Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4709 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 4709 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CAGLIARI il 25/05/1967
avverso la sentenza del 23/06/2023 della Corte d’appello di Cagliari
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, che ha dichiarato l’inammissibilità per difetto di specificità dell’atto di appello proposto avvers sentenza di primo grado, con la quale era stata ritenuta sussistente la responsabilità dell’imputato per il delitto di falso ideologico, relativo all’attestazione dello s avanzamento dei lavori.
COGNOME risultava direttore dei lavori e la Corte di appello, in particolare, richiamava sentenza di primo grado (cfr. foll. 17 e s.), evidenziando la responsabilità dell’imputato «pur essendovi delle alternative aperte sulla materiale predisposizione dei documenti contabili» – ritenendo comunque COGNOME responsabile per la posizione assunta, anche nel caso in cui avesse omesso di controllare la documentazione predisposta falsamente da altri, cosicché veniva indicato lo stesso imputato come responsabile del delitto a titolo di dolo diretto o eventuale. Il delitto di falso ideologico veniva poi contestato come funzionale al commissione del successivo delitto di peculato, dal quale COGNOME veniva mandato assolto in
primo grado, per difetto dell’elemento psicologico, rilevando il Tribunale come difettasse l prova del dolo, risultando lo stesso un prestanome, e richiamando la giurisprudenza in tema di bancarotta e delitti tributari, che implica una consapevolezza ulteriore rispetto al solo r di prestanome (cfr. fol. 26 della sentenza di appello).
Con il ricorso e con la memoria depositata, la difesa del ricorrente denunzia, con un primo motivo, violazione di legge in relazione all’art. 591 cod. proc. pen., lamentando, i particolare, che l’atto di appello non fosse in realtà aspecifico, e, con un secondo motiv erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata valutazione della ricorrenza della prescrizione (verificatasi il 13 maggio 2020); con la memoria viene evidenziato come la motivazione della Corte di appello entri nel merito del contenuto dell’atto di appel giudicando il punto devoluto dalla impugnazione.
Tanto premesso, il primo motivo non è manifestamente infondato: è noto che secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, l’appello, al pari del ricorso per cassazione, inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitament enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di dirit fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni son state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822). Nell’occasione il Supremo Collegio ha peraltro ribadito che i sindacato del giudice di appello sull’ammissibilità dei motivi proposti non può estendersi differenza di quanto accade nel giudizio di legittimità e nell’appello civile – alla valuta della manifesta infondatezza dei motivi stessi.
E’ dunque ius receptum il principio per cui anche l’ammissibilità dell’appello è subordinata alla verifica del requisito di specificità estrinseca dei motivi di impugnazione, ossia la esplicita correlazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sente impugnata e ciò in quanto gli stessi non sono diretti all’introduzione di un nuovo giudizio, tutto sganciato da quello di primo grado, ma sono, invece, funzionali ad attivare uno strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnat ai sensi del combinato disposto degli artt. 597 comma 1 e 581 lett. d) c.p.p. L’impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariame puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto. Le esigenze di specificità dei mot non sono, dunque, attenuate in appello, pur essendo l’oggetto del giudizio esteso alla rivalutazione del fatto. Poiché l’appello è un’impugnazione devolutiva, tale rivalutazione pu e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante ha legittimamente sottopost al giudice d’appello con i motivi d’impugnazione, che servono sia a circoscrivere l’ambito de poteri del giudice stesso sia a evitare le iniziative meramente dilatorie che pregiudichino un ragionevole durata del processo. La sentenza COGNOME ha peraltro escluso che la riproposizione
di questioni già esaminate e disattese in primo grado sia di per sé causa di inammissibilità del gravame di merito, posto che il giudizio di appello ha per oggetto la rivisitazione integra del punto di sentenza oggetto di doglianza, fermo restando che l’impugnazione sia connotata da motivi basati su argomenti che risultino strettamente collegati agli accertamenti del provvedimento impugnato.
