Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25621 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25621 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 22/04/1971 a Rosarno
avverso il decreto del 19/04/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con il provvedimento in epigrafe, ha confermato, pur con motivazione parzialmente difforme, il decreto emesso in data 18 gennaio 2023 dal Tribunale di Reggio Calabria, relativamente all’applicazione nei confronti di NOME COGNOME della misura di prevenzione della contisca di beni immobili, conti correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi, contratti d
acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, polizze assicurazioni, come analiticamente elencati.
Il Giudice di primo grado, prendendo le mosse dal compendio indiziario relativo all’operazione “Galassia”, aveva ritenuto insussistenti i presupposti per l’applicazione della misura personale, in quanto era carente il requisito dell’attualità. Viceversa, aveva ritenuto sussistenti i requisiti per inquadrare COGNOME nella categoria della pericolosità specifica di cui all’art. 4, comma 1, lett. b) del d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 e aveva di conseguenza applicato la misura patrimoniale.
La Corte territoriale ha, invece, ritenuto che non ricorressero i presupposti della pericolosità specifica, in ragione della sentenza di condanna emessa dal Giudice per l’udienza preliminare del 27 ottobre 2020 nei confronti del proposto, nell’operazione “RAGIONE_SOCIALE“, per il reato associativo di cui all’art. 416 cod. pen., essendo stata elisa la contestata aggravante mafiosa ex art. 416-bis.1 cod. pen. Zungri veniva peraltro ritenuto appartenente alla categoria di cui all’art. 1 d.lgs. n. 159 del 2011, in considerazione della capillare attività all’interno di un sodalizio criminale operante nel settore delle scommesse illecite, a far data dal 2009, potendosi in tal modo ritenere che lo stesso avesse abitualmente vissuto con i proventi delle attività delittuose.
Riteneva, inoltre, la Corte, che sussistessero i requisiti della sperequazione, dovendosi in tal senso disattendere le doglianze difensive relative ai calcoli effettuati dalla Guardia di Finanza e al mancato conteggio dei redditi della compagna convivente, NOME COGNOME, nonché delle vincite al gioco.
I difensori di COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso detto decreto, censurandone la violazione di legge in relazione:
2.1. alla inquadrabilità del proposto nella categoria di cui all’art. 1, d.lgs. n. 159 del 2011, difettando il requisito del “vivere abitualmente dei proventi delittuosi”. L’abitualità impone, intatti, la realizzazione di attività delittuose che non possano definirsi episodiche e che caratterizzino un significativo intervallo temporale della vita del proposto. Nel caso di specie, il reato oggetto di accertamento è stato quello di associazione ex art. 416 cod. pen., come tale non suscettibile di produrre ricchezze illecite, in quanto non autonomamente lucrogenetico. A COGNOME non sono stati contestati reati-fine. L’affermazione della Corte, secondo cui emergerebbe proprio dall’operazione “Galassia” lo svolgimento, da parte di COGNOME, di illecita attività nell’ambito delle scommesse, rimane apodittica in considerazione delle conclusioni assolutorie cui sono giunti i procedimenti penali in materia di gioco e scommesse clandestine;
2.2. alla ritenuta sussistenza degli indici fattuali legittimanti l’adozione della confisca. Il decreto non contiene un’adeguata esposizione della derivazione delle
acquisizioni patrimoniali della provvista formatasi nel periodo di compimento dell’attività illecita. In particolare, non è stata data la giusta valenza alla tipologi dei calcoli effettuati dalla Guardia di Finanza, al valore eccessivo attribuito agli arredi, pure in presenza di fatture di acquisto intestate alla Signora COGNOME, alla valutazione delle vincite da gioco, agli indici OMI e alla corretta perimetrazione temporale della pericolosità sociale del proposto, terminata nel 2017. Le entrate di COGNOME, nel periodo 2010-2018, sono compatibili con le spese sostenute per la realizzazione del complesso immobiliare. In definitiva non vi è prova che le acquisizioni patrimoniali siano la diretta derivazione causale della provvista formatasi nel periodo di illecita attività;
2.3. alla violazione del principio della preclusione processuale con riguardo al conto corrente n. 2812, acceso presso UBI Banca. La provenienza lecita di detto bene è già stata accertata nell’ambito della procedura inerente alla misura di sicurezza ai sensi degli artt. 321 cod. proc. pen. e 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, nell’ambito del processo di cognizione c.d. Galassia. I Giudici della prevenzione hanno disposto la confisca del conto sulla base dei medesimi elementi valutati dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, che aveva viceversa provveduto al dissequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che, in materia di misure di prevenzione, personali o patrimonialì, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4, commi 10 e 11, I. n. 1423 del 1956, richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, I. n. 575 del 1965, confluito nell’art. 10, d.lgs. n. 159 del 2011, richiamato dall’art. 27 del medesimo decreto per la misura patrimoniale. In tale nozione va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre anche quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio.
