Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26557 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26557 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/06/2025
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 22 gennaio 2025, ha confermato la condanna di NOME COGNOME con la diminuente del rito abbreviato, alla pena di un anno di reclusione per il delitto di cui all’articolo 36 cod. pen., reato commesso il 29 maggio 2017, quando l’imputato aveva presentato una querela nei confronti di NOME COGNOME nella quale denunciava di avere prestato al predetto COGNOME un veicolo senza mai ottenerne la restituzione e, dichiarava falsamente di essere stato vittima del reato di appropriazione indebita.
La sentenza di primo grado aveva escluso la contestata recidiva reiterata, non applicandola perché il fatto, commesso a distanza di anni dalle precedenti condanne, non era sintomatico di maggiore pericolosità.
Con i motivi di ricorso, depositati il 13 febbraio 2025, il ricorrente, premessa la tempestività del ricorso poiché, come si evince dal depositato apposto in calce alla sentenza impugnata, la sentenza non era resa con motivazione contestuale, dato, questo attestato nel dispositivo della sentenza stessa ma non risultante dal dispositivo letto in udienza alla presenza del difensore all’udienza del 22 gennaio 2025, denuncia:
2.1. omessa motivazione della sentenza impugnata sulla richiesta dell’imputato di applicazione delle nuove pene sostitutive in caso di condanna, richiesta espressamente enunciata dall’imputato presente all’udienza del 22 gennaio 2025. Il ricorrente, infatti, aveva già chiesto in appello la pena sostitutiva della libertà controllata abrogata con d. Igs. n. 150 del 10 ottobre 2022, successivo alla sentenza di primo grado del 16 marzo 2022 e alla presentazione dei motivi di appello;
2.2. violazione di legge (art. 157 e ss. cod. pen. ), in punto di omesso rilievo della intervenuta prescrizione del reato, come da eccezione formulata all’udienza del 22 gennaio 2025.
Chiede infine la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui si dà atto che la motivazione era stata depositata contestualmente alla lettura del dispositivo.
In via subordinata, ove non venisse accolta la tesi difensiva sulla tempestività del ricorso, chiede di essere rimesso in termini per proporre ricorso per Cassazione.
Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis cod. proc. pen. modificato dall’art. 11, comma 3, d.l. n. 29 del 6 giugno 2024, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 120 del 8 agosto 2024 n. 120.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
2.11 Collegio ha, in primo luogo, proceduto alla correzione dell’errore materiale della sentenza impugnata nella indicazione del cognome del ricorrente che non è NOME ma NOME, come risultante da tutti gli atti del processo.
3.11 ricorso di NOME COGNOME è certamente tempestivo: va dato atto, infatti, che con ordinanza del 18 febbraio 2025, la Corte di appello di Trieste aveva corretto il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che andava eliminato il riferimento al deposito contestuale della motivazione al momento della lettura del dispositivo in udienza. Ne consegue che, non avendo il giudice riservato la motivazione, come risulta dal dispositivo letto in udienza, il termine per il deposito della sentenza era quello, ex lege, di quindici giorni, termine rispettato – essendo il deposito avvenuto il 4 febbraio 2025- con la conseguente tempestività del ricorso depositato il 13 febbraio 2025.
4.E’ fondato il motivo di ricorso con il quale il ricorrente denuncia l’omesso esame, da parte dei giudici di appello della richiesta formulata dall’imputato con i motivi di appello, di applicazione della libertà controllata, richiesta di applicazione di pena sostitutiva ribadita dall’imputato all’udienza del 22 gennaio 2025.
La richiesta dell’imputato era, infatti, tempestiva poiché, dopo la sentenza di primo grado – del 16 marzo 2022 – è entrato in vigore il d. 1gs. n. 150 del 22 ottobre 2022 che, all’art. 95, prevedeva espressamente che le disposizioni sopravvenute si applicassero, se più favorevoli, alternativamente, o ai giudizi di primo grado o a quelli di appello che fossero pendenti al momento della entrata in vigore della legge, cioè alla data del 31 dicembre 2022.