Deve osservare questa Corte come la sentenza impugnata riporti ai foll. 34 e s. il contenuto dell’appello, che si confrontava con la motivazione di primo grado, lamentando che a fronte dell’incertezza della dinamica fattuale della materiale falsificazione, anche quanto dolo, la sentenza risultasse ‘incerta’. Tale incertezza secondo l’appellante consisteva nell’ave i primi giudici prospettato il dolo diretto o in alternativa quello eventuale, rappresenta come invece fosse configurabile l’ipotesi della negligenza del COGNOME, che mai si era recato in cantiere e che aveva affidato a tre collaboratori la redazione dell’atto, dei quali si sareb dovuto ipotizzare la consapevole e concorde volontà di redazione di un atto falso, anche ratificato da Gessa, responsabile del procedimento per l’ente comunale.
Il primo motivo di ricorso evidenzia in modo non manifestamente infondato che le argomentazioni dell’appello si correlano alla sentenza di primo grado e che appaiono certamente non riconducibili alla categoria della aspecificità, che ha condotto la Cort territoriale a dichiarare l’inammissibilità dell’appello, ritenendo l’appello – non correttamen – solo latore di principi giurisprudenziali – così ai foll. 49 e 51; a ben vedere la non manifest infondatezza del motivo di ricorso si trae anche dalla circostanza che la Corte di appello offr una articolata motivazione rispetto al motivo di appello, seppur per inferirne l’inammissibilit comunque non confrontandosi – la sentenza qui impugnata – con le doglianze relative alla circostanza che COGNOME non si fosse mai recato in cantiere e che si fosse avvalso dei collaboratori, né risultando spiegata logicamente l’insussistenza del dolo per il peculato e non per il delitto di falso.
Pertanto, non risultando manifestamente infondata la doglianza qui proposta con il primo motivo di appello, deve valutarsi il secondo motivo, con il quale- cfr. Sez. U, n. 12602 de 17/12/2015, dep. 25/03/2016, COGNOME Rv. 266819 – 01 -si deduce l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen; nel caso in esame il giudice di prim grado doveva dichiarare l’estinzione del reato, essendo applicabile l’art. 129 cod. proc. pen. in ogni stato e grado del processo, cosicchè anche se il motivo non è stato proposto in appello, ma solo in sede di conclusioni, non si è formato il giudicato sostanziale: infatti, com osservano Sez U COGNOME «L’ammissibilità del ricorso non è pregiudicata dal fatto che il ricorrente, con le conclusioni rassegnate in appello, non ha eccepito la prescrizione maturata nel corso di quel giudizio; né alcuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizi
dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi (art. 606, comma 3, cod proc. pen.). L’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, l’obbli della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale “obbligo” il giudic di merito non può sottrarsi e deve ex officio adottare il provvedimento consequenziale. Se a tanto non adempie, la sentenza di condanna emessa, in quanto viziata da palese violazione di legge, può essere fondatamente impugnata con atto certamente idoneo ad attivare il rapporto processuale del grado superiore, il che esclude la formazione del c.d. “giudicato sostanziale”». Il secondo motivo di ricorso risulta quindi ammissibile e fondato, atteso che, come risulta dagli atti, il termine prescrizionale prorogato è decorso e non v’è parte civil Commesso in data 5 settembre 2012, il delitto di cui all’art. 479 cod. pen. è punito con la reclusione nel massimo ad anni sei ed il tempo necessario a prescrivere, ai sensi degli artt. 157 e 161 cod. pen. e in assenza di periodi di sospensione, è pari ad anni sette e mesi sei, risultando quindi spirato il 5 marzo 2020, quindi prima della sentenza di appello ma anche prima della sentenza di primo grado, intervenuta in data 15 maggio 2020.
Può addivenirsi a tale pronuncia in quanto la sentenza di annullamento senza rinvio può essere emessa dalla Settima Sezione (par. 63.2 delle Tabelle); inoltre, non sussistono elementi per pervenire al proscioglimento dell’imputato con formula più favorevole ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., comportando l’eventuale giudizio di fondatezza dei vizi denunciati un eventuale rinvio al giudice di merito, precluso dall’intervenuta prescrizione de reato; ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato si è estinto per prescrizione in data 5 marzo 2020.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 18 dicembre 2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente