Prescrizione Bancarotta: Cassazione Annulla Condanna per Decorrenza dei Termini
La prescrizione bancarotta è un istituto giuridico fondamentale che sancisce l’estinzione di un reato a causa del decorso del tempo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 20458/2024) offre un chiaro esempio di come questo principio operi nella pratica, portando all’annullamento di una condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale. Il caso è emblematico non solo per l’esito, ma anche per il percorso argomentativo seguito dalla Suprema Corte, che parte da un vizio di motivazione per giungere alla declaratoria di estinzione del reato.
Il Caso in Analisi: Dal Tribunale alla Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, commesso in qualità di amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita il 14 dicembre 2010. La Corte di Appello di Bologna aveva confermato la condanna, pur dichiarando prescritti altri capi d’imputazione e rideterminando la pena.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione lamentando principalmente due aspetti: l’errata attribuzione della qualifica di amministratore di fatto e l’applicazione di un aumento di pena non previsto in primo grado. È stato il primo motivo, relativo al difetto di motivazione sulla sua posizione gestoria, a rivelarsi decisivo.
L’Importanza del Difetto di Motivazione nella Prescrizione Bancarotta
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso non inammissibile proprio perché il motivo relativo alla qualifica di amministratore di fatto coglieva un ‘grave difetto di motivazione’. La sentenza d’appello, infatti, si era limitata a cenni ‘brevissimi e meramente assertivi’ su un punto così cruciale. Questa apertura ha permesso alla Suprema Corte di esaminare il caso nel merito e, di conseguenza, di rilevare d’ufficio una questione ancora più radicale: l’intervenuta prescrizione.
Il Calcolo del Termine Massimo di Prescrizione
Una volta superato il vaglio di ammissibilità, la Corte ha proceduto al calcolo dei termini di prescrizione. Il reato era stato commesso con la dichiarazione di fallimento il 14 dicembre 2010. Il termine massimo di prescrizione per questo delitto è di dodici anni e sei mesi.
La Corte ha specificato che, non risultando periodi di sospensione e non potendo considerare ai fini del prolungamento dei termini né la recidiva semplice né un’altra specifica aggravante del diritto fallimentare (poiché esclusa in appello e non impugnata dal P.G.), il calcolo era lineare. Di conseguenza, il termine massimo per perseguire il reato è spirato il 14 giugno 2023, data antecedente alla pronuncia della Cassazione.
Le Motivazioni
La motivazione della sentenza è netta. La Corte Suprema, pur riconoscendo la fondatezza potenziale del vizio di motivazione sollevato dalla difesa, ha dato priorità alla causa di estinzione del reato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. Questo articolo impone al giudice di dichiarare immediatamente le cause di non punibilità, come la prescrizione, a meno che non emerga con evidenza l’innocenza piena dell’imputato.
In assenza di elementi per una pronuncia assolutoria più favorevole, la Cassazione ha dovuto prendere atto del decorso del tempo. La conseguenza diretta è stata l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. La decisione evidenzia come il decorso del tempo costituisca un limite invalicabile all’esercizio della potestà punitiva dello Stato, anche di fronte a un ricorso che puntava a contestare il merito della responsabilità.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce due principi cardine del nostro ordinamento. In primo luogo, una sentenza di condanna deve essere sorretta da una motivazione solida, completa e non meramente assertiva, specialmente su elementi qualificanti come il ruolo di amministratore di fatto. In secondo luogo, il principio della prescrizione garantisce la certezza del diritto, impedendo che un cittadino possa rimanere sotto processo per un tempo indefinito. La prescrizione bancarotta, come in questo caso, interviene a chiudere il procedimento quando lo Stato non è riuscito a giungere a una condanna definitiva entro i termini stabiliti dalla legge, annullando così gli effetti delle sentenze precedenti.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La Corte ha annullato la sentenza perché il reato di bancarotta fraudolenta era estinto per prescrizione. Il tempo massimo previsto dalla legge per giungere a una condanna definitiva era trascorso (14 giugno 2023) prima della data della sua decisione.
Cosa significa ‘difetto di motivazione’ in questo caso?
Significa che la Corte d’Appello non aveva spiegato in modo sufficiente e argomentato perché riteneva l’imputato un ‘amministratore di fatto’ della società fallita, limitandosi a delle affermazioni generiche. Questo vizio ha reso il ricorso ammissibile.
Come è stato calcolato il termine di prescrizione?
Il termine è stato calcolato partendo dalla data di commissione del reato (la dichiarazione di fallimento del 14 dicembre 2010). A questa data è stato aggiunto il periodo massimo di prescrizione previsto per quel reato, pari a dodici anni e sei mesi, arrivando così al 14 giugno 2023, senza che vi fossero sospensioni o aggravanti idonee a prolungarlo ulteriormente.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20458 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 20458 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FERRARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha confermato la condanna di COGNOME NOME per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale (capo B) a lui ascritta nella veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 14 dicembre 2010; mentre ha dichiarato estinti per prescrizione i reati di cui ai capi A) e C), procedendo alla conseguente rideterminazione della pena.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, proponendo due motivi in ordine a: l’attribuzione della qualità di amministratore di fatto; l’applicazione di un aumento di pena per la continuazione fallimentare, non applicato dal Tribunale.
Il ricorso non è inammissibile, in quanto il primo motivo di ricorso coglie un grave difetto di motivazione su un punto decisivo, quale quello della qualifica di amministratore di fatto: la sentenza impugnata vi dedica brevissimi cenni, meramente assertivi.
Va allora rilevato che, non risultando periodi di sospensione, il termine massimo di prescrizione è maturato in data 14 giugno 2023, in quanto:
il reato è stato commesso il 14 dicembre 2010;
il termine massimo di prescrizione è pari ad anni dodici e mesi sei, sicché si giunge al 14 giugno 2023, non potendosi tenere conto né della recidiva semplice (perché non è circostanza aggravante ad effetto speciale, né della circostanza aggravante ex art. 219 comma primo, legge fall. perché il giudice di appello ha sostenuto che sarebbe stata esclusa già dal Tribunale e il punto non ha formato oggetto di impugnazione da parte del P.G. distrettuale);
Pertanto, in assenza di elementi che possano condurre a una pronuncia ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., va rilevato che è decorso il termine massimo di prescrizione del reato.
Discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 08/05/2024