Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8072 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8072 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
oggi,
2 7 FEI3, 2025
sul ricorso proposto dal COGNOME NOME nato a Erice il 09/03/1979; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 05/03/2024 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; GLYPH IL udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME NOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE avv.to NOME Davide e del difensore del Comune di Erice avv.to NOME COGNOME NOME che hanno chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Z!ARro
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Palermo riforma parzialmente la sentenza del tribunale di Trapani del 14.7.2023, dichiarando n doversi procedere nei confronti di COGNOME Riccardo in ordine ai reati ascrit perché estinti per intervenuta prescrizione e confermava nel resto la sente impugnata che riportava altresì statuizioni civili di condanna.
Avverso la predetta sentenza COGNOME Riccardo mediante il proprio difensore ha proposto, con cinque motivi, ricorso per cassazione.
Con il primo motivo ha dedotto vizi di violazione di legge anche processuale e di motivazione, in relazione alla intervenuta ammissione della parte civile, per mancanza di legittimazione in capo al vice sindaco che sottoscrisse la procura speciale per la costituzione del comune costituitosi parte civile, sebbene a fronte di delega in tal senso conferita dalla giunta Comunale al Sindaco, in conformità allo Statuto comunale, non risultasse alcun conferimento al Sindaco medesimo di un potere di ulteriore delega sul punto né era indicato alcun suo impedimento né comunque delega espressa dal Sindaco a favore del vicesindaco, per firmare la procura speciale; con conseguente inapplicabilità dell’art. 87 dello Statuto comunale, che prevede i poteri del vicesindaco in caso di assenza o impedimento del sindaco.
Con il secondo motivo rappresenta vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al capo a). La motivazione sarebbe viziata anche a seguito di travisamento di dati documentali oltre che per una erronea analisi giuridica. La motivazione non avrebbe altresì tenuto conto di doglianze difensive.
Si citano foto redatte su incarico dell’imputato e foto sullo stato dei luoghi del dicembre del 2018 e si rappresenta che tale comparazione, in aggiunta ad altri dati istruttori citati in ricorso e alla illustrazione del procedimento relativo progetto di parcheggio e al suo iter amministrativo, avrebbe dovuto condurre a conclusioni diverse da quelle, illogiche, assunte dai giudici in termini di responsabilità. Si contesta la decisione dei giudici per cui l’attività di pulizia del terreno non sarebbe risultata di natura agricola e avesse, piuttosto, dato luogo ad un mutamento del tessuto urbanistico. E si riportano a tal fine foto da fonte aperta Google street Wiev oltre a sostenersi che il giudizio criticato si sarebbe fondato sull’esame di foto parziali. Si sostiene che se la corte avesse esaminato le foto da fonte aperta prima citate, che sarebbero state rappresentate nell’atto di gravame, la corte avrebbe escluso ogni mutamento dell’area.
Con il terzo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al capo b). Si contesta la decisione della corte per cui il ricorrente avrebbe agito non in assenza di autorizzazione ma in violazione della stessa. La motivazione al riguardo si ridurrebbe a poco più di un rigo. Mentre trattavasi di intervento che, a prescindere dalla realizzazione di un parcheggio, era conforme al predetto titolo.
Con il quarto motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione, in ordine al capo c). Non sarebbe adeguata la motivazione. E non si sarebbe risposto alle doglianze difensive. Si applicherebbe una disciplina non pertinente al sito in esame.
5. COGNOME Con il quinto motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione, in ordine al capo d). Si sarebbero dati per presupposti fatti invece da provare, come la presenza di dune e vegetazione. Mentre le presunte dune sarebbero state solo accumuli di sabbia portata dal vento e in tal senso si richiamano di nuovo le foto da fonte aperta prima citate. Egualmente si argomenta per la ritenuta sussistente vegetazione, anche citando altre foto che sarebbero state allegate al ricorso e già allegate all’atto di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Innanzitutto, la questione proposta va esaminata sul piano giuridico con particolare riguardo alla specifica fattispecie e al tipo di vizio di legittimit dedotto rispetto alla procura speciale, rilasciata dal Vice Sindaco.
