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Potere discrezionale del giudice: i limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la quantificazione della pena decisa dalla Corte d’Appello. La decisione riafferma che il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena tra il minimo e il massimo edittale può essere contestato solo se la motivazione risulta manifestamente illogica o arbitraria.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Potere Discrezionale del Giudice: Quando la Cassazione Può Intervenire?

Il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena rappresenta uno dei cardini del nostro sistema penale. Tuttavia, quali sono i limiti di questa discrezionalità e quando è possibile contestarla davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro riepilogo dei principi consolidati, dichiarando inammissibile un ricorso che lamentava un’ingiustificata quantificazione della sanzione.

Il Caso in Esame: La Contestazione sulla Misura della Pena

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente lamentava che i giudici di merito avessero applicato una pena leggermente superiore al minimo previsto dalla legge, senza fornire una motivazione adeguata per questo scostamento. A suo avviso, la decisione di non attenersi al minimo edittale non era sufficientemente giustificata.

La Decisione della Corte e il Potere Discrezionale del Giudice

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Nella sua ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: la determinazione della misura della pena, all’interno della cornice edittale (ovvero tra il minimo e il massimo stabiliti dalla norma), rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito.

Questo potere viene esercitato valutando una serie di criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole. Il giudice non è tenuto a fornire una motivazione analitica per ogni singolo elemento considerato, essendo sufficiente una giustificazione sintetica che dia conto del percorso logico seguito.

I Limiti al Controllo della Cassazione sul Potere Discrezionale del Giudice

Il punto cruciale dell’ordinanza riguarda i confini del controllo esercitabile dalla Corte di Cassazione. Il cosiddetto “sindacato di legittimità” non consente alla Suprema Corte di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. L’intervento della Cassazione è ammesso solo in casi eccezionali, ovvero quando la quantificazione della pena è il risultato di:

1. Mero arbitrio: una decisione presa senza alcun criterio logico-giuridico.
2. Ragionamento illogico: una motivazione che presenta palesi contraddizioni o viola le regole della logica.

Al di fuori di queste ipotesi, la scelta del giudice di merito è insindacabile.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che la determinazione della pena rientra nel vasto potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere viene esercitato attraverso una valutazione, anche sintetica, dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che lo scostamento dal minimo legale, definito “pur minimo” ma comunque all’interno dei valori medi previsti dalla norma, fosse stato giustificato in modo adeguato, senza sfociare nell’arbitrio o nell’illogicità. Pertanto, non sussistevano i presupposti per un intervento correttivo da parte della Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: percorrere la via del ricorso in Cassazione per contestare la sola entità della pena è un’impresa ardua. Se la pena è stata fissata entro i limiti di legge e la motivazione del giudice non è palesemente illogica o arbitraria, il ricorso sarà dichiarato inammissibile. La conseguenza, come in questo caso, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, qui quantificata in 3.000 euro.

Un giudice può stabilire liberamente l’entità di una pena?
No. Il giudice possiede un ampio potere discrezionale, ma deve sempre operare all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato (i cosiddetti valori edittali) e fondare la sua decisione sui criteri indicati dall’art. 133 del codice penale.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo alta, sebbene rientri nei limiti di legge?
Sì, ma solo a condizioni molto restrittive. Secondo quanto ribadito in questa ordinanza, la Corte di Cassazione può annullare la decisione solo se la quantificazione della pena è il risultato di puro arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, non potendo entrare nel merito della scelta effettuata dal giudice.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna della parte che ha proposto il ricorso al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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