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Preclusione aggravanti: appello e procedibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore Generale che chiedeva di riconoscere la procedibilità d’ufficio per un reato di furto. La Corte ha stabilito che, non avendo il Pubblico Ministero appellato la sentenza di primo grado sul punto delle aggravanti non riconosciute, si è creata una preclusione processuale. Di conseguenza, né la Corte d’Appello né la Cassazione possono riesaminare la questione, confermando il principio della preclusione aggravanti per mancata impugnazione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione Aggravanti: Se il PM non Appella, il Giudice non può Decidere

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: la preclusione aggravanti. Se il Pubblico Ministero non impugna una sentenza di primo grado che ha escluso la sussistenza di determinate circostanze aggravanti, la questione non potrà più essere sollevata nei gradi successivi di giudizio. Questa regola, basata sull’effetto devolutivo dell’appello, ha implicazioni cruciali sulla procedibilità di alcuni reati, come dimostra il caso in esame.

I Fatti del Caso

Il caso origina da una condanna in primo grado per il reato di furto. Il Tribunale aveva riconosciuto una sola circostanza aggravante tra quelle contestate. A seguito della recente riforma legislativa (D.Lgs. 150/2022), che ha reso il furto semplice procedibile a querela di parte, la questione della sussistenza di aggravanti è diventata decisiva per stabilire se l’azione penale potesse proseguire d’ufficio.

Contro la sentenza di primo grado proponeva appello soltanto l’imputato. Il Pubblico Ministero, invece, non presentava alcuna impugnazione, accettando di fatto la decisione del Tribunale di non riconoscere eventuali ulteriori aggravanti. La Corte d’Appello, riformando la prima sentenza, dichiarava di non doversi procedere per assenza della condizione di procedibilità (la querela).

Contro questa decisione, il Procuratore Generale ricorreva in Cassazione, sostenendo che la procedibilità d’ufficio dovesse essere garantita dalla presenza “in fatto” di un’aggravante (la destinazione della cosa a pubblico servizio), anche se non formalmente riconosciuta in primo grado e non oggetto di appello da parte dell’accusa.

L’Importanza della Preclusione Aggravanti nel Processo

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel concetto di preclusione aggravanti. La Corte ha dichiarato il ricorso del Procuratore Generale inammissibile proprio perché, in assenza di un’impugnazione da parte del Pubblico Ministero sulla sentenza di primo grado, si era formata una preclusione sul punto delle aggravanti non riconosciute.

Questo significa che la questione era diventata “res judicata” parziale, cioè non più discutibile. L’effetto devolutivo dell’appello, disciplinato dall’art. 597, comma 1, del codice di procedura penale, limita la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione impugnati. Se l’accusa non contesta la mancata applicazione di un’aggravante, accetta quella parte della sentenza, che non può più essere messa in discussione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione. Innanzitutto, ha sottolineato che l’unica impugnazione alla sentenza di primo grado proveniva dall’imputato. Il Pubblico Ministero non aveva proposto appello per contestare il mancato riconoscimento di altre aggravanti che avrebbero reso il reato procedibile d’ufficio.

Di conseguenza, si è formata una barriera processuale, una preclusione, che impediva alla Corte d’Appello di riesaminare d’ufficio la sussistenza di quelle aggravanti. Farlo avrebbe significato violare il principio devolutivo. La Cassazione ha inoltre precisato che la valutazione sulla sussistenza di una circostanza aggravante non rientra nella nozione di “diversa definizione giuridica del fatto”, che l’art. 597, comma 3, c.p.p. consente al giudice d’appello di dare anche in assenza di appello del PM. Si tratta di due concetti distinti: la definizione giuridica attiene alla qualificazione del reato (es. da furto a rapina), mentre l’aggravante è una circostanza che incide sulla pena senza modificare il titolo del reato. Poiché la questione era preclusa, la Corte di Cassazione non poteva fare altro che dichiarare inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per le parti processuali, in particolare per l’accusa. La decisione di non impugnare una sentenza ha conseguenze definitive. Se il Pubblico Ministero ritiene che il giudice di primo grado abbia erroneamente escluso una o più circostanze aggravanti, ha l’onere di proporre appello su quello specifico punto. In caso contrario, perde definitivamente la possibilità di far valere tali circostanze nei successivi gradi di giudizio. La preclusione aggravanti si configura quindi come un meccanismo che garantisce la certezza delle decisioni e il rispetto dei limiti della cognizione del giudice dell’impugnazione, con effetti diretti e talvolta decisivi sull’esito del processo.

Se il Pubblico Ministero non appella una sentenza di primo grado che ha escluso alcune aggravanti, il giudice d’appello può riconoscerle?
No. Secondo la Corte, si forma una preclusione su quel punto. A causa dell’effetto devolutivo dell’appello, il giudice di secondo grado può decidere solo sulle questioni sollevate dalle parti. Se il PM non impugna, quel punto della sentenza diventa definitivo e non può essere riconsiderato.

Riconoscere un’aggravante in appello rientra nel potere del giudice di dare una “definizione giuridica più grave” al fatto?
No. La Corte chiarisce che la nozione di “definizione giuridica” del reato non include la sussistenza o meno di circostanze aggravanti. Pertanto, il potere concesso dall’art. 597, comma 3, c.p.p. non permette al giudice d’appello di riconoscere aggravanti che non siano state oggetto di specifica impugnazione da parte dell’accusa.

Perché l’appello del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché si basava sulla richiesta di riconoscere aggravanti su cui si era già formata una preclusione processuale. Dato che il Pubblico Ministero non aveva appellato la sentenza di primo grado sul punto specifico delle aggravanti non riconosciute, né la Corte d’Appello né la Corte di Cassazione potevano più esaminare tale questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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