Nel caso in esame, trattandosi di procura rilasciata da un organo amministrativo, viene in rilievo, prima ancora che il tema della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, citato dai giudici di merito sulla scorta di un indirizzo di legittimità delle sezioni civili della Cassazione, l’esercizio di un potere amministrativo, come del resto di fatto sostenuto dallo stesso ricorrente il quale esclude la legittimità dell’atto anche per la mancanza di apposita delega, sul punto, da parte del Sindaco al Vice sindaco.
Si deve allora premettere che il dovere del giudice penale di verificare il legittimo esercizio del potere amministrativo deve essere commisurato alla peculiarità della fattispecie concreta che viene in rilievo e quindi assume effettiva possibile operatività solo per quei vizi dell’atto o più in generale della funzione, la cui esistenza possa incidere di per sé su posizioni giuridiche soggettive dell’interessato.
In proposito, occorre rammentare che a fronte del combinato disposto degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all, e) la giurisprudenza ha intrapreso un lungo percorso di approfondimento.
Si è in proposito inizialmente evidenziato che le norme in questione non introducono affatto un principio generalizzato di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi da parte del giudice ordinario (sia esso civile o penale) per esigenze di diritto oggettivo, ma che, al contrario, il controllo sulla legittimità dell’atto amministrativo è stato rigorosamente limitato dal legislatore ai soli atti incidenti negativamente sui diritti soggettivi ed alla specifica condizione che si tratti di accertamento incidentale che lasci persistere gli effetti che l’atto medesimo è capace di produrre all’esterno del giudizio. Con la conseguenza per cui la normativa in questione non potrebbe trovare applicazione per quegli atti
amministrativi che, lungi dal comportare lesione di un diritto soggettivo, rimuovono invece un ostacolo al loro libero esercizio (nulla osta, autorizzazioni) o addirittura li costituiscono (concessioni).
Laddove una diversa ricostruzione avrebbe segnato, secondo tale iniziale impostazione, non solo l’estensione al diritto oggettivo di una regola dettata unicamente a tutela dei diritti soggettivi, ma altresì – con violazione del principio della divisione dei poteri – l’attribuzione al giudice penale di un potere di controllo e di ingerenza esterna sull’attività amministrativa e, quindi, l’esercizio di un’attività gestionale demandata dalla legge ad altro potere dello Stato. Senza che tuttavia fosse escluso che in determinati casi il giudice penale potesse egualmente conoscere dell’illegittimità dell’atto amministrativo, ma non sul fondamento del potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo riconosciutogli dagli artt.4 e 5 della legge. del 1365, bensì in base o ad una esplicita previsione legislativa (come, ad esempio, avviene con il disposto dell’art.650 c. p.), ovvero, nell’ambito dell’interpretazione ermeneutica della norma penale, allorquando l’illegittimità dell’atto amministrativo si presenti come elemento essenziale della fattispecie criminosa (Sez. U, n. 3 del 31/01/1987 Rv. 176304 – 01). Lungo tale solco, la giurisprudenza di legittimità ha poi ampliato pur non generalizzandolo – il potere di disapplicazione in esame, osservando che dalla congiunta lettura degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. e), abolitiva del contenzioso amministrativo, si evince che il potere dovere del giudice penale di disapplicare gli atti amministrativi non conformi a legge si esercita con riguardo non solo a quelli, fra tali atti, che diano luogo all’estinzione o alla modifica di diritti soggettivi, ma anche a quelli, come le concessioni o le autorizzazioni, che costituiscono diritti soggettivi o rimuovono ostacoli al loro esercizio; e ciò anche quando tali atti non siano frutto di collusione criminosa fra l’organo amministrativo ed il destinatario (Sez. 3, n. 2304 del 18/06/1999 Rv. 214976 – 01), Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Entro tale quadro, rimasto sostanzialmente immutato, l’attenzione si è spostata talvolta sulla natura del vizio dedotto e sulla sua capacità di incidere su una posizione soggettiva, così da poter rientrare nell’operatività del potere di disapplicazione. Si è così osservato che il giudice penale non ha il potere di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi che non comportano una lesione dei diritti soggettivi, a meno che tale potere non trovi fondamento in una esplicita previsione legislativa, ovvero qualora la legalità dell’atto amministrativo si presenti, essa stessa, come elemento essenziale della fattispecie criminosa. Con la conseguenza per cui è ammesso il sindacato sull’atto amministrativo quando questo sia del tutto mancante dei requisiti di forma e di sostanza o inesistente, perchè emesso da un organo assolutamente privo di potere, oppure frutto di attività criminosa da parte del soggetto pubblico che lo ha adottato o di quello
