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Prescrizione del reato: Cassazione chiarisce il calcolo

Due fratelli, condannati in primo e secondo grado per lesioni personali aggravate, ottengono l’annullamento della sentenza dalla Corte di Cassazione. Il motivo è la prescrizione del reato, maturata prima della decisione della Corte d’Appello. La Suprema Corte fornisce un’analisi dettagliata del calcolo del termine di prescrizione, includendo i vari periodi di sospensione, e ribadisce che la causa di estinzione può essere rilevata d’ufficio anche se eccepita per la prima volta in Cassazione.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione del reato: quando il tempo annulla la condanna

La prescrizione del reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, che sancisce come lo Stato non possa perseguire un illecito oltre un certo limite di tempo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 16429/2025) offre un’occasione preziosa per analizzare come questo termine venga calcolato, specialmente in presenza di plurimi rinvii e sospensioni processuali. Il caso riguardava due fratelli condannati per lesioni personali aggravate, la cui condanna è stata infine annullata proprio per il decorso del tempo.

I fatti del processo

Il procedimento giudiziario vedeva imputati due fratelli per il delitto di lesioni personali, aggravate dalla partecipazione di più persone. Dopo una condanna in primo grado emessa dal Tribunale, la Corte d’Appello confermava la decisione. Gli imputati, tramite il loro difensore, decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un unico, ma decisivo, motivo: la violazione di legge da parte della Corte territoriale, che non aveva dichiarato l’avvenuta prescrizione del reato.

La decisione della Corte di Cassazione sulla prescrizione del reato

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato era estinto per prescrizione. I giudici hanno stabilito che il termine massimo per perseguire il reato era effettivamente scaduto il 6 gennaio 2024, data anteriore alla pronuncia della sentenza d’appello (11 ottobre 2024).

Un aspetto procedurale di grande interesse, chiarito dalla Corte, è la possibilità di eccepire la prescrizione per la prima volta in sede di legittimità. Anche se la questione non era stata sollevata davanti al giudice d’appello, la Cassazione ha il dovere di rilevarla d’ufficio se questa è maturata prima della sentenza impugnata. Questo principio, consolidato dalle Sezioni Unite, garantisce che una causa di non punibilità, come la prescrizione, prevalga anche su eventuali inammissibilità di altri motivi di ricorso.

Le motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nel meticoloso calcolo del termine di prescrizione. La Corte ha ricostruito l’iter temporale come segue:
1. Termine Ordinario: Per il reato di lesioni, la legge prevede un termine di prescrizione di sei anni (ex art. 157, comma 1, c.p.).
2. Termine Massimo: In presenza di atti interruttivi, questo termine non può superare il tempo ordinario aumentato di un quarto. Di conseguenza, il termine massimo di prescrizione era di sette anni e sei mesi.
3. Calcolo delle Sospensioni: Il punto cruciale è stata l’aggiunta dei periodi in cui il processo è stato sospeso. La Corte ha sommato un totale di 358 giorni di sospensione, derivanti da quattro distinti rinvii:
* 60 giorni per un impedimento del difensore.
* 70 giorni per un rinvio ‘di cortesia’ concesso su richiesta della difesa.
* 168 giorni per un rinvio, sempre su richiesta difensiva, finalizzato a citare dei testimoni che non erano stati precedentemente convocati.
* Ulteriori 60 giorni per un altro impedimento del difensore.

Sommando il termine massimo di sette anni e sei mesi ai 358 giorni di sospensione, la Corte ha individuato la data esatta di estinzione del reato, dimostrando come la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di dichiararla.

Le conclusioni

Questa pronuncia ribadisce due principi cardine in materia. In primo luogo, sottolinea l’importanza di un calcolo preciso e rigoroso dei termini di prescrizione del reato, che deve tenere conto di ogni singolo giorno di sospensione. Per i professionisti del diritto, ciò significa mantenere un monitoraggio costante del calendario processuale. In secondo luogo, la sentenza conferma la natura della prescrizione come causa di non punibilità che opera di diritto e che deve essere sempre dichiarata dal giudice, anche d’ufficio, non appena matura. La decisione rappresenta una garanzia per l’imputato, assicurando che la pretesa punitiva dello Stato si eserciti entro limiti temporali certi e invalicabili, a tutela della ragionevole durata del processo.

Quando si prescrive il reato di lesioni personali aggravate?
Il termine ordinario è di sei anni. Questo termine può estendersi fino a un massimo di sette anni e sei mesi in presenza di atti interruttivi. A questo periodo devono essere sommati tutti i periodi di sospensione del processo, come quelli per impedimento del difensore o per rinvii su richiesta di parte.

Cosa succede se la prescrizione del reato matura dopo la sentenza di primo grado ma prima di quella d’appello?
In questo caso, il giudice d’appello ha l’obbligo di dichiarare l’estinzione del reato. Se non lo fa, la sentenza d’appello può essere annullata dalla Corte di Cassazione, come avvenuto nel caso di specie, proprio per l’omessa dichiarazione della prescrizione.

È possibile sollevare la questione della prescrizione per la prima volta in Cassazione?
Sì. Secondo un principio consolidato, la prescrizione maturata prima della sentenza d’appello deve essere dichiarata dalla Corte di Cassazione, anche se non è stata eccepita nei motivi di appello e viene sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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