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Poteri istruttori del giudice: il dovere di agire

Un imputato viene assolto dal reato di evasione per mancanza della prova di notifica della misura restrittiva. La Corte di Cassazione annulla la sentenza, affermando che il giudice di primo grado aveva il dovere di esercitare i propri poteri istruttori per acquisire d’ufficio il documento mancante, anziché procedere all’assoluzione basandosi su una lacuna probatoria colmabile.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Poteri Istruttori del Giudice: Quando il Giudice Deve Cercare le Prove

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del processo penale: il giudice non è un mero spettatore passivo, ma ha il dovere di intervenire per garantire un accertamento completo dei fatti. Al centro della decisione vi sono i poteri istruttori del giudice, specialmente quando una prova cruciale, sebbene non prodotta dall’accusa, risulta facilmente reperibile. Il caso analizzato riguarda un’assoluzione per il reato di evasione, annullata proprio perché il tribunale non ha esercitato il suo potere-dovere di acquisire d’ufficio la prova mancante.

I Fatti del Caso: Un’Assoluzione Controversa

Il Tribunale di Cremona aveva assolto un uomo dall’accusa di evasione dalla detenzione domiciliare. Era stato accertato che l’imputato si fosse allontanato dalla sua abitazione per comprare le sigarette, rientrando solo dopo una chiamata della madre. Nonostante l’evidenza oggettiva dell’allontanamento, il giudice lo aveva prosciolto per mancanza di prova dell’elemento psicologico del reato, ovvero il dolo.

La motivazione dell’assoluzione risiedeva in una lacuna probatoria: il Pubblico Ministero non aveva depositato agli atti il verbale di notifica dell’ordinanza che disponeva la detenzione domiciliare. Senza questo documento, secondo il Tribunale, non si poteva dimostrare con certezza che l’imputato fosse a conoscenza della misura e delle sue prescrizioni, e quindi non si poteva provare la sua volontà di evadere.

Il Ricorso e i Poteri Istruttori del Giudice

Il Procuratore generale presso la Corte di Appello ha impugnato la sentenza, sostenendo che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto. La critica si è concentrata sulla mancata attivazione dei poteri istruttori del giudice previsti dall’articolo 507 del codice di procedura penale.

Questa norma consente al giudice, se lo ritiene assolutamente necessario, di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova al termine dell’istruttoria dibattimentale. Secondo il ricorrente, il giudice, di fronte alla mancanza di un documento così cruciale e facilmente acquisibile (ad esempio, richiedendolo all’autorità di Polizia Giudiziaria), avrebbe dovuto agire di propria iniziativa invece di pronunciare una sentenza di assoluzione basata su un’incompletezza formale degli atti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, definendo la decisione del Tribunale “del tutto illogica”. Gli Ermellini hanno sottolineato che la stessa sentenza di primo grado riconosceva l’avvenuto allontanamento dell’imputato dal luogo di detenzione. Escludere il dolo per la sola assenza di un documento, senza nemmeno tentare di acquisirlo, rappresenta una violazione dei doveri del giudice.

La Suprema Corte ha ribadito che il potere previsto dall’art. 507 c.p.p. non è una mera facoltà, ma un potere-dovere che il giudice deve esercitare quando è indispensabile per la decisione. L’obiettivo della norma, come chiarito in passato dalle Sezioni Unite, è quello di “salvaguardare la completezza dell’accertamento probatorio”, permettendo al giudice di formarsi un convincimento basato su una ricostruzione dei fatti il più possibile aderente alla realtà. Omettere tale potere richiede una motivazione specifica, che nel caso di specie mancava. Deliberatamente eludere l’esercizio di questo potere, quando necessario, può portare alla nullità della sentenza.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione e ha rinviato il processo al Tribunale di Cremona per un nuovo giudizio. Il principio che emerge è chiaro: il giudice non può trincerarsi dietro l’inerzia del Pubblico Ministero se dispone degli strumenti per colmare una lacuna probatoria decisiva. L’esercizio dei poteri istruttori del giudice è espressione di un sistema processuale che, pur nel rispetto del principio accusatorio, mira a raggiungere una decisione giusta e fondata sulla verità processuale. Un giudice che rinuncia a cercare una prova essenziale e facilmente reperibile, optando per un’assoluzione “tecnica”, non adempie pienamente alla sua funzione giurisdizionale.

Un giudice può assolvere un imputato se il Pubblico Ministero non ha prodotto una prova decisiva, anche se tale prova è facilmente reperibile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se il giudice ritiene il materiale probatorio insufficiente, ha il potere-dovere, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., di disporre d’ufficio l’acquisizione dei mezzi di prova indispensabili per la decisione, come in questo caso era la notifica dell’ordinanza restrittiva.

Per configurare il reato di evasione, è sufficiente che l’imputato si allontani dal luogo di detenzione?
No, non è sufficiente l’elemento oggettivo (l’allontanamento). È necessario anche l’elemento psicologico (il dolo), ovvero la consapevolezza di essere sottoposto a una misura restrittiva e la volontà cosciente di violarla. La prova della conoscenza della misura è quindi essenziale.

Qual è lo scopo dei poteri istruttori del giudice previsti dall’art. 507 del codice di procedura penale?
Lo scopo è consentire al giudice di arrivare a una decisione basata su un quadro probatorio il più completo possibile, per emettere un giudizio più meditato e aderente alla realtà dei fatti. La norma mira a salvaguardare la completezza dell’accertamento probatorio per garantire una sentenza equa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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