Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6787 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6787 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Gallipoli il 10/09/1967
avverso la sentenza del 04/03/2024 della Corte d’appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Lecce ha confermato, per quanto qui rilievo, la sentenza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce con la quale, NOME NOME era stato condannato per il reato di cui all’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, quale amministratore unico dal 25 agosto 2009 al 10 marzo 2014 e di socio unico, a partire dall’Il marzo 2014, nonché amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE per avere occultato le scritture contabili e i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, al fine di evadere le imposte sui redditi ,e sul valore aggiunto o di consentire Qat. l’evasione a terzi, essendo esibite rà Guardia di finanza di Gallipoli, che procedeva ad una verifica fiscale per gli anni di imposta dal 2011 al 2015, solo
parziali scritture contabili meglio descritte nel capo di imputazione. Accertato in Brindisi il 7 novembre 2016
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. Violazione di legge ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod.proc.pen., nullità dell’ordinanza del G.U.P. del 22/01/2028, ai sensi degli artt. 125 e 441 comma 5 cod. p roc. pen.
Lamenta il ricorrente la carenza di motivazione dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che si sarebbe limitato a rimarcare l’assoluta necessità di accogliere la domanda di acquisizione documentale, nella specie visura camerale della società, richiesta per di più avanzata dal Pubblico Ministero, senza fornire alcun contributo argomentativo. La Corte territoriale dal canto suo avrebbe poi solo giustificato in punto di diritto la legittimità di quel provvedimento. Sarebbe evidente dunque la violazione della norma processuale di cui al combinato disposto di cui agli artt. 125 comma 3 e 441 comma 5 cod.proc.pen., che richiedono al giudice di fornire un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni che impongono di integrare il compendio probatorio già noto all’imputato al momento della richiesta del giudizio abbreviato e, in ogni caso, tenuto conto del principio secondo cui nel giudizio abbreviato la facoltà del giudice di assumere anche d’ufficio di elementi necessari, ai fini della decisione, non è esercitabile con riguardo alla ricostruzione storica del fatto e all’attribuzione di esso all’imputato.
2.2. Violazione di legge ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al vizio di contraddittorietà della motivazione. L’assoluzione in appello del coimputato NOME comprometterebbe la tenuta logico argomentativa della condanna del Sabato. La motivazione sarebbe contraddittoria laddove i giudici territoriali avrebbero dato rilievo a due documenti prodotti dal NOME che attestavano la consegna al Sabato, che sottoscrive le ricevute per accettazione, di fatture di acquisto / fatture di vendita, corrispettivi e contabili anno 2005-2006 nonché fatture di acquisto i vendite corrispettivi dal 2007 al 2010, sicché l’affermazione di penale responsabilità sarebbe contraddittoriamente confermata con riferimento al periodo non oggetto di contestazione, facendo esplicito riferimento, il capo di imputazione, ai periodo di imposta compresi tra il 2011 e il 2015 e tenuto conto che, tra l’altro, sarebbe emerso che poche scritture contabili descritte nell’allegato 2, furono personalmente consegnate dal COGNOME altro coimputato, alla Guardia di finanza di Gallipoli in data 04/12/2015.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato alla luce dell’orientamento consolidato di questa Corte di legittimità, correttamente seguito dai giudici del merito.
Va qui richiamato l’orientamento giurisprudenziale che può dirsi consolidato, secondo cui l’integrazione probatoria disposta dal giudice, ai sensi dell’art. 441, comma quinto, cod. proc. pen., può riguardare anche la ricostruzione storica del fatto e la sua attribuibilità all’imputato, atteso che gli unici limiti a è soggetto l’esercizio del relativo potere sono costituiti dalla necessità, ai fini della decisione, degli elementi di prova di cui viene ordinata l’assunzione e dal divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle parti (Sez. 6, n. 17360 del 13/04/2021, Prevete, Rv. 280968 – 01; Sez. 4, n. 34702 del 20/05/2015, COGNOME, Rv. 264407; Sez. 5, n. 10096 del 09/01/2015, COGNOME e altri, Rv. 263456; Sez. 5, n. 49568 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 261338).
Tali arresti muovono dalla mutata natura del giudizio abbreviato nel quale non assume più rilievo il consenso del Pubblico Ministero, né deve ricorrere la condizione di ammissibilità della decisione allo stato degli atti. Nel quadro delle modifiche apportate al giudizio abbreviato, non è prospettabile in capo all’imputato il diritto ad essere giudicato sulla base della piattaforma probatoria (allo stato degli atti) contenuta nel fascicolo del Pubblico Ministero, senza che il giudice, ricorrendone le condizioni, possa disporre, in qualsiasi momento della fase processuale, un’integrazione probatoria che si renda necessaria per acquisire gli elementi necessari ai fini della decisione.
In altri termini, si è efficacemente sostenuto (Sez. 5, n. 49568 del 18/6/2014, Rv. 261338), che la richiesta di giudizio abbreviato non neutralizza i poteri officiosi del giudice cristallizzando, una volta ammesso il rito, il materiale processuale in quello posto dal pubblico ministero a fondamento dell’azione penale e i poteri integrativi officiosi del giudice. E, quanto ai limiti, è stata superata un risalente giurisprudenza secondo cui, nel giudizio abbreviato la facoltà del giudice di assumere anche d’ufficio gli elementi necessari ai fini della decisione non è esercita ge con riguardo alla ricostruzione storica del fatto e all’attribuibilità di esso all’imputato (Sez. 3, n. 33939 del 16/6/2010, COGNOME, Rv. 248229; Sez. 1, n. 32099 del 14/07/2004, Carta, Rv. 229497).
