Possesso Documento Falso: Quando il Reato è Più Grave? L’Analisi della Cassazione
Il possesso documento falso rappresenta un reato contro la fede pubblica di notevole gravità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura per distinguere le diverse fattispecie previste dalla legge, in particolare quando il documento riporta la fotografia del possessore ma generalità mendaci. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche e i principi di diritto affermati.
Il Caso: Dalla Condanna in Appello al Ricorso in Cassazione
Un soggetto veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte d’Appello per i reati di cui agli artt. 497-bis, 477 e 482 del codice penale. La condanna riguardava, tra le altre cose, il possesso di un documento di identità valido per l’espatrio che, pur riportando la sua fotografia, conteneva generalità false. Ritenendo ingiusta la sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.
Primo Motivo: Il Possesso di Documento Falso e la Distinzione Cruciale
Il cuore della difesa si concentrava sulla corretta qualificazione giuridica del reato. L’imputato contestava la violazione dell’art. 497-bis, secondo comma, del codice penale, sostenendo che la sua condotta dovesse rientrare nella fattispecie meno grave prevista dal primo comma dello stesso articolo.
La Tesi Difensiva
Secondo il ricorrente, il semplice possesso di un documento con la propria foto e dati altrui non configurerebbe l’ipotesi più grave del reato. Questa tesi mirava a ottenere una riqualificazione del fatto in un illecito punito con una pena inferiore.
La Posizione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato categoricamente questa interpretazione, definendola “manifestamente infondata”. Gli Ermellini hanno chiarito che la condotta contestata integra senza dubbio il reato previsto dal secondo comma dell’art. 497-bis c.p. La logica è stringente: il fatto che il documento riporti la fotografia del possessore con generalità false è una prova evidente della sua partecipazione, o concorso, nella contraffazione del documento stesso. Non si tratta di un semplice possesso passivo, ma di una condotta che presuppone un coinvolgimento attivo nella falsificazione. Questa interpretazione è in linea con la giurisprudenza consolidata della stessa Corte.
Secondo Motivo: Attenuanti e Sospensione della Pena
Il secondo motivo di ricorso lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e il diniego della sospensione condizionale della pena. Anche questo motivo è stato giudicato infondato.
Il Ruolo Discrezionale del Giudice di Merito
La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: la graduazione della pena e la concessione dei benefici di legge rientrano nella piena discrezionalità del giudice di merito. Queste valutazioni si basano sui criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che tengono conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo. La Corte di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha fondato la sua decisione su argomentazioni chiare e consolidate.
Inammissibilità e Conferma della Responsabilità
Entrambi i motivi di ricorso sono stati ritenuti manifestamente infondati. Il primo, perché in palese contrasto con il dato normativo e con la giurisprudenza consolidata. Il secondo, perché mirava a ottenere una rivalutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Il Principio di Diritto sul Possesso Documento Falso
La decisione riafferma un importante principio: il possesso documento falso con la propria fotografia e generalità di un’altra persona integra il reato più grave previsto dall’art. 497-bis, comma secondo, c.p. Questo perché tale circostanza dimostra una partecipazione diretta alla falsificazione, escludendo l’applicabilità della fattispecie meno grave del mero possesso.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di reati contro la fede pubblica. Essa serve da monito: la creazione e l’utilizzo di documenti di identità falsi, anche se solo parzialmente (con foto propria e dati altrui), sono considerati una condotta di particolare gravità, che implica un coinvolgimento attivo nella contraffazione. Inoltre, la pronuncia sottolinea l’ampia discrezionalità dei giudici di merito nella commisurazione della pena e nella concessione dei benefici, ribadendo che tali valutazioni sono difficilmente censurabili in sede di Cassazione se sorrette da una motivazione logica e coerente.
Perché il possesso di un documento d’identità con foto propria e dati falsi è considerato un reato più grave?
Perché, secondo la Corte di Cassazione, questa circostanza dimostra in modo evidente che il possessore ha partecipato attivamente alla contraffazione del documento, non limitandosi a un possesso passivo. Questo integra la fattispecie più grave prevista dall’art. 497-bis, secondo comma, del codice penale.
È possibile ottenere le attenuanti generiche o la sospensione della pena contestando la decisione del giudice in Cassazione?
No, di regola non è possibile. La valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della decisione è manifestamente illogica o viola la legge, ma non può riesaminare i fatti per sostituire la propria valutazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36759 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36759 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VILLARICCA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Cassino, con cui era stato ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 497-bis, 477 e 482, cod. pen., e condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso – che contesta la violazione di legge e la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 497-bis, secondo comma, cod. pen. – è manifestamente infondato atteso che, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità; è, inoltre, manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la giurisprudenza della legittimità. Invero, come correttamente evidenziato dal giudice di merito, integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma secondo, cod. pen., e non quello meno grave di cui al comma primo della stessa norma, il possesso di un documento d’identità recante la foto del possessore con false generalità, essendo evidente, in tal caso, la partecipazione di quest’ultimo alla contraffazione del documento (Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, Busa, Rv. 273303);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – che contesta la correttezza della motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e della sospensione condizionale della pena -è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; lo stesso dicasi in relazione alla sospensione condizionale della pena, rispetto alla quale è stato espresso un giudizio di prognosi sfavorevole, tipico del giudizio di merito, la cui rivalutazione non è consentita in sede di legittimità in assenza di vizi logici o giuridici della motivazione;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.