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Premeditazione e concorso: la Cassazione chiarisce

Un imputato, condannato per omicidio sulla base delle dichiarazioni di un correo, ricorre in Cassazione contestando la propria responsabilità. Anche il Procuratore Generale ricorre, lamentando l’esclusione dell’aggravante della premeditazione. La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato, confermando la condanna, ma accoglie quello del P.G. La sentenza chiarisce che la premeditazione si estende al concorrente che acquisisce consapevolezza del piano criminoso altrui prima di esaurire il proprio contributo, annullando su questo punto con rinvio.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Premeditazione nel Concorso di Persone: Quando si Estende al Complice?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30260/2024, offre un’importante lezione sulla valutazione della prova nel processo penale e sui confini dell’aggravante della premeditazione in caso di concorso di persone nel reato. La pronuncia analizza il caso di un omicidio in cui la responsabilità di un imputato è stata confermata, ma la questione della premeditazione è stata rimandata a un nuovo esame, stabilendo principi chiari sulla sua estensione al concorrente.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un omicidio commesso su mandato. Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado come esecutore materiale del delitto. La condanna si fondava principalmente sulle dichiarazioni di un correo, il quale aveva descritto in dettaglio l’intera vicenda criminale, dalla pianificazione all’esecuzione. Tuttavia, la Corte d’Assise d’Appello, pur confermando la colpevolezza dell’imputato per l’omicidio, aveva escluso l’aggravante della premeditazione, ritenendo che le prove dimostrassero il suo coinvolgimento solo nella fase finale dell’azione, senza un suo apporto consapevole alla pianificazione iniziale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Contro questa decisione sono stati proposti due distinti ricorsi alla Corte di Cassazione:
1. Il ricorso dell’imputato: Mirava a smontare l’intero impianto accusatorio, sostenendo l’inattendibilità delle dichiarazioni del correo, la mancanza di riscontri certi e un travisamento della prova.
2. Il ricorso del Procuratore Generale: Si concentrava esclusivamente sull’esclusione dell’aggravante della premeditazione. Secondo l’accusa, la decisione della Corte d’Appello era contraddittoria: se le dichiarazioni del correo erano state giudicate pienamente credibili per affermare la responsabilità, allora dovevano esserlo anche nella parte in cui descrivevano il coinvolgimento attivo dell’imputato in tutte le fasi preparatorie, inclusi i sopralluoghi e le prove con l’arma del delitto.

La valutazione della chiamata in correità e della premeditazione

Il fulcro della questione ruotava attorno alla coerenza della valutazione probatoria. Da un lato, l’imputato chiedeva un annullamento totale della condanna; dall’altro, la Procura Generale chiedeva di ripristinare l’aggravante, sostenendo un’illogicità nella motivazione della sentenza d’appello.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i due ricorsi, giungendo a conclusioni opposte.

Sul Ricorso dell’Imputato

La Corte ha dichiarato il ricorso dell’imputato inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le censure mosse non fossero altro che una sterile riproposizione di argomenti già ampiamente e logicamente respinti dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata aveva infatti fornito una motivazione solida e non contraddittoria sulla credibilità del dichiarante e sulla validità dei riscontri, come le intercettazioni telefoniche. Di conseguenza, la condanna per omicidio è stata confermata in via definitiva.

Sul Ricorso del Procuratore Generale e la Premeditazione

Il ricorso del Procuratore Generale è stato invece accolto. La Cassazione ha rilevato una manifesta contraddittorietà nel ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima, dopo aver riconosciuto piena attendibilità al racconto del correo, ne aveva illogicamente svalutato le parti che descrivevano il ruolo attivo dell’imputato nella preparazione del delitto.

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’aggravante della premeditazione, ai sensi dell’art. 118 c.p., si estende anche al concorrente che non abbia direttamente ideato il piano, a condizione che egli abbia acquisito, prima di esaurire il proprio contributo volontario all’azione, la piena conoscenza dell’altrui premeditazione, facendola propria. Nel caso di specie, essendo provato che l’imputato era a conoscenza sin dall’inizio del mandato omicidiario e vi aveva partecipato attivamente nelle fasi preparatorie (pedinamento, prove di tiro), l’aggravante doveva essere estesa anche a lui. L’esclusione basata su un suo presunto ruolo ‘impalpabile’ è stata giudicata erronea.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza d’appello limitatamente al punto relativo all’aggravante della premeditazione, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello per un nuovo giudizio. Questo nuovo processo dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte, valutando nuovamente la sussistenza dell’aggravante. La decisione ribadisce l’importanza della coerenza logica nella valutazione delle prove e chiarisce in modo inequivocabile le condizioni per l’estensione delle circostanze aggravanti soggettive nel concorso di persone nel reato.

Quando l’aggravante della premeditazione si estende a un concorrente nel reato?
Secondo la sentenza, l’aggravante della premeditazione si applica anche al concorrente che, pur non avendo ideato il piano, acquisisce l’effettiva conoscenza della premeditazione altrui prima che il suo contributo volontario al crimine si sia esaurito, facendo propria l’intensità del dolo altrui.

Le dichiarazioni di un correo sono sufficienti per una condanna?
Sì, a condizione che la loro attendibilità sia confermata da altri elementi di prova che fungano da riscontro. Questi riscontri non devono necessariamente provare da soli il fatto, ma servono a confermare la credibilità delle dichiarazioni accusatorie, come stabilito dall’art. 192, comma 3, del codice di procedura penale.

Cosa significa che la Cassazione annulla una sentenza con rinvio?
Significa che la Corte di Cassazione cassa la decisione della corte inferiore (in questo caso, la Corte d’Appello) solo su uno specifico punto (qui, la premeditazione) e ordina a una diversa sezione della stessa corte di riesaminare quella parte del processo, attenendosi ai principi legali indicati dalla Cassazione stessa. Il resto della sentenza, come l’affermazione di colpevolezza, diventa definitivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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