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Poteri discrezionali del giudice: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, ribadendo che la valutazione sulla gravità del reato rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito. Se la motivazione è logica e non si basa su formule di stile, la Cassazione non può riesaminare la decisione, confermando così la condanna dell’imputato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Poteri Discrezionali del Giudice: la Cassazione Sottolinea i Limiti del Ricorso

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: i poteri discrezionali del giudice nella determinazione della pena. La decisione chiarisce i confini del sindacato di legittimità su tale valutazione, confermando che un ricorso basato su una mera contestazione della pena inflitta, se adeguatamente motivata, è destinato all’inammissibilità.

Il Contesto del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello. La ricorrente contestava la valutazione compiuta dai giudici di merito in merito alla quantificazione della pena, ritenendola eccessivamente severa. Il ricorso mirava, in sostanza, a ottenere una nuova e più favorevole valutazione della gravità del fatto.

I Poteri Discrezionali del Giudice e la Valutazione della Pena

L’articolo 133 del codice penale elenca una serie di criteri che il giudice deve considerare per esercitare il suo potere discrezionale nella commisurazione della pena. Questi includono la gravità del reato (desunta dalla natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione), e la capacità a delinquere del colpevole. L’esercizio di questo potere è uno dei momenti più significativi dell’attività giurisdizionale, in cui il giudice adatta la sanzione astrattamente prevista dalla legge al caso concreto. La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che questa valutazione è riservata al giudice di merito e non può essere rivalutata in sede di legittimità, se non in casi eccezionali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la valutazione degli elementi indicati dall’art. 133 c.p. rientra appieno nei poteri discrezionali del giudice di merito. Di conseguenza, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a contestare l’adeguatezza della pena, ma deve individuare vizi specifici nella motivazione della sentenza impugnata, come la sua manifesta illogicità o l’omessa valutazione di elementi decisivi.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, per una corretta motivazione, non è necessario che il giudice analizzi in dettaglio ogni singolo criterio previsto dall’art. 133 c.p. È sufficiente che indichi gli elementi ritenuti rilevanti per la sua decisione, spiegando le ragioni che lo hanno portato a determinare una certa pena. In particolare, il giudice deve motivare in modo concreto sulle “forme di estrinsecazione del comportamento incriminato” per valutarne la gravità e il conseguente “bisogno di pena”. Non sono ammesse, invece, le cosiddette “clausole di stile”, ovvero formule generiche e astratte che non si confrontano con le specificità del caso. Poiché nel caso di specie la valutazione era stata compiuta correttamente, senza illogicità manifeste, il tentativo della ricorrente di ottenere una nuova valutazione nel merito si è scontrato con i limiti strutturali del giudizio di Cassazione, portando alla dichiarazione di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la natura del giudizio di Cassazione come controllo di legittimità e non come un terzo grado di merito. Le implicazioni pratiche sono significative: chi intende impugnare una sentenza per la quantificazione della pena deve concentrarsi sulla ricerca di vizi logici o giuridici nella motivazione, piuttosto che sperare in una semplice riconsiderazione dei fatti. La pronuncia di inammissibilità comporta, inoltre, conseguenze economiche per il ricorrente, che viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso in esame.

Può la Corte di Cassazione riesaminare la valutazione sulla gravità di un reato fatta dal giudice di merito?
No, la valutazione sulla gravità del reato, basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminarla, a meno che la motivazione non sia manifestamente illogica o basata su mere clausole di stile.

Per motivare la pena, il giudice deve analizzare tutti i criteri previsti dalla legge?
No, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione. Secondo la Corte, è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti più rilevanti per il caso specifico, purché la motivazione spieghi concretamente le forme di estrinsecazione del comportamento per valutarne la gravità.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la persona che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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