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Prelievo ematico guida ebbrezza: quando è valido?

Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza, ha contestato la validità del prelievo ematico sostenendo che il suo consenso non fosse valido. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il test è utilizzabile. La Corte ha stabilito che, essendo stato l’imputato informato delle conseguenze di un eventuale rifiuto e avendo firmato la richiesta per il prelievo, il suo consenso era cosciente e volontario, rendendo i risultati del prelievo ematico per guida in ebbrezza una prova pienamente valida.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prelievo Ematico per Guida in Ebbrezza: La Validità del Consenso Informato

Il prelievo ematico per guida in ebbrezza rappresenta una delle prove principali per accertare la violazione del Codice della Strada. Tuttavia, la sua utilizzabilità in un processo penale dipende strettamente dalla validità del consenso prestato dal conducente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, chiarendo che un consenso dato dopo adeguata informazione rende la prova pienamente legittima, anche se l’interessato sostiene di aver agito sulla base di un falso presupposto.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza, con le aggravanti di aver provocato un incidente stradale e di aver commesso il fatto in orario notturno. La condanna si basava sui risultati di un accertamento alcolemico effettuato tramite prelievo di sangue presso il Pronto Soccorso.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il risultato del test fosse inutilizzabile. La sua difesa si fondava su due argomenti principali:
1. Il consenso al prelievo era stato prestato sul falso presupposto che fosse obbligatorio.
2. La motivazione della sentenza d’appello era contraddittoria, non avendo considerato l’assenza di cure mediche che avrebbero potuto giustificare un prelievo d’ufficio e il vizio del consenso.
In sostanza, l’automobilista affermava di non aver dato un consenso libero e informato.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Consenso al Prelievo Ematico

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni della difesa non fossero ammissibili in sede di legittimità, in quanto miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Suprema Corte. Questa può solo verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello avesse correttamente considerato utilizzabile il risultato del prelievo ematico per guida in ebbrezza. Dagli atti processuali era emerso chiaramente che la procedura seguita dalle forze dell’ordine era stata conforme alla legge.
In particolare, gli agenti operanti avevano:
* Informato l’automobilista: Gli avevano spiegato le conseguenze legali che sarebbero derivate in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento.
* Ottenuto un consenso esplicito: L’interessato aveva acconsentito volontariamente al trasferimento in ospedale per il prelievo. La prova di tale consenso era la sua firma apposta sulla richiesta della polizia giudiziaria inoltrata alla struttura sanitaria.

Firmando quel documento, l’imputato aveva dichiarato di essere consapevole non solo delle conseguenze legali di un’eventuale positività del test, ma anche delle conseguenze di un suo rifiuto. Questo atto formale ha dimostrato, secondo la Corte, un consenso prestato “in coscienza e volontà”, vanificando la tesi difensiva del consenso viziato.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: il consenso al prelievo ematico, quando è preceduto da una corretta informazione sulle conseguenze del rifiuto e formalizzato per iscritto, è pienamente valido. Un tentativo di contestarlo a posteriori, sostenendo di aver frainteso la natura facoltativa dell’accertamento, è destinato a fallire se la documentazione processuale dimostra il contrario. Per gli automobilisti, ciò significa che la decisione di accettare o rifiutare il test deve essere ponderata, poiché la firma su un modulo di consenso ha un peso legale determinante e difficilmente contestabile in seguito.

Un prelievo ematico per guida in ebbrezza è valido se il conducente firma il consenso?
Sì. Secondo questa ordinanza, se il conducente è stato correttamente informato delle conseguenze di un eventuale rifiuto e firma la richiesta di prelievo, il suo consenso è considerato cosciente e volontario, rendendo i risultati del test pienamente utilizzabili come prova.

Cosa succede se un conducente rifiuta di sottoporsi al prelievo ematico?
L’ordinanza chiarisce che gli agenti di polizia devono informare il conducente delle ‘conseguenze che sarebbero derivate in caso di rifiuto’. Sebbene non le specifichi, ciò implica che il rifiuto stesso comporta conseguenze legali, configurandosi come un’autonoma ipotesi di reato.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per verificare se un consenso era davvero volontario?
No. La Corte di Cassazione opera in ‘sede di legittimità’, il che significa che non può effettuare una ‘rivalutazione alternativa delle fonti probatorie’. Il suo compito è solo quello di verificare che le leggi siano state applicate correttamente dai giudici dei gradi di giudizio precedenti, senza entrare nel merito dei fatti accertati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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