Viceversa, il mero vizio della motivazione del decreto non può essere dedotto e, in ogni caso, non può essere ritenuto quando l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione risultino smentite dal discorso giustificativo espresso dal provvedimento (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
A siffatta circoscrizione del perimetro cognitivo proprio dei procedimenti di prevenzione, riconosciuta come coerente con i precetti costituzionali (Corte cost., n. 106 del 2015), si sommano i limiti intrinseci del giudizio di legittimità, che, com’è noto, non può occuparsi della revisione del giudizio di merito, né della valutazione
dei fatti, ma deve attenersi alla verifica della correttezza giuridica e logica delle statuizioni del provvedimento impugnato.
Alla luce di tale premessa, il ricorso si palesa solo in parte fondato, nei limiti di seguito evidenziati.
Il primo motivo di ricorso, con cui si sostiene che vi è stato esclusivamente l’accertamento degli elementi del reato associativo e non dei detti fine, di tal che rimarrebbe non dimostrato il carattere lucrogenetico dei reati, non è fondato.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il reato associativo può essere considerato lucrogenetico, senza necessità di accertare gli indizi della effettiva partecipazione anche a reati-fine, dai momento che, in tema di misure di prevenzione, l’indizio di appartenenza ad un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati contro il patrimonio è legittimamente valutabile ai fini del giudizio di pericolosità cd. generica del proposto, ai sensi dell’art. 1, comma i, lett. b), d.igs. 6 settembre 2011, n. 159. Sebbene il delitto di associazione per delinquere non sia di per sé produttivo di reddito, tuttavia il presupposto, di cui alla citata previsione normativa, consistente nel vivere “abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”, deve essere inteso facendo ricorso – alla stregua dei principi affermati da Corte cost. n. 24 del 2019 – non a singoli titoli di reato, bensì a specifiche “categorie delittuose” idonee a consentire l’individuazione di “tipi di comportamento” assunti a presupposto per l’adozione della misura (Sez. 2, n. 38118 del 14/09/2021, Alafleur, Rv. 282190).
Nel caso di specie, l’attività di scommesse oggetto del sodalizio risulta con evidenza finalizzata ad acquisire redditi illeciti.
Il secondo motivo di ricorso, avente ad oggetto la mancata dimostrazione del requisito della sproporzione / è manifestamente infondato. Risultano puntualmente verificate e argomentate le doglianze difensive prospettate in appello, cui i Giudici del merito hanno risposto, con motivazione priva di fratture logiche, enunciando le ragioni per cui non sono state ritenute conferenti le doglianze difensive relative ai redditi della COGNOME (pari a zero nell’anno 2017), alle vincite di gioco portate da ticket non nominativi, così come al metodo di stima utilizzato. Quanto al conto corrente, la rilevante sperequazione non consente di ritenere che vi sia una capacità di risparmio effettiva, rimanendo così valida la considerazione relativa al fatto che i proventi derivanti dalla gestione delle scommesse illecite gestite tramite la società di RAGIONE_SOCIALE abbiano generato un profitto.