La giurisprudenza più recente, seguita dai giudici del merito, ha costantemente affermato il principio secondo cui il potere officioso del giudice ben può, ove sia necessario per la decisione, riguardare anche la ricostruzione storica del fatto e la sua attribuibilità all’imputato, essendo l’unico limite quello dell yq”
necessità per la decisione (da ultimo Sez. 6, n. 17360 del 13/04/2021, Prevete, Rv. 280968 – 01, Sez. 5, n. 10096 del 09/01/2015, COGNOME, Rv. 263456 – 01).
Ed invero, il giudizio abbreviato non presuppone più come condizione per la sua ammissibilità la definizione del processo allo stato degli atti e neppure il consenso del pubblico ministero, con la conseguenza che l’accesso al rito non potrà mai essere rifiutato in presenza di carenze del quadro probatorio od istruttorio. In tale situazione, l’integrazione probatoria officiosa costituisce l’unica forma di bilanciamento rispetto alla inevitabilità del giudizio abbreviato, rimesso alla scelta unilaterale dell’imputato, ed essa non è condizionata alla sua complessità od alla lunghezza dei tempi dell’accertamento probatorio ne’ è soggetta a limiti temporali e può dunque intervenire in qualsiasi momento e fase della procedura (Sez. 6, 23/01/2009 n. 11558, Trentadue ed altre, Rv. 243063), ma costituisce corollario del principio della completezza delle indagini preliminari che costituisca il presupposto indefettibile anche nel giudizio abbreviato.
A tali principi si è attenuta la sentenza impugnata nella quale il potere officioso del giudice dell’abbreviato è stato esercitato nel pieno rispetto dei limiti e delle condizioni sopra evidenziate e ciò sul rilievo che era necessaria, ai fini della decisione, l’acquisizione della visura camerale e ciò in quanto necessaria per stabilire l’attribuibilità della condotta al soggetto “legale rappresentante” e per vagliare l’attendibilità delle dichiarazioni del coimputato COGNOME (cfr. pag. 7).
L’iniziativa officiosa del giudice è stata esercitata secondo i presupposti e nei limiti di cui all’art. 441 comma 5 cod.proc.pen. e, dunque, la doglianza appare manifestamente infondata.
Il secondo motivo di ricorso attinente all’affermazione della responsabilità penale per il reato di occultamento delle scritture contabili non è fondato.
Nessuna contraddittorietà della motivazione appare sostenibile là dove la sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado, ha argomentato che l’imputato era stato l’amministratore di diritto della società fino al 27/03/2014, che successivamente COGNOME Giovanni aveva fittiziamente assunto la carica di amministratore della società, mentre il COGNOME era rimasto socio unico e amministratore di fatto per il periodo successivo; che la società non aveva più operato dal marzo 2014, e che fino al 2013 era stato ricostruita aliunde la produzione di reddito; che era risultata non veritiera la dichiarazione liberatoria del ritiro, in data 13/03/2014, della documentazione contabile dal COGNOME, commercialista, poiché una parte di detta documentazione (fatture attive e passive dell’anno 2011) era ancora presso quello studio alla data del 4 dicembre 2015, ,, allorché il COGNOME la prelevava e consegnava @ Guardia di finanza; che alla Guardia di Finanza, in sede di verifica fiscale, era stata consegnata solo parziale documentazione contabile e fiscale, meglio descritta nel capo di imputazione; che
era stata dimostrata, attraverso controlli incrociati, l’istituzione e tenuta delle scritture contabili per il periodo precedente al 2014 (cfr. pag. 15), che le fatture pacificamente costituiscono documenti contabili di cui è obbligatoria la conservazione e il cui occultamento per costante insegnamento giurisprudenziale integra il delitto di cui all’articolo 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74; che negli anni 2013 e 2014, allorchè il Sabato era amministratore, non era stata presentata alcuna dichiarazione fiscale sebbene la società fosse ancora operativa ed aveva prodotto ricavi. In definitiva, attraverso controlli incrociati e con l’acquisizione dell fatture pressi terzi, indicate negli allegati 10,11,12,14,18,19,21 al pvc, era dimostrata l’istituzione della documentazione contabile prima del 2014, documentazione che era stata occultata e che dell’occultamente doveva rispondere l’imputato amministratore di diritto sino al 2014 e di fatto, unico soggetto interessato a non consentire la ricostruzione del reddito, giacchè non aveva comunque adempiuto agli obblighi fiscali. Infine, la ricostruzione aliunde, sulla scorta di documentazione acquisita in sede di controlli incrociati, dei redditi e del volume degli affari sino al 2013, conferma, contrariamente all’assunto difensivo, che l’occultamento riguardava proprio il periodo in contestazione essendo state prodotte alla G. di F., nel 2015, alcune fatture relative all’anno 2011, anno in verifica, ed essendo stato dimostrato, all’esito di controlli incrociati, e dunque sulla scorta di fatture rivenute presso terzi, la produzione di reddito e l’occultamento della documentazione relativa al 2013, anno in verifica nel quale la società aveva prodotto redditi.
6. Si impone il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/01/2025