LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Preclusione giudicato: no a nuove istanze senza novità

La Cassazione chiarisce la preclusione del giudicato in materia di continuazione tra reati. Un’istanza, già respinta con decisione definitiva, non può essere riproposta basandosi su dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, se queste non costituiscono un elemento di novità tale da superare il giudicato. L’appello è dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione Giudicato e Istanza di Continuazione: Analisi di una Decisione della Cassazione

Il principio della preclusione del giudicato rappresenta un pilastro fondamentale del nostro ordinamento giuridico, garantendo la certezza e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Ma cosa accade quando emergono nuovi elementi che potrebbero modificare una situazione già decisa in via definitiva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo tema, offrendo chiarimenti cruciali sulla possibilità di ripresentare un’istanza per il riconoscimento della continuazione tra reati, già rigettata in passato.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Continuazione tra Reati

Il caso riguarda un soggetto condannato con quattro diverse sentenze per gravi reati, tra cui omicidio, tentato omicidio e associazione a delinquere di tipo mafioso, commessi in un arco temporale che va dal 1990 al 2012. L’interessato aveva richiesto alla Corte d’Assise d’Appello di applicare l’istituto della continuazione, ovvero di unificare le pene sostenendo che tutti i reati fossero stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

In un primo momento, nel 2022, la Corte aveva parzialmente accolto la richiesta, riconoscendo la continuazione per i reati giudicati nelle prime tre sentenze, ma escludendola per i delitti dell’ultima condanna. Su questa decisione si era formato il giudicato, rendendola definitiva.

Successivamente, il condannato ha presentato una nuova istanza, chiedendo di estendere la continuazione anche ai reati della quarta sentenza. A sostegno di questa nuova richiesta, ha presentato delle prove considerate nuove: le dichiarazioni rese nel 2014 da un collaboratore di giustizia, secondo cui anche il ricorrente sarebbe stato coinvolto nella decisione di commettere uno degli omicidi oggetto della quarta condanna.

La Decisione della Corte: l’Impatto della Preclusione del Giudicato

La Corte d’Assise d’Appello ha dichiarato la nuova istanza inammissibile, proprio a causa della preclusione del giudicato formatosi sulla precedente decisione del 2022. Il condannato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la preclusione non opera quando vengono addotti fatti nuovi, come le dichiarazioni del collaboratore.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”. I giudici supremi hanno stabilito che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia non costituivano un elemento di novità tale da poter “scardinare” la preclusione derivante dalla decisione precedente. Pertanto, la nuova domanda era solo una riproposizione di una questione già decisa in modo definitivo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito un punto essenziale: la reiterazione di una domanda giudiziale configura una preclusione “allo stato degli atti”. Ciò significa che la questione non può essere riproposta, a meno che non vengano presentati elementi fattuali nuovi e diversi da quelli già esaminati. Questi nuovi elementi devono essere realmente idonei a modificare il quadro probatorio e a superare le ragioni della decisione precedente.

Nel caso specifico, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, pur essendo state formalizzate in una data precisa, non sono state ritenute sufficienti a costituire quella “novità” richiesta dalla legge per superare il giudicato. La Corte ha implicitamente valutato che tali dichiarazioni non alteravano la sostanza della valutazione già compiuta in precedenza, che aveva portato ad escludere il medesimo disegno criminoso per i reati della quarta sentenza. Di conseguenza, la precedente ordinanza manteneva la sua piena efficacia preclusiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce la solidità del principio della preclusione del giudicato nel processo penale, anche in fase esecutiva. Per poter superare una decisione definitiva non è sufficiente presentare un qualsiasi elemento non valutato in precedenza, ma è necessario che tale elemento sia dotato di una reale forza innovativa, capace di mettere in discussione le fondamenta logico-giuridiche della decisione già presa. La decisione della Cassazione serve come monito: le istanze non possono essere riproposte indefinitamente nella speranza di un esito diverso, se non supportate da prove concretamente e qualitativamente nuove. In assenza di tali elementi, il giudicato rimane un baluardo invalicabile a tutela della certezza del diritto.

È possibile presentare una nuova istanza per il riconoscimento della continuazione tra reati dopo che una precedente richiesta è stata respinta con una decisione definitiva?
No, non è possibile a meno che non vengano dedotti fatti nuovi che non hanno formato oggetto della precedente istanza. La decisione definitiva crea una preclusione che impedisce di riproporre la stessa domanda.

Le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia costituiscono sempre un ‘elemento nuovo’ capace di superare la preclusione del giudicato?
No. Secondo la Corte, nel caso specifico, le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia non sono state ritenute un elemento di novità idoneo a scardinare la preclusione formatasi a seguito della precedente decisione di rigetto.

Qual è l’esito di un ricorso giudicato ‘manifestamente infondato’ dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati