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Prelievo salivare: quando è legittimo senza avvocato?

Un individuo, condannato per rapina aggravata sulla base di prove del DNA, ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, contestando la legittimità del prelievo salivare. La difesa sosteneva che la procedura fosse irregolare per la mancata convalida giudiziaria dell’arresto e per l’omesso avviso al difensore. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo un principio chiave: il prelievo salivare effettuato per immediate finalità investigative, soprattutto se consensuale, non è un atto irripetibile e non segue le rigide procedure previste per l’inserimento del profilo genetico nella banca dati nazionale. Di conseguenza, non era necessario l’avviso al legale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prelievo Salivare per DNA: La Cassazione Fa Chiarezza tra Indagini e Banca Dati

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32827/2025, interviene su un tema cruciale della procedura penale: la legittimità del prelievo salivare a fini investigativi. La decisione distingue nettamente tra il prelievo finalizzato a immediate comparazioni investigative e quello destinato all’inserimento nella banca dati nazionale del DNA, delineando le diverse garanzie difensive applicabili. Questo chiarimento è fondamentale per comprendere i limiti e le modalità con cui le forze dell’ordine possono acquisire prove genetiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per rapina aggravata emessa dal Tribunale di Vicenza e parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato era stato identificato come autore del reato grazie alla comparazione del suo profilo genetico, ottenuto da un campione di saliva, con le tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, articolando diversi motivi di doglianza incentrati quasi interamente sulla presunta illegittimità delle modalità di acquisizione del campione biologico.

I Motivi del Ricorso: Il Prelievo Salivare Sotto Accusa

La difesa ha contestato la validità del prelievo salivare sotto molteplici profili, sostenendo violazioni procedurali che, a suo dire, avrebbero reso la prova inutilizzabile. I punti principali del ricorso erano i seguenti:

1. Violazione della Legge sulla Banca Dati del DNA

Il ricorrente sosteneva che il prelievo fosse stato effettuato in violazione dell’art. 9 della legge n. 85/2009. Tale norma, che disciplina l’inserimento dei profili genetici nella banca dati nazionale, prevede che l’acquisizione del campione avvenga solo dopo la convalida dell’arresto o del fermo da parte del giudice. Nel caso di specie, la convalida era avvenuta successivamente al prelievo.

2. Mancato Avviso al Difensore

Secondo la difesa, il prelievo salivare costituiva un accertamento tecnico non ripetibile ai sensi dell’art. 360 del codice di procedura penale. Di conseguenza, sarebbe stato necessario avvisare il difensore per permettergli di assistere all’operazione. L’omissione di tale avviso avrebbe comportato la nullità dell’atto.

3. Vizi sulla Catena di Custodia

Infine, venivano sollevate censure generiche sulla violazione dei protocolli relativi alla catena di custodia e alla conservazione dei reperti biologici, mettendo in dubbio la corretta gestione del campione dopo la sua acquisizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa con argomentazioni chiare e precise. La decisione si fonda su una distinzione fondamentale tra la finalità del prelievo.

La Differenza tra Prelievo Investigativo e Prelievo per Banca Dati

Il primo e più importante punto chiarito dalla Corte è che le rigide procedure previste dalla legge n. 85/2009 si applicano esclusivamente al prelievo biologico finalizzato all’inserimento del profilo del DNA nella banca dati nazionale. Nel caso in esame, invece, il prelievo salivare aveva una finalità puramente investigativa e immediata: comparare il DNA dell’indagato con le tracce repertate sul luogo di precedenti delitti. Inoltre, l’imputato aveva prestato il proprio consenso all’operazione. Per questo tipo di attività, non si applica la disciplina speciale della legge 85/2009, ma le norme ordinarie del codice di procedura penale.

Il Prelievo Salivare Non è un Atto Irripetibile

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il prelievo salivare non costituisce un accertamento tecnico irripetibile. La sua natura non è invasiva e, soprattutto, l’operazione può essere ripetuta in qualsiasi momento, anche su richiesta della difesa. Di conseguenza, non scattano le garanzie previste dall’art. 360 c.p.p., tra cui l’obbligo di avvisare il difensore. L’inapplicabilità di tale disciplina rende infondate le doglianze relative all’omesso avviso.

Genericità delle Altre Censure

Infine, i motivi di ricorso relativi alla catena di custodia e alle modalità di conservazione sono stati giudicati inammissibili perché meramente ipotetici e generici. La difesa non aveva specificato quali protocolli sarebbero stati violati né in che modo tali presunte violazioni avrebbero inficiato l’attendibilità della prova. Tali censure, inoltre, si risolvevano in mere considerazioni di fatto, non sindacabili in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida un importante principio di diritto processuale: le garanzie difensive per l’acquisizione di prove genetiche variano a seconda dello scopo del prelievo. Se l’obiettivo è l’inserimento nella banca dati nazionale, si applicano le tutele rafforzate della legge n. 85/2009. Se, invece, il prelievo salivare ha una finalità investigativa contingente e l’indagato presta il proprio consenso, l’atto è pienamente legittimo anche senza la preventiva convalida del fermo e senza l’avviso al difensore, poiché non è considerato un atto irripetibile. Questa distinzione fornisce agli operatori del diritto uno strumento chiaro per valutare la correttezza procedurale in un ambito investigativo sempre più dipendente dalla prova scientifica.

Un prelievo salivare per scopi investigativi richiede le stesse procedure di quello per la banca dati nazionale del DNA?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il prelievo per immediate finalità investigative (come comparare il DNA con tracce trovate sulla scena del crimine) non segue le rigide procedure della Legge n. 85/2009, previste invece per l’inserimento del profilo genetico nella banca dati nazionale.

La raccolta di un campione di saliva è considerata un ‘accertamento tecnico non ripetibile’ che richiede l’avviso al difensore?
No. Secondo la sentenza, il prelievo salivare non ha carattere di irripetibilità, poiché è un’attività che può essere sempre ripetuta, anche su istanza della difesa. Di conseguenza, non si applica la disciplina dell’art. 360 cod. proc. pen., che prevede l’obbligo di avvisare il difensore.

Il consenso dell’indagato al prelievo salivare ha qualche valore legale?
Sì. La Corte ha sottolineato che il consenso prestato dall’imputato al prelievo rafforza la legittimità dell’operazione, soprattutto quando questa è condotta per finalità puramente investigative e non per l’inserimento nella banca dati del DNA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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