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Potere discrezionale: l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello, ribadendo che il potere discrezionale del giudice di merito nella determinazione della pena, se non arbitrario o illogico, non è sindacabile in sede di legittimità. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende è stata confermata.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Potere discrezionale del Giudice: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’esercizio del potere discrezionale da parte del giudice di merito nella determinazione della pena rappresenta un pilastro del nostro sistema giudiziario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 21754 del 2025, ci offre l’occasione per approfondire i limiti entro cui tale potere può essere esercitato e perché un ricorso che ne contesti l’operato senza evidenziare vizi logici o arbitrarietà sia destinato all’inammissibilità.

I fatti del caso e il ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catania. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di secondo grado, probabilmente in relazione alla quantificazione della pena o al bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti. Pur non entrando nei dettagli della vicenda processuale, l’ordinanza si concentra esclusivamente sulla natura e l’ammissibilità delle censure mosse alla decisione impugnata.

Il nucleo della questione portata all’attenzione della Suprema Corte riguardava la valutazione della congruità della pena, un ambito che la legge riserva ampiamente alla valutazione del giudice che ha esaminato i fatti, ovvero il giudice di merito.

Il principio del potere discrezionale nella determinazione della pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione su un principio consolidato. La graduazione del trattamento sanzionatorio, così come il giudizio di bilanciamento tra circostanze opposte (ad esempio, attenuanti contro aggravanti), rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Tali articoli forniscono al giudice una serie di criteri (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, ecc.) per commisurare una pena equa e proporzionata.

I limiti al sindacato della Corte di Cassazione

Il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge. Pertanto, una censura che miri semplicemente a una nuova valutazione della congruità della pena, senza dimostrare che la decisione del giudice di merito sia frutto di arbitrio o di un ragionamento illogico, non può essere accolta.

La Corte ha richiamato una precedente sentenza (n. 43952/2017) per sottolineare che la motivazione del giudice di merito è considerata legittima anche quando è sintetica, purché non sia contraddittoria e dia conto degli elementi ritenuti più importanti per la decisione, basandosi sui criteri dell’art. 133 c.p.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni dell’ordinanza si basano sulla distinzione netta tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Suprema Corte ha ribadito che la determinazione della pena è una valutazione complessa che spetta a chi ha avuto una conoscenza diretta del processo e delle sue prove. Tentare di ottenere in Cassazione una semplice riconsiderazione della pena, che si tradurrebbe in una nuova valutazione dei fatti, è un’operazione non consentita dalla legge.

Di conseguenza, poiché il ricorso non evidenziava un’illogicità manifesta o un’arbitrarietà nella decisione della Corte d’Appello, ma si limitava a contestarne l’esito sanzionatorio, è stato ritenuto inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale stabile e fondamentale: il potere discrezionale del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampiamente tutelato. Per contestare con successo una pena davanti alla Corte di Cassazione, non è sufficiente sostenere che sia ‘troppo alta’ o ‘ingiusta’. È necessario dimostrare, in modo specifico, che il giudice di merito ha seguito un percorso logico palesemente errato o ha preso una decisione arbitraria, violando i criteri di legge. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione sulla congruità della pena. La sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

In quali casi la Corte di Cassazione può intervenire sulla determinazione della pena?
La Corte può intervenire solo se la decisione del giudice di merito è frutto di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, e non quando ci si limita a non condividere la valutazione fatta.

Cosa succede se un ricorso sulla congruità della pena viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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