dalla l. n.251 del 2005, con la conseguenza che il relativo termine di prescrizione era pari -trattandosi di delitti e in riferimento al regime edittale previsto per il reato di cui all’art.624 cod.pen. in presenza di una sola aggravante ad anni sei, aumentati al massimo di un quarto ai sensi dell’art.161, comma 2, cod.pen., per un termine complessivo di anni sette e mesi sei.
Ne consegue che, pure tenendo conto del termine di sospensione determinato dal rinvio conseguente all’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dall’organismo rappresentativo di categoria (dal 20/04/2023 al 23/11/2023, per complessivi giorni 217), tenendo conto della data dei commessi reati (31/01/2017), la fattispecie di cui al capo B) dovevano ritenersi estinta per prescrizione in data antecedente alla pronuncia della sentenza di appello (09/04/2025).
Analoga dichiarazione non può invece essere pronunciata in relazione al reato commesso al capo A), pure contestato alla data del 31/01/2017, non essendo il relativo capo stato oggetto di appello e in virtù, quindi, dei principi inerenti alla formazione del giudicato progressivo.
Per l’effetto, attesa la intervenuta prescrizione del reato contestato al capo B), la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia, per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Ai sensi dell’art.624, comma 2, cod.proc.pen., va dichiarato definitivo l’accertamento della penale responsabilità del ricorrente in ordine al reato contestato al capo C).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo b), per essere il reato estinto per prescrizione. Dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Brescia per la rideterminazione della pena. Così è deciso, 30/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME