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Potere discrezionale del giudice: il caso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sulla quantificazione della pena, ribadendo l’ampio potere discrezionale del giudice di merito. La motivazione, anche sintetica, è sufficiente se non arbitraria o illogica, specialmente per pene non superiori alla media edittale.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Potere discrezionale del giudice: quando la motivazione sintetica è sufficiente?

Il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena rappresenta uno dei cardini del sistema penale, bilanciando la rigidità della legge con le peculiarità del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire i limiti di questo potere e i requisiti della motivazione che lo sostiene. La Corte ha stabilito che una motivazione sintetica è legittima, a patto che non sia arbitraria e che la pena inflitta non superi la media edittale.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Torino, che aveva parzialmente riformato una decisione di primo grado. Gli imputati, condannati per un reato legato agli stupefacenti (riqualificato ai sensi del comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/90), avevano visto la loro pena rideterminata in cinque mesi e dieci giorni di reclusione e ottocento euro di multa ciascuno.

Il Ricorso in Cassazione

Ritenendo la decisione ingiusta, gli imputati, tramite il loro difensore, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava un presunto vizio di motivazione relativo al trattamento sanzionatorio, ritenuto non adeguatamente giustificato dai giudici di secondo grado.

Il potere discrezionale del giudice e i limiti del sindacato di legittimità

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. La determinazione della misura della pena, all’interno della cornice edittale (ovvero tra il minimo e il massimo previsti dalla legge), rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. Quest’ultimo adempie al suo obbligo di motivazione anche quando valuta in modo globale e intuitivo gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.).

Il sindacato della Corte di Cassazione non può entrare nel merito della quantificazione, ma si limita a verificare che la decisione non sia il frutto di un mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la pena inflitta fosse stata correttamente giustificata in relazione al quantitativo complessivo di droga oggetto del reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Sulla base di queste premesse, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito due punti fondamentali.

In primo luogo, non è obbligatorio per il giudice di merito prendere in esame e confutare analiticamente tutti gli elementi favorevoli addotti dalla difesa. È sufficiente che la motivazione si concentri sugli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti, implicitamente disattendendo o superando tutti gli altri.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato un aspetto cruciale: poiché la pena irrogata non era superiore alla “media edittale”, non era necessaria un’argomentazione più dettagliata e approfondita. Una motivazione sintetica, purché logica e non arbitraria, è pienamente sufficiente in questi casi.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma la vasta autonomia del giudice di merito nella commisurazione della pena. Il ricorso in Cassazione per vizio di motivazione su questo punto ha scarse probabilità di successo, a meno che non si riesca a dimostrare un’assoluta illogicità o arbitrarietà nella decisione. La pronuncia ribadisce che, per pene contenute entro la media edittale, l’onere motivazionale del giudice è meno stringente, consolidando un principio di economia processuale e di fiducia nella valutazione operata nei gradi di merito. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno alla Cassa delle ammende.

Quando è sufficiente una motivazione sintetica del giudice per giustificare la pena inflitta?
Secondo la Corte, una motivazione sintetica è sufficiente quando il giudice valuta globalmente gli elementi dell’art. 133 cod. pen. e la pena irrogata non supera la media edittale. L’importante è che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico.

Il giudice è obbligato a considerare tutti gli argomenti favorevoli presentati dalla difesa?
No, non è obbligatorio. È sufficiente che il giudice faccia riferimento agli elementi che ritiene decisivi o rilevanti per la sua decisione, potendo così disattendere o ritenere superati tutti gli altri argomenti senza doverli confutare punto per punto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, determinata dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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