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Prescrizione del reato: Cassazione annulla condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per furto a causa dell’intervenuta prescrizione del reato. Nonostante la condanna in appello, i giudici supremi hanno rilevato che il termine massimo era scaduto prima della sentenza di secondo grado a causa del lungo tempo trascorso tra il primo e il secondo giudizio.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione del reato: quando il tempo annulla la condanna

La prescrizione del reato è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, che sancisce come il trascorrere del tempo possa estinguere la pretesa punitiva dello Stato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20461/2024) offre un chiaro esempio di come questo principio operi nella pratica, portando all’annullamento di una condanna per furto a causa dell’eccessiva durata del processo. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i meccanismi procedurali e le loro conseguenze.

I fatti del caso

Il procedimento giudiziario ha origine da un reato di furto commesso il 28 ottobre 2009. L’imputato viene condannato in primo grado il 16 ottobre 2012. Successivamente, la Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 26 aprile 2023, conferma la condanna.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputato propone ricorso per Cassazione, basandosi su un unico, ma decisivo, motivo: l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione prima ancora che venisse pronunciata la sentenza d’appello.

La questione della prescrizione del reato in Cassazione

Il cuore della questione portata davanti alla Suprema Corte riguarda il calcolo dei termini per la prescrizione del reato. La difesa ha sostenuto che il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire il reato contestato era già decorso al momento della decisione della Corte d’Appello. Il ricorso in Cassazione è stato ritenuto ammissibile, in linea con un orientamento consolidato delle Sezioni Unite, secondo cui eccepire una prescrizione già maturata ma non dichiarata dal giudice di merito costituisce un valido motivo di ricorso.

Il calcolo del tempo

La Corte di Cassazione ha ricostruito meticolosamente la cronologia processuale per verificare la fondatezza dell’eccezione. Il termine ordinario di prescrizione, tenendo conto delle aggravanti contestate (in particolare la recidiva reiterata), era stato fissato in dieci anni.
Il reato era stato commesso il 28 ottobre 2009. Il primo atto interruttivo significativo è stata la sentenza di primo grado del 16 ottobre 2012. Il successivo atto interruttivo è stato la citazione in appello, notificata solo il 22 febbraio 2023. Tra questi due atti sono trascorsi più di dieci anni. Di conseguenza, il reato si è estinto per prescrizione il 28 ottobre 2019, ben prima della sentenza di appello del 2023.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso fondato. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di dichiarare l’estinzione del reato. Il calcolo è inequivocabile: dal 28 ottobre 2009, data del fatto, il termine di dieci anni per la prescrizione era ampiamente decorso prima della pronuncia di secondo grado. L’enorme lasso di tempo intercorso tra la sentenza di primo grado (2012) e la citazione in appello (2023) ha reso ininfluente l’effetto interruttivo della prima sentenza, consentendo al termine prescrizionale di compiersi.
In assenza di elementi che potessero giustificare una pronuncia di assoluzione nel merito ai sensi dell’art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, la Corte non ha potuto fare altro che prendere atto dell’intervenuta prescrizione.

Le conclusioni

La conseguenza diretta di questa analisi è stata l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. L’imputato, sebbene condannato in due gradi di giudizio, non sconterà alcuna pena perché il reato è stato dichiarato estinto.
Questa decisione ribadisce un principio cruciale: la giustizia deve essere tempestiva. Quando i tempi processuali si dilatano a dismisura, lo Stato perde il proprio diritto di punire. Il caso evidenzia l’importanza per le difese di monitorare attentamente i termini di prescrizione, poiché un errore di calcolo o un ritardo da parte del sistema giudiziario può determinare l’esito finale di un processo, vanificando le sentenze di condanna.

È possibile ricorrere in Cassazione solo per eccepire la prescrizione del reato?
Sì, la sentenza conferma che dedurre, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata è un motivo ammissibile di ricorso per cassazione.

Cosa succede se un reato si prescrive dopo la sentenza di primo grado ma prima di quella d’appello?
In tal caso, il giudice d’appello dovrebbe dichiarare l’estinzione del reato. Se ciò non avviene, come nel caso di specie, la sentenza di condanna può essere annullata dalla Corte di Cassazione perché il reato si è estinto.

Quali elementi sono stati decisivi per calcolare il termine di prescrizione in questo caso?
Gli elementi decisivi sono stati tre: la data di commissione del reato (28 ottobre 2009), il termine di prescrizione di dieci anni (calcolato sulla pena massima e tenendo conto delle circostanze aggravanti) e il lungo intervallo di tempo trascorso tra la sentenza di primo grado (16 ottobre 2012) e il successivo atto interruttivo, la citazione in appello (22 febbraio 2023).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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