Potere Probatorio del Giudice: la Cassazione fissa i paletti per l’inammissibilità del ricorso
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato equilibrio tra il potere probatorio del giudice e il diritto di difesa dell’imputato. La decisione chiarisce i confini entro i quali il giudice può disporre d’ufficio l’acquisizione di nuove prove e ribadisce i motivi che rendono un ricorso inammissibile, specialmente quando si tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti nel giudizio di legittimità.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di cui all’art. 455 del codice penale, relativo alla messa in circolazione di monete contraffatte. La condanna, emessa in primo grado, era stata confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due specifici motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e il Potere Probatorio Contestato
Il ricorrente ha incentrato la sua difesa su due punti principali:
1. Violazione dell’art. 507 c.p.p.: Il primo motivo lamentava un presunto pregiudizio al diritto di difesa, derivante dalla decisione del giudice di ammettere d’ufficio nuove prove testimoniali, sebbene le relative liste fossero state depositate tardivamente. Secondo la difesa, tale iniziativa avrebbe leso il contraddittorio.
2. Errata valutazione della prova: Con il secondo motivo, si contestava l’erronea e difettosa valutazione della credibilità di due testimoni chiave da parte dei giudici di merito. In sostanza, si chiedeva alla Cassazione una riconsiderazione delle prove già vagliate nei precedenti gradi di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo importanti chiarimenti su entrambi i motivi sollevati.
La Legittimità del Potere Probatorio del Giudice
Riguardo al primo motivo, la Corte ha definito la censura manifestamente infondata. Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare, la sentenza n. 46147/2019), ha affermato che il potere probatorio del giudice, disciplinato dall’art. 507 c.p.p., gli consente di disporre l’assunzione di nuove prove anche d’ufficio. Questo potere è considerato funzionale a garantire il controllo giudiziale sull’esercizio dell’azione penale e ad assicurare la completezza del quadro probatorio su cui fondare la decisione.
La Corte ha specificato che tale potere non contrasta con le garanzie costituzionali o della CEDU, le quali si limitano a tutelare il contraddittorio nella formazione della prova, ma non inibiscono al giudice il controllo sulla completezza del materiale probatorio. Nel caso specifico, il diritto di difesa non era stato leso, poiché il Pubblico Ministero aveva fornito indicazioni sufficienti sui temi della testimonianza, permettendo alla difesa di interloquire e chiedere prove a discarico.
L’Inammissibilità delle Censure sulla Valutazione delle Prove
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha ribadito che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Le doglianze del ricorrente sono state qualificate come generiche e meramente riproduttive di censure già correttamente respinte dai giudici dei gradi inferiori. Tentare di sollecitare una rivalutazione delle fonti di prova o una lettura alternativa delle testimonianze è un’operazione preclusa in sede di legittimità.
Sarebbe stato possibile contestare la valutazione dei fatti solo allegando uno specifico, decisivo e inopinabile travisamento della prova, cosa che nel ricorso non era stata fatta. In assenza di un’illogicità manifesta e macroscopica nella motivazione delle sentenze di merito, che nel caso di specie risultavano coerenti e ben argomentate, la valutazione dei giudici precedenti è insindacabile.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri fondamentali del nostro sistema processuale penale. Il primo è la natura del potere probatorio del giudice, concepito non come un’ingerenza arbitraria, ma come uno strumento indispensabile per l’accertamento della verità processuale, correlato all’indisponibilità dell’azione penale. Il giudice non è un mero arbitro passivo, ma ha il dovere di assicurare che la decisione si basi su un quadro probatorio il più completo possibile, sempre nel rispetto del contraddittorio tra le parti.
