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Potere di impugnazione: quando si consuma il diritto?

La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 8662 del 2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato straniero. Il suo secondo ricorso per riesame è stato respinto perché il potere di impugnazione si era già consumato con il primo tentativo, anche se dichiarato inammissibile. La Corte ha sottolineato la mancata prova da parte della difesa riguardo la notifica dell’ordinanza non tradotta, rendendo il ricorso generico.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Potere di Impugnazione: Quando si Esaurisce il Diritto di Ricorrere?

Il potere di impugnazione rappresenta un pilastro fondamentale del nostro sistema giuridico, garantendo il diritto a un doppio grado di giudizio. Tuttavia, questo diritto non è illimitato e il suo esercizio è soggetto a regole precise, la cui violazione può portare alla sua “consumazione”, ovvero all’esaurimento della possibilità di contestare un provvedimento. La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 8662 del 2024, offre un’importante analisi su questo tema, in particolare nel contesto di un indagato straniero e della traduzione degli atti giudiziari.

I Fatti di Causa: Un Doppio Ricorso e una Questione di Lingua

Il caso riguarda un cittadino straniero, arrestato in esecuzione di un mandato di arresto europeo, nei cui confronti veniva disposta la misura della custodia cautelare in carcere. La difesa presentava una prima istanza di riesame avverso il provvedimento, che veniva però dichiarata inammissibile dal Tribunale perché inoltrata a un indirizzo di posta elettronica errato.

Successivamente, la difesa presentava una seconda istanza di riesame. La tesi difensiva sosteneva che questa nuova istanza fosse ammissibile, in quanto il termine per l’impugnazione doveva decorrere non dalla data del primo provvedimento (in lingua italiana), ma dalla data in cui all’indagato era stata notificata l’ordinanza tradotta nella sua lingua madre, lo spagnolo. Secondo la difesa, solo da quel momento l’indagato aveva avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto e poteva esercitare efficacemente il suo diritto di difesa. Il Tribunale di Roma, tuttavia, dichiarava inammissibile anche questa seconda istanza, ritenendo che il potere di impugnazione si fosse già consumato con la presentazione della prima, sebbene errata.

La Decisione sul Potere di Impugnazione

Contro la decisione del Tribunale, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione. L’argomento centrale era la violazione dell’articolo 309 del codice di procedura penale. La difesa ribadiva che l’istanza di riesame successiva alla notifica della traduzione doveva considerarsi una nuova e autonoma impugnazione, poiché la precedente era basata su un atto (quello in italiano) non comprensibile per l’assistito.

Le Motivazioni della Cassazione: L’Onere della Prova

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la correttezza del principio secondo cui il termine per impugnare per un imputato alloglotta decorre dalla notifica dell’atto tradotto, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede in un’errata interpretazione del principio di diritto, ma nella sua applicazione pratica e, soprattutto, nell’onere della prova che grava sulla parte che ricorre.

I giudici di legittimità hanno rilevato una “assoluta genericità” nel ricorso. La difesa, infatti, non aveva fornito alcuna prova concreta che la prima ordinanza notificata fosse effettivamente priva di traduzione. Inoltre, non era stata indicata con precisione la data in cui la presunta ordinanza tradotta sarebbe stata notificata, limitandosi a un vago riferimento al mese e all’anno. In assenza di elementi concreti e di una puntuale dimostrazione dei fatti posti a fondamento del ricorso, la Corte non ha potuto far altro che confermare la decisione del Tribunale. La mancanza di prove idonee a confutare la tesi della consumazione del potere di impugnazione ha reso il ricorso generico e, quindi, inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel processo penale, non è sufficiente enunciare un principio di diritto corretto, ma è necessario fornire al giudice gli elementi di fatto concreti che ne supportino l’applicazione al caso specifico. L’onere della prova spetta a chi presenta l’impugnazione. La genericità delle censure e la mancata allegazione di prove decisive possono portare all’inammissibilità del ricorso, anche quando le argomentazioni legali di fondo sono astrattamente valide. Per gli avvocati, ciò significa che ogni istanza deve essere meticolosamente documentata, specialmente quando si invocano diritti legati alla comprensione linguistica degli atti processuali.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare una misura cautelare per un indagato che non capisce l’italiano?
In linea di principio, il termine per l’impugnazione decorre dalla notifica del provvedimento tradotto in una lingua nota all’indagato, poiché solo in quel momento egli può avere piena comprensione dell’atto a suo carico.

Presentare un ricorso poi dichiarato inammissibile consuma il diritto di presentarne un altro?
Sì, secondo la decisione del Tribunale confermata implicitamente dalla Cassazione, l’esercizio del diritto di impugnazione, anche se effettuato in modo errato (ad esempio, inviando l’atto a un indirizzo sbagliato) e quindi dichiarato inammissibile, consuma il potere di riproporre la stessa impugnazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’indagato in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della sua “assoluta genericità”. La difesa non ha fornito la prova concreta che la prima ordinanza non fosse tradotta e non ha specificato la data esatta di notifica della versione tradotta, rendendo impossibile per la Corte valutare nel merito la fondatezza della censura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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