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Potere discrezionale del giudice: i limiti al ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la pena inflittagli. La Corte ha ribadito che la valutazione degli elementi per la determinazione della pena, come i precedenti penali e la gravità del comportamento, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è logica e congrua.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Potere Discrezionale del Giudice: Quando la Scelta sulla Pena è Insindacabile

L’ordinanza n. 12387/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena e sui limiti entro cui tale potere può essere contestato in sede di legittimità. Spesso, l’esito di un processo penale si concentra non solo sull’accertamento della colpevolezza, ma anche sulla quantificazione della sanzione. Questa decisione, tuttavia, non è arbitraria, ma guidata da precisi criteri di legge. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato il caso.

I Fatti del Caso: La Contestazione sulla Sanzione

Il caso riguarda un soggetto condannato per il delitto di cui all’art. 457 del codice penale. Dopo una prima condanna, la Corte d’Appello aveva già parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena inflitta. Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione per la mancata applicazione della sola sanzione pecuniaria.

In sostanza, la difesa sosteneva che il giudice avrebbe dovuto limitarsi a imporre una multa, senza applicare pene più afflittive. La richiesta si basava su una diversa interpretazione degli elementi che il giudice deve considerare per commisurare la pena.

La Decisione della Cassazione e il Potere Discrezionale del Giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la valutazione degli elementi per la determinazione della pena è una prerogativa del giudice di merito, il cui esercizio del potere discrezionale del giudice non è censurabile in Cassazione se la motivazione fornita è logica, coerente e non manifestamente errata.

le motivazioni

La Corte ha spiegato che il giudice d’appello aveva correttamente motivato la sua decisione, basandosi sugli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale. In particolare, erano stati considerati due fattori decisivi:

1. I precedenti penali: L’imputato non era incensurato e aveva precedenti specifici, indicativi di una certa propensione a delinquere.
2. La pervicacia: La condotta dell’imputato, caratterizzata dalla consumazione di un reato continuato, dimostrava una particolare ostinazione nel violare la legge.

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha fornito una giustificazione congrua e logica per non applicare la sola pena pecuniaria. Il tentativo della difesa di proporre una diversa valutazione di questi elementi, suggerendo che altri fattori avrebbero dovuto prevalere, è stato considerato un tentativo di riesaminare il merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il ricorso è stato quindi definito “versato in fatto”, ovvero concentrato su una rivalutazione delle prove e delle circostanze che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

le conclusioni

Con questa ordinanza, la Suprema Corte ribadisce che il potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena è ampio, ma non illimitato. È ancorato ai criteri dell’art. 133 c.p. e deve essere supportato da una motivazione adeguata. Tuttavia, una volta che tale motivazione sia stata fornita in modo logico e coerente, non è possibile ricorrere in Cassazione semplicemente perché non si condivide la valutazione del giudice. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per l’imputato non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione palesemente infondata.

Posso contestare in Cassazione la scelta del giudice sulla misura della pena?
No, non se la contestazione si basa su una diversa valutazione dei fatti. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si lamenta una violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice, non per chiedere una semplice riconsiderazione degli elementi già valutati nel merito.

Quali elementi considera il giudice per decidere la pena?
Il giudice esercita il suo potere discrezionale basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale, che includono la gravità del reato (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e modalità dell’azione) e la capacità a delinquere del colpevole (precedenti penali, condotta di vita, etc.).

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente (come nel caso di motivi manifestamente infondati), la legge (art. 616 c.p.p.) prevede che il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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