Il d. Igs. n. 150 cit. ha, inoltre, abolito la pena sostituiva della liber controllata chiesta, con i motivi di appello, dall’imputato.
In conseguenza del mutato quadro normativo per effetto dell’entrata in vigore del d. 1gs. n. 31 del 19 marzo 2024, era, inoltre, tempestiva la richiesta dell’imputato formulata all’udienza del 22 gennaio 2025.
Il d.lgs. n. 31 cit. ha, infatti, introdotto all’art. 598-bis cod. proc. pen. i comm 1-bis, 4-bis e 4-ter e ha interpolato il comma 1 dell’art. 599-bis cod. proc. pen. prevedendo al comma 1-bis che «fermo restando quanto previsto dall’articolo 597, l’imputato, fino a quindici giorni prima dell’udienza, può, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nei motivi nuovi e nelle memorie di cui al comma 1, esprimere il consenso alla sostituzione della pena detentiva con taluna delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689. La corte, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva. Quando, pur essendo acquisito il consenso, non è possibile decidere immediatamente, la corte fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente e provvede ad acquisire gli atti, i documenti e le informazioni di cui all’articolo 545-bis, comma 2; in tal caso il processo è sospeso».
La Corte di appello non ha esaminato la richiesta dell’imputato che, sia pure formulata in termini generici, era riferibile alla pena pecuniaria sostitutiva, astrattamente applicabile alla pena che già in primo grado era stata irrogata all’imputato (un anno di reclusione), pena che la Corte di appello ha confermato.
La richiesta di applicazione della pena pecuniaria sostitutiva non è soggetta a particolari formalità e prescinde dal formale consenso dell’imputato – pur non essendo applicabile, di ufficio, dal giudice di appello – non essendo espressamente previsto, ai sensi dell’art. 58 della I. n. 689 cit., come per le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, il consenso espresso dell’imputato.
L’applicazione di tali pene sostitutive presuppone, infatti, non una generica richiesta ma una richiesta che faccia riferimento alla specifica tipologia di pena sostitutiva da applicare, consenso necessario tenuto conto che tali pene comportano maggior sacrificio per la libertà personale ovvero e, più in generale, la rinuncia al diritti di difesa dell’imputato poiché la sentenza che abbia applicato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità è inappellabile e, quanto alla condanna a detenzione domiciliare e semilibertà sostitutiva, è previsto che i condannati a pena detentiva sostituita con detenzione domiciliare e semilibertà possono accedere alla misura alternativa della detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale solo dopo un notevole lasso di tempo (art. 47, comma 3ter Ord. Pen.), al confronto con i condannati a pena detentiva.
La richiesta dell’imputato ribadita in udienza avrebbe dovuto dar luogo, anche volendo ritenerla generica, all’esame dei giudici del merito, esame che non pare ravvisabile nelle considerazioni della Corte in tema di trattamento sanzionatorio e diniego delle attenuanti generiche nelle quali si richiamano i precedenti dell’imputato, non preclusivi.
Va, infatti, ricordato che il rinvio all’art. 133 cod. pen. contenuto nell’art. 58 I. n. 689 cit., come riformato dal d. Igs. n. 150, deve essere letto in combinato disposto con l’art. 59 della stessa legge, che prevede, quali condizioni ostative, solo circostanze relative al reato oggetto di giudizio, non comprensive dei precedenti penali ai quali la Corte di appello ha fatto generico riferimento motivando il diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
4.Alla luce delle predette considerazioni, che precludono la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, consegue la dichiarazione di prescrizione del reato (in data 5 marzo 2025, tenuto conto della sospensione del corso della prescrizione intervenuta in primo grado), poiché già il Tribunale non aveva applicato la contestata recidiva reiterata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Dispone correggersi nella sentenza impugnata le generalità
dell’imputato, nel senso che deve leggersi “NOME NOME“.
Così deciso il 27 giugno 2025
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La Consigliera relatrice
Il Presidente