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Prescrizione del reato: Cassazione annulla condanna

Un individuo, condannato per calunnia nei confronti di un carabiniere, ha visto la sua sentenza annullata dalla Corte di Cassazione. Il motivo è la prescrizione del reato, sopraggiunta prima della sentenza d’appello. La Corte ha chiarito che la recidiva, sebbene contestata, non estende i termini di prescrizione se non viene effettivamente utilizzata per aumentare la pena, confermando un importante principio delle Sezioni Unite.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione del Reato e Recidiva: La Cassazione Annulla una Condanna per Calunnia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44062 del 2024, ha affrontato un caso di calunnia, annullando la condanna a causa dell’intervenuta prescrizione del reato. La decisione è di fondamentale importanza perché ribadisce un principio cruciale stabilito dalle Sezioni Unite: la recidiva contestata all’imputato non allunga i tempi di prescrizione se non viene concretamente considerata dal giudice per aumentare la pena. Questo caso offre uno spunto di riflessione sul delicato equilibrio tra accertamento della responsabilità penale e la garanzia della ragionevole durata del processo.

I Fatti: L’Accusa di Calunnia contro il Carabiniere

La vicenda ha origine da un controllo stradale avvenuto nell’aprile del 2011. Un automobilista, risultato sprovvisto di patente di guida, veniva sanzionato. Successivamente, recatosi in caserma, l’uomo accusava falsamente uno dei Carabinieri operanti di aver commesso il reato di falso ideologico in atto pubblico. Sosteneva, infatti, che il militare avesse attestato falsamente nel verbale che fosse lui il conducente del veicolo.

Tuttavia, le testimonianze, in particolare quella di un maresciallo, hanno dimostrato che era stato lo stesso imputato ad ammettere di essere alla guida al momento del controllo. La falsa accusa era quindi un tentativo di sottrarsi alle conseguenze della guida senza patente. Per questo motivo, l’uomo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di calunnia, ai sensi dell’art. 368 del codice penale.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Prescrizione del Reato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi. Tra questi, spiccava l’eccezione di intervenuta prescrizione del reato prima della sentenza d’appello. La difesa sosteneva che il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire il reato, commesso nel 2011, fosse già trascorso.

Il punto centrale della questione riguardava l’aggravante della recidiva, che era stata formalmente contestata all’imputato ma che, secondo la difesa, non era stata effettivamente applicata dai giudici di merito nel calcolo della pena. Se l’aggravante non fosse stata considerata, il termine di prescrizione sarebbe stato più breve e, di conseguenza, già scaduto.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo relativo alla prescrizione, assorbendo gli altri motivi di ricorso. I giudici hanno osservato che, sebbene all’imputato fosse stata contestata la recidiva reiterata e infraquinquennale, né la sentenza di primo grado né quella d’appello avevano considerato tale aggravante per aumentare la pena. La condanna, infatti, era stata fissata nel minimo edittale di due anni di reclusione.

La Corte ha richiamato il fondamentale principio espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Schettino’ (n. 20808/2019): la valorizzazione dei precedenti penali di un imputato al solo fine di negare le circostanze attenuanti generiche non equivale a un riconoscimento della recidiva. Affinché la recidiva possa produrre i suoi effetti più gravosi, come l’aumento del termine di prescrizione, è necessario che il giudice la ponga a base di un aumento effettivo della pena. In assenza di tale aumento, la recidiva è come se non fosse stata ritenuta, e non può quindi incidere sul calcolo della prescrizione.

Di conseguenza, non avendo i giudici di merito applicato alcun aumento di pena per la recidiva, il termine di prescrizione non è stato allungato. Risalendo il fatto all’aprile del 2011, la Corte ha calcolato che il reato si era estinto per prescrizione nell’ottobre del 2018, ovvero dopo la sentenza di primo grado ma prima della pronuncia di quella d’appello nel gennaio 2019.

Le conclusioni

La sentenza in esame si conclude con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione. Questa decisione riafferma con forza un principio di garanzia fondamentale: gli effetti pregiudizievoli di un’aggravante, come l’estensione dei tempi di prescrizione, si producono solo se tale aggravante viene concretamente e motivatamente applicata dal giudice per inasprire la sanzione. Non è sufficiente una mera contestazione formale o il riferimento ai precedenti penali per altre finalità, come il diniego delle attenuanti. La pronuncia sottolinea l’importanza di una rigorosa applicazione delle norme sulla prescrizione, un istituto che tutela il diritto dell’imputato a non essere sottoposto a un processo di durata indeterminata.

Quando la contestazione della recidiva non allunga i tempi di prescrizione del reato?
Secondo la Corte di Cassazione, richiamando un principio delle Sezioni Unite, la recidiva contestata non estende i termini di prescrizione quando il giudice di merito non la considera ai fini dell’aumento della pena. La sola valorizzazione dei precedenti penali per negare le circostanze attenuanti generiche non è sufficiente.

Perché la condanna per calunnia è stata annullata in questo caso?
La condanna è stata annullata perché il reato, commesso nell’aprile del 2011, si è estinto per prescrizione nell’ottobre del 2018, prima che venisse pronunciata la sentenza della Corte di appello nel gennaio 2019.

L’aver falsamente accusato un pubblico ufficiale per difendersi è considerato legittimo?
No. La Corte ha confermato che incolpare falsamente un operante per sottrarsi a una sanzione (in questo caso, per guida senza patente) non costituisce un legittimo esercizio del diritto di difesa, ma integra il reato di calunnia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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