Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35462 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35462 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 31/03/2022 del GIUD. SORVEGLIANZA di NOVARA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/4errtite le conclusioni del PG
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 31 marzo 2022 il Magistrato di Sorveglianza di Novara dichiarato inammissibile il reclamo introdotto da COGNOME NOME e relativo alle di controllo di una busta a lui consegnata e proveniente dal difensore AVV_NOTAIO.
1.1 Secondo la prospettazione del reclamante la busta sarebbe stata – in modo ille – aperta per controllarne il contenuto (con comunicazione indirizzata anche all Procura della Repubblica). Il Magistrato di Sorveglianza osserva che l’assenza di un di procedimento (cui si sarebbero riferiti gli atti processuali) rendeva, in ogni cas il controllo, in ragione dei contenuti della circolare DAP relativa al trattamento di (art. 41 bis ord.pen.)….
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difens COGNOME NOME, deducendo erronea applicazione di legge.
Si rappresenta, nell’atto di ricorso, che la decisione di inammissibilità es valutazione discrezionale (circa la esistenza o meno del potere di aprire o far aprir in sede di controllo), il che sarebbe in contrasto con la natura della de inammissibilità (vista come presa d’atto della assenza delle condizioni di legge). S in ogni caso, erronea la decisione anche in rapporto alla presenza di indicazioni sulla busta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso in esame va dichiarato inammissibile perché generico, non essendo ident (già in sede di domanda) il pregiudizio subìto da COGNOME NOME nello specifico esame.
1.1 Ed invero la disciplina di legge (art. 69 e 35 bis ord.pen.) impone al recl prospettare, in sede di domanda, non soltanto il comportamento dell’Amministrazion cui sarebbe derivata la violazione di un proprio ‘diritto soggettivo’, ma anche grado di pregiudizio derivante da siffatta condotta.
1.2 Come è stato affermato già in Sez. I n. 54117 del 14.6.2017, rv 27190 (v. anch I n. 28258 del 9.4.2021, rv 281998), la riforma del sistema di tutela delle giuridiche dei soggetti reclusi – adottata con d.l. n. 146 del 2013 e, successivam il d.l. n.92 del 2014 – non ha introdotto né formalizzato « nuovi diritti » ma ha le modalità di tutela di quelli già riconosciuti come tali, secondo la antecedente ela giurisprudenziale. In effetti, nel nuovo sistema di tutela ad essere «riscritte» son
procedimentali di tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi, attraverso la normativizzazione espressa del relativo procedimento, prima affidato alla elaborazione giurisprudenziale, sorta sul terreno del reclamo avverso il provvedimento applicativo della sorveglianza particolare (art. 14 ter ord.pen.).
A fronte di un sistema ‘pre2013’ essenzialmente basato sulle ricadute sistematiche della nota decisione della Corte Costituzionale n. 26 del 1999 (con riconoscimento della esistenza di situazioni giuridiche soggettive che, per loro natura, non possono essere attenuate o compresse in virtù della intervenuta restrizione di libertà) che consentiva la proposizione del reclamo giurisdizionale generico per la violazione di diritti soggettivi (sul tema, anche Sez. U n. 25079 del 26.2.2003, rv 224603) , si è provveduto a disciplinare normativamente l’intera materia attraverso le modifiche apportate agli articoli 69 e 35 della leg ordinamento penitenziario .
Con tali interventi il legislatore ha dichiaratamente preso atto della necessità di realizzare un più adeguato ed effettivo sistema di tutela dei diritti dei soggetti sottoposti a restrizione carceraria, anche in rapporto alle note decisioni degli organi giurisdizionali sovranazionali in tema di lesione dei diritti dei detenuti e correlata violazione del divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti di cui all’art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stesso art. 27 co.3 Cost. (v. la nota decisione CEDU 8 gennaio 2013 nella causa COGNOME ed altri contro Italia).
1.3 E’ dunque intervenuta, una espressa regolamentazione normativa, per quanto qui rileva : a) del potere di denunzia, tramite il reclamo giurisdizionale ex art. 35 bis e 69 ord.pen. , di condotte della amministrazione -inosservanti il contenuto delle disposizioni di legge o regolamento esecutivo- da cui derivi al detenuto un ‘attuale e grave’ pregiudizio all’esercizio di diritti soggettivi ; b) del modello legale di verifica della fondatezza di tale particolare reclamo e dei poteri di intervento spettanti al Magistrato di Sorveglianza nel caso di accertamento della lesione e del correlato pregiudizio, consistenti nell’ordine di un facere (sì da eliminare la fonte della situazione lesiva) con possibile esecuzione coatta del comportamento imposto in caso di inottemperanza, a tutela della effettività del rimedio .
2. In tal senso, la tutela accordata dal Magistrato di Sorveglianza in sede di reclamo giurisdizionale ‘ordinario’ (art. 35 bis co.3) da un lato dipende dalla esistenza di un comportamento dell’amministrazione che sia qualificabile come lesivo di un «diritto soggettivo» e non di altri generici interessi, dall’altro richiede che il pregiudizio lamentato sia concreto ed attuale (trattandosi di tutela inibitoria/preventiva tesa alla rimozione del limite posto alla fruizione piena del diritto), posto che solo in tal caso si giustifica l’ordine di fare rivolto alla amministrazione e dotato di coercibilità.
2.1 Nel caso in esame ad essere manifesta è l’assenza di ‘pregiudizio attuale’ (secondo le linee sin qui tracciate), posto che la busta è stata – pacificamente – consegnata al detenuto e la doglianza si rivolge alle modalità (già venute in essere) del controllo.
Che si tratti di modalità conformi o meno a norme primarie o regolamentari non rileva nella cornice dei poteri di intervento del Magistrato di Sorveglianza sin qui descritti – e ciò anche in ragione dell’avvenuta trasmissione del reclamo alla Procura della Repubblica competente.
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e , in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 maggio 2024