Possesso Ingiustificato Arnesi: L’Onere della Prova spetta a te
Il possesso ingiustificato arnesi atti allo scasso è un reato che spesso genera dubbi interpretativi, specialmente riguardo a cosa costituisca una “giustificazione” valida. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza, ribadendo un principio cruciale: spetta a chi viene trovato con tali strumenti dimostrarne l’uso lecito e attuale. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Un individuo, precedentemente condannato dalla Corte d’Appello di Venezia per il reato previsto dall’art. 707 del Codice Penale, ha presentato ricorso in Cassazione. L’imputato lamentava una violazione di legge e vizi di motivazione, sostenendo che non fossero stati provati adeguatamente gli elementi costitutivi del reato.
Il ricorrente, in sostanza, contestava la valutazione fatta dai giudici di merito riguardo al possesso di alcuni strumenti considerati “atti allo scasso”. La sua difesa mirava a smontare l’accusa, sostenendo che la semplice detenzione di tali oggetti non fosse, di per sé, sufficiente a configurare il reato.
La Decisione della Corte: Il Possesso Ingiustificato Arnesi e l’Onere della Prova
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato” e quindi inammissibile. I giudici supremi hanno colto l’occasione per riaffermare con forza l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in materia.
Il punto centrale della decisione è l’inversione dell’onere della prova. Contrariamente a quanto accade per molti altri reati, nel caso del possesso ingiustificato arnesi, una volta accertata la detenzione o l’immediata disponibilità di strumenti atti allo scasso, è l’imputato a dover fornire una “seria giustificazione” della loro destinazione.
La Giustificazione Deve Essere “Seria” e “Attuale”
La Corte ha specificato che la giustificazione non può essere generica o astratta. Non è sufficiente spiegare a cosa potrebbero servire quegli strumenti in un contesto comune o generale (ad esempio, per lavori di bricolage). L’imputato deve, invece, spiegare in modo credibile e convincente a cosa servivano in quel preciso momento e in quelle circostanze, dimostrando una finalità lecita e attuale.
Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva già evidenziato come l’imputato non avesse fornito alcuna prova concreta sull’uso lecito degli strumenti al momento del ritrovamento, rendendo così la sua condanna legittima.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura rigorosa dell’art. 707 c.p. e sulla giurisprudenza consolidata (richiamando esplicitamente la sentenza n. 52523 del 2016). Il legislatore, con questa norma, ha inteso prevenire la commissione di reati contro il patrimonio, punendo la sola detenzione di strumenti che, per loro natura e per le circostanze, creano un pericolo concreto. La ratio della norma impone quindi a chi possiede tali oggetti di essere in grado di spiegarne immediatamente e plausibilmente la ragione lecita. La mancanza di una tale spiegazione, o una spiegazione palesemente vaga, è sufficiente per integrare il reato. La decisione, pertanto, non fa che confermare un principio di diritto già ben radicato, volto a tutelare la sicurezza pubblica e a responsabilizzare chi detiene strumenti potenzialmente pericolosi.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante: chiunque porti con sé strumenti come cacciaviti, pinze o altri utensili potenzialmente utilizzabili per scopi illeciti deve essere pronto a giustificarne il possesso in modo serio e circostanziato. La semplice affermazione di un loro uso generico non basterà a evitare una condanna per possesso ingiustificato arnesi. Questa decisione rafforza l’onere di responsabilità individuale e chiarisce che la valutazione del giudice si concentra sulla liceità della destinazione degli strumenti nel momento e nel luogo del controllo.
Cosa si intende per possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso?
Si configura questo reato quando una persona viene trovata in possesso o con l’immediata disponibilità di strumenti che possono essere usati per commettere furti o effrazioni, senza essere in grado di fornire una spiegazione valida e credibile sul motivo lecito di tale possesso in quel preciso momento.
Su chi ricade l’onere di giustificare il possesso di tali strumenti?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova ricade sull’imputato. Una volta che le forze dell’ordine accertano il possesso degli arnesi, spetta alla persona fermata dimostrare che la loro destinazione è attuale e lecita.
È sufficiente fornire una spiegazione generica sull’uso possibile degli arnesi?
No. La Corte ha chiarito che non è sufficiente dare una spiegazione generica o plausibile in astratto (es. “mi servono per fare dei lavoretti”). La giustificazione deve essere seria, specifica e riferita alla situazione concreta del momento in cui avviene il ritrovamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22434 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22434 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e i vizi motivazionali in punto di prova degli elementi costitutivi del reato è manifestamente infondato in quanto si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo di cui all’art. 707 cod. pen. e con la consolidata giurisprudenza di legittimità;
che, invero, in tema di possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, è sufficiente, ai fini della configurabilità del reato, il suddetto possesso o la l immediata disponibilità, incombendo all’imputato l’obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale e lecita degli strumenti rinvenuti presso di lui, ovverosia di spiegare a cosa servano quegli strumenti nel momento del ritrovamento e non di dare una spiegazione – quand’anche plausibile – su un generale, comune e/o possibile utilizzo degli stessi (Sez. 2, n. 52523 del 03/11/2016, Cicchi, Rv. 268410 e in motivazione);
che, nella specie, la Corte territoriale ha ampiamente esplicitato, con argomentazione esente da criticità giustificative, come l’imputato non avesse fornito una seria giustificazione sull’attualità della lecita destinazione (si veda, particolare, pag. 3);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 16 aprile 2024.