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Prescrizione bancarotta: quando decorre il termine?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imprenditrice condannata per bancarotta. Si discuteva sulla decorrenza della prescrizione bancarotta, ma la Corte ha ribadito che il termine inizia dalla data della sentenza di fallimento, non dalla cessazione della carica di amministratore. Inammissibili anche gli altri motivi a seguito di ‘patteggiamento in appello’.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Bancarotta: La Cassazione Conferma la Data del Fallimento

La prescrizione bancarotta è un tema cruciale nel diritto penale fallimentare. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il termine di prescrizione per i reati di bancarotta, sia semplice che fraudolenta, inizia a decorrere non dal momento in cui l’amministratore compie l’atto illecito, ma dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento. Questa pronuncia chiarisce dubbi e consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, offrendo importanti spunti di riflessione per professionisti e imprenditori.

I fatti di causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da un’amministratrice di società, condannata in secondo grado per diversi episodi di bancarotta semplice e fraudolenta. La Corte d’Appello, accogliendo una richiesta di “concordato” (noto anche come patteggiamento in appello), aveva rideterminato la pena.
Nonostante l’accordo raggiunto, la ricorrente ha impugnato la decisione dinanzi alla Cassazione, sollevando principalmente due questioni:
1. L’avvenuta prescrizione bancarotta per i reati di bancarotta semplice, sostenendo che il termine dovesse calcolarsi dalla data di revoca della sua carica di amministratrice, avvenuta nel 2015.
2. L’assorbimento del reato di bancarotta semplice in quello più grave di bancarotta fraudolenta documentale.

La decisione della Corte sulla prescrizione bancarotta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno smontato la tesi difensiva sulla prescrizione, riaffermando con forza i principi consolidati in materia.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che l’argomentazione della ricorrente si basava su un presupposto giuridico errato. La giurisprudenza costante e unanime stabilisce che, nei reati di bancarotta, il momento consumativo del reato coincide con la pronuncia della sentenza di fallimento. Questo vale per tutte le condotte (distrattive, dissipative, documentali, etc.) che sono state realizzate prima di tale dichiarazione.
Di conseguenza, il dies a quo, ovvero il giorno da cui inizia a decorrere il termine di prescrizione, è la data della sentenza di fallimento e non, come erroneamente sostenuto, la data della singola condotta illecita o della cessazione dalla carica sociale.

Nel caso specifico:
* Per un primo capo d’imputazione, il reato si è consumato il 16 marzo 2017. Il termine di prescrizione di sette anni e mezzo sarebbe scaduto solo il 16 settembre 2024, data successiva alla sentenza d’appello. La Corte ha colto l’occasione per ricordare che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare una prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata.
* Per un secondo capo d’imputazione, consumatosi il 27 dicembre 2017, il termine di prescrizione non era ancora decorso al momento della decisione della Cassazione.

Infine, il terzo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché l’accordo sulla pena raggiunto in appello (art. 599-bis c.p.p.) implica una rinuncia a dedurre ulteriori doglianze, salvo casi eccezionali come l’applicazione di una pena illegale o una prescrizione già maturata, che qui non ricorrevano.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame è di grande importanza pratica. Essa consolida un principio cardine in materia di prescrizione bancarotta, fornendo una guida chiara per il calcolo dei termini. La decisione che il reato si consuma con la dichiarazione di fallimento ha lo scopo di tutelare gli interessi dei creditori, che solo da quel momento possono avere piena contezza del danno subito. Inoltre, la pronuncia sottolinea i limiti dell’impugnazione in Cassazione a seguito di un patteggiamento in appello, circoscrivendo le possibilità di ricorso a vizi di eccezionale gravità e precludendo la discussione su questioni già oggetto di rinuncia implicita nell’accordo.

Da quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per il reato di bancarotta?
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, il termine di prescrizione per i reati di bancarotta (sia semplice che fraudolenta) inizia a decorrere dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento, e non dal momento in cui è stata posta in essere la singola condotta illecita.

È possibile far valere in Cassazione la prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello?
No. La Corte ha ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione impedisce la formazione di un valido rapporto processuale e, di conseguenza, preclude la possibilità per il giudice di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato maturata in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata.

L’accordo sulla pena in appello (c.d. patteggiamento in appello) limita i motivi di ricorso in Cassazione?
Sì. L’accordo tra le parti sulla pena da applicare in grado di appello, ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., implica la rinuncia a sollevare altri motivi di ricorso. Fanno eccezione solo questioni di particolare gravità, come l’applicazione di una pena illegale o l’intervenuta prescrizione del reato prima della sentenza d’appello, che non possono essere oggetto di rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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