In definitiva, non sembra che il ricorrente si misuri realmente con le puntuali argomentazioni che entrambi i giudici della prevenzione hanno esplicitato a sostegno della prospettazione dell’accusa. E, com’è noto, non risponde allo schema dell’impugnazione di legittimità, né è consentito alla Corte di cassazione di spingersi a controllare la rispondenza del diffuso, puntuale e logico apparato argomentativo del provvedimento impugnato alle risultanze processuali, sovrapponendo la propria valutazione al motivato apprezzamento degli elementi fattuali compiuto dal giudice del merito: soprattutto laddove il ricorso per cassazione, come nella specifica materia delle misure di prevenzione, sia proponibile solo per il vizio di violazione di legge.
5. È viceversa fondato il terzo motivo di ricorso, relativo alla prospettata preclusione derivante dalle statuizioni contenute nella allegata sentenza del Giudice per l’udienza preliminare di Reggio Calabria del 27 ottobre 2020, che, dopo avere ritenuto COGNOME (§ 1.3.1. pp. 120-155) responsabile del reato di cui all’art. 416 c.p. fino al 2017, escluse le aggravanti di cui al comma quinto dell’art. 416 e all’art. 416-bis.1 cod. pen., ha disposto (p. 351) il dissequestro del conto corrente n. 2812 acceso presso UBI Banca, per l’accertata riconducibilità dello stesso “ad attività pregressa e diversa da quella oggetto di contestazione”, in difetto quindi di un nesso di pertinenzialità tra il bene in sequestro e la condotta illecita posta in essere.
I Giudici della prevenzione hanno ritenuto, per contro, che nessuna preclusione potesse derivare dalla pronuncia di dissequestro contenuta nella citata sentenza, sul rilievo – invero apodittico – che il conto corrente di cui si discute è stato oggetto di confisca in ragione della sua riferibilità all’impresa individuale di COGNOME, che è stata ritenuta illecita, così come le entrate conseguite tramite la stessa: la rilevante sperequazione non avrebbe consentito alcuna forma di risparmio, di modo che la provvista sul conto sarebbe comunque da ritenere non lecita.
Ritiene peraltro il Collegio che siffatta statuizione non sia coerente con il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 42172 del 23/06/2023, La Valle, Rv. 285374; Sez. 6, n. 51366 del 17/05/2018, Trovato, Rv. 275879; Sez. 6, n. 18267 del 06/02/2014, COGNOME, Rv. 259453; Sez. 1, n. 48173 del 23/10/2013, COGNOME, Rv. 257669; Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, COGNOME, Rv. 254278), per il quale il provvedimento di revoca in sede di giudizio penale di una misura patrimoniale, sulla base della accertata legittima provenienza del bene, osta radicalmente, in mancanza di fatti nuovi o precedentemente non rilevati, a un rinnovato intervento ablativo nel procedimento di prevenzione avente ad oggetto i medesimi beni, laddove la decisione afferisca agli accertamenti in fatto relativi ai presupposti costitutivi comuni.
Appare quindi necessario che i Giudici del merito illustrino con puntuale apparato argomentativo le ragioni per le quali, in linea di fatto, il saldo del conto
corrente de quo,
alla stregua di una rinnovata valutazione di eventuali circostanze nuove o non rilevate nel giudizio di merito, non sia in realtà riconducibile ad attività
“pregressa e diversa”
da quella oggetto di contestazione in quel giudizio, anche con riguardo al perimetro cronologico in considerazione.
6. Alla stregua delle suesposte considerazioni, va disposto l’annullamento dell’impugnato decreto limitatamente al conto corrente sopra citato, con rinvio per
nuovo giudizio sul punto a diversa sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Il ricorso va rigettato nel resto.
P. Q. M.
Annulla il decreto impugnato limitatamente al conto corrente n. 2812 UBI Banca e
Reggio rinvia per nuovo
giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di
Calabria. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso il 16/06/2025