Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19128 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19128 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia, nel procedimento a carico di
NOME NOMECOGNOME nato a Cernusco sul Naviglio il 15/08/1968
avverso la sentenza del 28/11/2024 del Tribunale di Cremona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME Di NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
letta la memoria difensiva, depositata nell’interesse di NOME COGNOME che ha concluso per la conferma della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Cremona ha assolto NOME COGNOME dal delitto di evasione per mancanza di prova della sua conoscenza della misura della detenzione domiciliare applicatagli dal Tribunale di sorveglianza di Milano in data 26 giugno 2019.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia, deducendo un unico motivo.
Violazione di legge, in relazione all’art. 507 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per avere il Tribunale escluso il dolo del reato di evasione non avendo il pubblico ministero dimostrato l’avvenuta notifica a Bellino dell’ordinanza applicativa della detenzione domiciliare, con relative prescrizioni. Infatti erroneamente la sentenza impugnata non solo non ha tenuto conto che neanche l’imputato avesse contestato di essere sottoposto alla detenzione domiciliare, ma ha ritenuto di non attivare i propri poteri officiosi per acquisire la notifi rinvenibile anche presso l’Autorità di Polizia giudiziaria territorialmente competente, così violando la costante giurisprudenza di legittimità che non richiede la necessità di sollecitazione di parte per provvedervi.
Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell’art 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020 per come prorogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
La sentenza impugnata ha dato atto che risulta non contestato che il 17 aprile 2020 alle ore 20:50 i Carabinieri si fossero recati presso l’abitazione in cui NOME COGNOME doveva scontare la detenzione domiciliare, giusta ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 26 giugno 2019, accertandone il rientro, su chiamata della madre, dopo essersi allontanato in auto per comprare le sigarette.
Alla luce di questi elementi la sentenza al par. 3 ritiene «il pacifico allontanamento dell’imputato dal luogo di restrizione il 17.4.2020, nel vigore dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza» salvo concludere per l’assenza dell’elemento psicologico del reato per assenza del verbale di notifica
dell’ordinanza applicativa della detenzione domiciliare, unico documento idoneo a dimostrare la conoscenza del provvedimento e le sue prescrizioni, non superabile con l’acquisizione di ufficio ex art. 507 cod. proc. pen. in quanto costituiva preciso onere del pubblico ministero provvedervi e non fosse stata sollecitata.
Premesso che la stessa sentenza impugnata, al citato paragrafo 3, riconosce l’avvenuto accertamento della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, anche con riferimento alla sussistenza dell’ordinanza applicativa della detenzione domiciliare cui era sottoposto l’imputato, e che il delitto di evasione è assistito da un mero dolo generico, consistente nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, la conclusione cui è pervenuto il Tribunale è del tutto illogica.
Infatti, è stato escluso, in termini apodittici, il dolo del reato, anch’esso no contestato, per assenza di un dato documentale, del tutto irrilevante al fine indicato, quale appunto la notifica dell’ordinanza applicativa della detenzione domiciliare in esecuzione da quasi un anno.
Con riguardo alla censura relativa all’omesso corretto esercizio del potere officioso del giudice, ex art. 507 cod. proc. pen., come condivisibilmente sostenuto dal Procuratore ricorrente, il giudice ha deliberatamente eluso l’esercizio del potere dovere di acquisire, anche d’ufficio, i mezzi di prova che ritenesse indispensabili per la decisione, non essendo rimessa alla sua discrezionalità la scelta tra disporre i necessari accertamenti ed il proscioglimento dell’imputato; cosicchè il mancato esercizio di detti poteri di integrazione probatoria richiede una motivazione specifica la cui omissione, censurabile in sede di legittimità, determina la nullità della sentenza per violazione di legge (Sez. 3, n. 10488 del 17/02/2016, Rv. 266492).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno, invero, chiarito da tempo come l’art. 507 cod. proc. pen. abbia lo scopo «di consentire al giudice – che non si ritenga in grado di decidere per la lacunosità o insufficienza del materiale probatorio di cui dispone – di ammettere le prove che gli consentono un giudizio più meditato e più aderente alla realtà dei fatti che è chiamato a ricostruire. La norma mira, dunque, esclusivamente a salvaguardare la completezza dell’accertamento probatorio sul presupposto che se le informazioni probatorie a disposizione del giudice sono più ampie e più probabile che la sentenza sia equa e che il giudizio si mostri aderente ai fatti.» (v. in motivazione Sez. U, n. 41281 del 17/10/2006, Greco, Rv. 234907; Sez. U, n. 11227 del 06/11/1992, Martin, Rv.).
Si tratta di un assetto processuale in cui il ruolo del giudice, soprattutto in un sistema caratterizzato dall’obbligatorietà dell’azione penale, impone una costante verifica dell’esercizio dei poteri di iniziativa del pubblico ministero e quindi anche
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delle sue carenze od omissioni (Sez. U, n. 41281 cit. e, da ultimo, Sez. 5, n.
del 04/07/2024, A., Rv. 286957).
Detti principi fondamentali dell’ordinamento e dei ruoli processuali sono st deliberatamente violati dal Tribunale che, senza esplicitare le ragioni dell’ o
attivazione officiosa dei propri poteri e nella piena consapevolezza che qu lacuna poteva essere facilmente riempita con l’acquisizione della notif
dell’ordinanza all’imputato presso il Tribunale di sorveglianza o con l’escuss dell’operante, non vi ha provveduto ritenendo, erroneamente, che foss
necessaria la sollecitazione della parte e ignorando del tutto la pa giurisprudenza non solo della Corte di legittimità, ma anche della stessa Co
costituzionale sul punto a partire dalla sentenza n. 241 del 1992.
4. La sentenza impugnata deve essere dunque annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Cremona, in diversa persona fisica.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Cremona, in diversa persona fisica.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2025
La Consigliera estensora
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