Il secondo pilastro è la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non di riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno direttamente assistito alla formazione della prova. Accogliere censure generiche sulla credibilità dei testi significherebbe snaturare il ruolo della Suprema Corte, trasformandola in un terzo grado di merito.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che l’imputato non può lamentare una violazione del diritto di difesa se il giudice, esercitando i poteri ex art. 507 c.p.p., ammette prove d’ufficio, a condizione che sia garantita alla difesa la possibilità di un pieno contraddittorio su di esse. In secondo luogo, essa serve da monito per chi intende proporre ricorso per cassazione: i motivi devono essere specifici, non meramente ripetitivi di doglianze già respinte e, soprattutto, non possono mirare a ottenere una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio, attività riservata in via esclusiva ai giudici di merito.
Può un giudice ammettere d’ufficio prove testimoniali non indicate tempestivamente dalla parte?
Sì, secondo l’art. 507 del codice di procedura penale, il giudice ha il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, anche con riferimento a testimoni indicati in liste depositate tardivamente. Questo potere è funzionale a garantire la completezza del quadro probatorio e il controllo giudiziale sull’azione penale.
È possibile contestare la credibilità dei testimoni in un ricorso per cassazione?
No, non è possibile sollecitare una mera rivalutazione della credibilità dei testimoni o una lettura alternativa delle prove nel giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, a meno che non venga denunciato un palese e decisivo travisamento della prova.
Cosa rende un motivo di ricorso in cassazione inammissibile?
Un motivo di ricorso è inammissibile quando è generico, meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, oppure quando è diretto a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5388 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5388 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TOLMEZZO il 14/01/1998
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste in data 4 marzo 2024, che ha confermato la condanna inflittagli per il delitt di cui all’art. 455 cod. pen. (fatto commesso in Udine il 25 maggio 2017);
che l’atto di impugnativa consta di due motivi;
che in data 30 dicembre 2024 è stata depositata nell’interesse dell’imputato ricorrente memoria a firma del suo difensore;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 507 cod. proc. pen., sotto il profi del pregiudizio arrecato al diritto di difesa, e il vizio di motivazione, è manifestamente infondat atteso il pacifico principio di diritto secondo cui «Il giudice ha il potere di disporre d’u l’assunzione di nuovi mezzi di prova ex art. 507 cod. proc. pen. anche con riferimento a prove testimoniali indicate in liste depositate tardivamente, trattandosi di potere funzionale a garanti il controllo giudiziale sull’esercizio dell’azione penale e sul suo sviluppo processuale, ovvero sull completezza del compendio probatorio su cui deve fondarsi la decisione (In motivazione, il giudice di legittimità ha chiarito che l’assegnazione al giudice di tale potere non è in contras con le indicazioni della Costituzione e della Corte EDU, che si limitano a garantire i contraddittorio nella formazione della prova, ma non inibiscono il controllo sulla completezza del compendio probatorio, necessario correlato della indisponibilità dell’azione penale, conseguente al riconoscimento della natura ultraindividuale degli interessi tutelati dalla giurisdizi penale)» (Sez. 2, n. 46147 del 10/10/2019, Rv. 277591), e generico, posto che la stessa Corte territoriale ha evidenziato come fosse da escludere la lesione del diritto di difesa dell’imputat avendo il P.M. fornito sufficienti indicazioni circa i fatti oggetto delle prove dichiarative all’ud dell’Il gennaio 2022 (vedasi pagg. 2 – 6 della sentenza impugnata), così da consentire alla difesa di interloquire e di chiedere prove a discarico in relazione ai suddetti temi;
– che il secondo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 507 cod. proc. pen., sotto il profil dell’erronea o difettosa valutazione della credibilità dei testi COGNOME e COGNOME, e il vizi motivazione, è affidato a doglianze generiche, poiché meramente riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708) (cfr. pagg. 6 – 8 della sentenza impugnata), e non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto unicamente dirette a sollecitare una preclusa rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie, al di f dell’allegazione di loro specifici, decisivi ed inopinabili travisamenti (Sez. U, n. 12 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), come pure sarebbe stato necessario in presenza di un apparato giustificativo della decisione, desunto dalle conformi sentenze di merito nel loro reciproco integrarsi (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595), che non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente