Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38450 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38450 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Lo COGNOME NOME nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/02/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Torino udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Torino, con ordinanza in data 27 febbraio 2024, ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento di inammissibilità dell’istanza ex art. 30 ter ord. pen. in virtù della previsione di cui all’art. 58 quater ord. pen. in quanto in data 12 ottobre 2022 è stata disposta la revoca della semilibertà in precedenza concessa al condannato.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. In via principale e nella sostanza preliminare e assorbente la difesa chiede di sollevare “questione di legittimità costituzionale dell’art. 58 quater ord. pen. in relazione agli artt. 3 e 27 cost.” laddove prevede il divieto di concedere benefici prima che siano decorsi tre anni dalla revoca di un precedente beneficio. Nello specifico il ricorrente, dato atto delle precedenti pronunce della Corte costituzionale sulla medesima norma, evidenzia come alcune delle conclusioni, come appunto questa relativa alla preclusione alla concessione di benefici prima che sia decorso un triennio, debbano essere riviste e rimeditate a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia in quanto il sistema sanzionatorio ora sarebbe totalmente centrato sulla rieducazione del condannato e la preclusione sarebbe incompatibile con tale finalità.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe dovuto comunque procedere a una nuova valutazione circa i presupposti che erano stati posti alla base della decisione con cui era stata revocata la semilibertà e, sotto tale profilo, che pure ha in qualche modo effettuato, avrebbe dovuto concludere in termini diversi. Dagli atti, infatti, sarebbe emerso che il reato che il procedimento penale iscritto per i fatti posti alla base del provvedimento è stato archiviato e che le ulteriori considerazioni, la presunta condotta violenta e/o aggressiva al personale della polizia penitenziaria, non avevano avuto alcun seguito, come dimostra il fatto che nessun provvedimento disciplinare è stato assunto. Ragioni queste per le quali, correttamente valutati i fatti, il Tribunale avrebbe potuto escludere che la revoca della misura abbia in concreto l’efficacia preclusiva prevista dalla norma.
In data 31 maggio 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La censura oggetto del primo motivo, nel quale si reitera davanti a questa Corte la richiesta proposta avanti al Tribunale di sorveglianza di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 58 quater ord. pen. in relazione agli artt. 3 e 27 cost. nella parte in cui prevede il divieto di concedere benefici
prima che siano decorsi tre anni dalla revoca di un precedente beneficio, è infondata.
Sulla medesima questione, come evidenziato nel provvedimento impugnato, si è pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 173 del 2021 che, pure ritenendo che la preclusione sia severa e opinabile dal punto di vista delle scelte di politica penitenziaria, riprendendo i principi già esposti nella precedente sentenza n. 50 del 2020, ha affermato che questa «costituisce espressione della discrezionalità legislativa, non in contrasto con il principio costituzionale di finalizzazione rieducativa della pena (art. 27, comma 3, Cost.), e non irragionevole al punto da integrare una lesione ai sensi dell’art. 3 Cost.».
Tale conclusione, peraltro resa all’esito di una completa analisi della giurisprudenza costituzionale sul punto, non può dirsi, come pretenderebbe la difesa, superata dall’entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia.
Anche a fronte della modifica normativa, infatti, in assenza di uno specifico intervento del legislatore sul punto, la disposizione risulta coerente con il sistema, ciò soprattutto considerato, come evidenziato dalla Corte delle leggi, che «la preclusione qui all’esame discende dunque da una valutazione caso per caso da parte del giudice di sorveglianza, effettuata sulla base non già di presunzioni legate al titolo di reato o allo status di recidivo del condannato, ma del percorso da lui concretamente compiuto durante l’esecuzione della pena, e in particolare di specifiche condotte in violazione delle prescrizioni inerenti alla misura alternativa, che ne hanno determinato un giudizio di non meritevolezza rispetto alla possibilità, già concessagli una prima volta, di eseguire la propria pena in regime extramurario» (Corte. cost. 173 del 2021).
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire con riferimento alla censura oggetto del secondo motivo.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, che pure ha considerato il fatto costituito dalla sopravvenuta archiviazione del procedimento penale instaurato a seguito della violazione da cui aveva preso le mosse il procedimento concluso con la revoca della semilibertà, ha dato atto di avere valutato in concreto le ragioni che hanno determinato la revoca della semilibertà e di avere così verificato l’effettiva operatività della preclusione prevista dalla norma.
La motivazione sul punto -con i riferimenti al decreto del Magistrato di sorveglianza in ordine alle violazioni accertate e al comportamento complessivamente tenuto dal detenuto, nei confronti del quale era anche già stata dichiarata la cessazione della più ampia misura dell’affidamento in prova al servizio sociale (cfr. pagine 3 e 5 del provvedimento impugnato) – non è sindacabile in questa sede.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 1°/7/2024