Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18553 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18553 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 14/08/1979
avverso la sentenza del 03/12/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di tentato furto aggravato;
Considerato che, con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 337, comma 3, cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione con riferimento alla titolarità dei poteri del soggetto che aveva proposto la querela;
Rilevato che il motivo è reiterativo di quello già proposto in sede di appello, che la Corte territoriale, ponendosi nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità (ex multis, Sez. 2, n. 11970 del 22/01/2020, Torna, Rv. 278831), ha correttamente disatteso, evidenziando che NOME COGNOME, quale socio della società in nome collettivo che gestiva il bar dove era stato tentato il furto, aveva di per sé la rappresentanza per tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale, senza che dovesse essere indicata la fonte del potere di rappresentanza;
Considerato che, mediante il secondo motivo, l’imputato lamenta che la decisione non ha congruamente argomentato in base alle prove raccolte in ordine alla sussistenza della sua responsabilità penale in conformità alla regola di cui all’art. 533 cod. proc. pen., tenuto conto, peraltro, che la testimonianza di COGNOME NOME, il quale avrebbe assistito al fatto, era stata imprecisa e che gli operanti da questo allertati erano giunti solo dopo la verificazione del presunto episodio delittuoso, e si trovavano circa un km di distanza;
Ritenuto tale motivo inammissibile poiché pretende, a fronte di una congrua motivazione della decisione impugnata sulle analoghe censure spiegate in appello, una rinnovata valutazione delle prove che è preclusa in sede di legittimità se il ragionamento seguito dal giudice di merito è, come nella fattispecie in esame, privo di manifesti vizi di logicità (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944);
Considerato, infatti, che, come ha posto in rilievo la Corte d’Appello, la responsabilità dell’imputato è stata accertata tenendo conto sia delle dichiarazioni del teste COGNOME che di quelle del vice-brigadiere COGNOME che aveva sorpreso il ricorrente e il complice, i quali, alla sua vista, si erano allontanati rapidamente lasciando in loco il martello oggetto del sequestro, l’utilizzo del quale era compatibile con i rumori descritti dal COGNOME (pag. 3-4 della decisione impugnativo);
Rilevato che, mediante il terzo motivo, il ricorrente spiega censure assolutamente generiche rispetto all’entità della pena inflitta, senza effettuare alcun confronto con le ragioni della decisione, con conseguente inammissibilità della censura (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 01);
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Ritenuto, pertanto, che il ricorso devono essere dichiarato inammissibile,
con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 23/04/2025