privato che lo ha conseguito, mentre è escluso nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere, pure sussistente, di emettere il provvedimento (Sez. 4, n. 38824 del 17/09/2008 Rv. 241064 – 01 Raso). Conformemente si è anche osservato, più di recente, che il sindacato da parte del giudice penale sull’atto amministrativo è ammissibile nell’ipotesi di carenza di potere, che si configura allorché l’emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni formali e sostanziali previste dalla legge, mentre non è consentito nell’ipotesi di violazione delle norme che regolano l’esercizio del potere, poiché in tal caso l’atto è soltanto espressione dell’esercizio abusivo, distorto o genericamente illegittimo di un potere tuttavia esistente, onde soltanto se sia frutto di attività criminosa può essere disapplicato da parte del giudice ordinario (Sez. 3, n. 18530 del 16/03/2018 Cc. (dep. 02/05/2018) Rv. 273214 01 Bianchi).
E’ in questa chiave che va esaminato il vizio dedotto nel caso in esame, rispetto ad una fattispecie che evoca un atto, quale il conferimento di procura speciale, che non appare in grado di incidere – immediatamente e direttamente su diritti soggettivi, né rispetto ad essa il ricorrente deduce una carenza del potere esercitato – posto che, senza negare la legittimazione dell’ente comunale a disporre una costituzione di parte civile, in particolare attraverso il Sindaco o, a date condizioni, attraverso il Vice sindaco, si lamenta, piuttosto, la pretesa mancanza di condizioni formali di legittimazione da parte del Vice sindaco (delega rilasciata dal Sindaco), o la mancanza di motivazione circa la eventuale impossibilità o impedimento a provvedere da parte del sindaco; quindi, in altri termini, si lamenta l’esercizio di un potere sussistente ma non regolarmente espletato
In tale contesto appare evidente come risulti assente tanto la prospettazione della incidenza della procura in parola su diritti soggettivi dell’istante tanto la prospettazione della carenza del potere esercitato, quali profili che, soli, lo si ribadisce, possono legittimare la disapplicazione, da parte del giudice penale, dell’atto, funzionale alla esclusione, in questo caso, della costituzione della parte civile pubblica. In particolare, posta la sussistenza, giova ripeterlo, del potere di costituzione di parte civile in capo all’ente comunale, a mezzo di suoi organi quali il Sindaco o il Vice Sindaco, la ritenuta violazione di norme che disciplinano il potere espressivo dell’atto amministrativo di conferimento della procura speciale e ne definiscono in sostanza la “procedimentalizzazione”, non è in grado di per sé di operare immediatamente e direttamente su posizioni giuridiche interessate dall’avvenuta costituzione di parte civile.
Portando a conclusione tali considerazioni, si deve ritenere, quindi, che non è sufficiente, per invocare il potere-dovere di eventuale disapplicazione dell’atto
amministrativo, da parte del giudice penale – come invece accaduto nel caso di specie -, la mera deduzione dell’assenza dei presupposti per l’intervento del vice sindaco ovvero la omessa motivazione circa la loro esistenza. Essendo necessario, piuttosto, prospettare l’incidenza dell’omissione o carenza, sui diritti su cui incide l’atto di procura speciale, di fatto insussistente, posto che la procura in parola è solo funzionale ad una partecipazione processuale del Comune, dall’evento del tutto incerto ed eventuale.
Consegue in lakri termini, la insufficienza, ai fini di quella che, in sostanza, è evocata come disapplicazione dell’atto amministrativo, della deduzione dell’omessa delega dal sindaco al vicesindaco ovvero della omessa motivazione circa la impossibilità per il primo di provvedere al rilascio, direttamente, di procura speciale.
In tale quadro, va aggiunto che, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, alla luce dello Statuto del Comune di Erice, e della deduzione difensiva, la lettera g) dell’art. 69 appare conferire alla Giunta solo il potere di dare mandato difensivo al difensore, mentre il potere di rappresentanza (e quindi di conferimento di procura speciale) appare distinto e pienamente affidato al Sindaco, ex art. 79 comma 1 e 80 comma 1 lett. a) oltre che 84, con possibilità, ex art. 87, “qualora sia assente o impedito”, di essere sostituito dal vice sindaco. A conferma, lo si ribadisce, sia della assenza di ogni possibile carenza di potere in caso di procura speciale sottoscritta dal vicesindaco, sia di astratta possibilità di vizi, in termini di mancanza dei presupposti di assenza o impedimento del Sindaco ex art. 87 o di motivazione al riguardo, che possano comunque rilevare in funzione di una disapplicazione dell’atto amministrativo.
Tale essendo la ragione giuridica preliminare della infondatezza della censura, la risposta della Corte di appello, che ha anche richiamato una massima tutt’altro che eccentrica rispetto al caso di specie, appare nella sostanza corretta, seppur fondata su altro argomento, quale quello della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo. In proposito, si richiama il principio per cui il vizio di motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 NOME).
2.11 secondo motivo è inammissibile. Sia perchè, quanto al dedotto travisamento, manca una completa allegazione dei dati documentali citati in ricorso, laddove tra gli allegati si cita solo la procura speciale del ricorrente, lo Statuto del comune e un “elenco siti natura 2000 Sicilia”. Sia perchè si trascura il principio per cui, in tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori commessi nella valutazione del significato probatorio della prova (in tal senso quanto alla prova dichiarativa, ma con principio valido rispetto ad ogni tipo di prova, sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 (dep. 20/02/2018 ) Rv. 272406 – 01). Ed invero, la proposta di una valutazione di foto comunque non in grado di fornire una verità oggettiva, tanto più perchè avrebbero dovute essere “comparate” ad altre foto, ed inserite nell’ambito di una più complessiva analisi, anche logica, di dati istruttori, come espressamente prospettato in ricorso, evidenzia l’inappropriata rivendicazione di un vizio di travisamento e, piuttosto, lo sconfinamento in una direzione meramente rivalutativa, inammissibile in questa sede. Infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507). Quanto al vizio di manifesta illogicità esso, come quello di mancanza e contraddittorietà della medesima, deve essere di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità vertere su difetti di macroscopica evidenza, mentre rimangono ininfluenti le minime incongruenze e si devono considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un., n. 12 del 31 maggio 2000, Rv. n. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Rv. n. 226074). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.11 terzo motivo è inammissibile in quanto meramente assertivo della diversa prospettazione della valutazione finale da elaborare, così da tradursi, anche in tal caso, in una mera rivalutazione del merito.
Anche il quarto motivo è meramente rivalutativo dei fatti e delle prove. Inoltre, quanto alla mancata risposta di doglianze di appello, non specificate ricorso, si trascura il principio per cui il motivo di ricorso non può tro specificazione attraverso l’indeterminato rinvio a non meglio illustrati motivi gravame sul punto, atteso che, piuttosto, è inammissibile il ricorso p cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte d giudice dell’appello, delle censure articolate con il relativo atto di grav rinviando genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto, al fine consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli element fatto da sottoporre a verifica. (cfr. Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014 ( 04/09/2015) Rv. 264879 – 01 B).
Anche il quinto motivo è inammissibile, siccome meramente rivalutativo del merito, prospettandosi una diversa analisi degli elemen istruttori quanto alla presenza di dune e vegetazione.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato con conseguente onere per il ricorrente, ai s dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. E condanna alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa in favore del parte civile Associazione RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano in euro 3686,00 euro oltre oneri di legge. Condanna altresì l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e dife sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Erice che liquida complessivi euro 3686,00 euro oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali. Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3686,00 euro oltre accessori di legg Condanna altresì l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e dife sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Erice che liquida complessivi euro 3686,00 euro oltre accessori di legge Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2024.