Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11849 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11849 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 27/04/1969
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 39055/24 -Udienza del 26 febbraio 2025 -Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze, la quale conferma la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze con cui l’imputato è stato condannato per i reati di cui agli art.497 bis cod.pen. e 482 cod.pen.
Precisato che non si è tenuto conto della memoria depositata dal difensore dell’imputato il 20.2.25, perché essa è stata depositata tardivamente, senza il rispetto del termine di cui all’art. 611, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, si tratta di un termine previsto a pena di decadenza che, ove non rispettato, determina l’impossibilità di considerare il contenuto degli atti intempestivamente depositati (Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016, dep. 2017, De Silvio, Rv. 269673; Sez. 1, n. 8960 del 07/02/2012, COGNOME, Rv. 252215).
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui si lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge con riferimento all’erronea riconduzione della condotta ascritta all’imputato nel comma 2 dell’alt 497 bis cod.pen. e si deduce la nullità di cui all’art. 522 c proc. pen. – è manifestamente infondato e, dunque, inammissibile, poiché:
la riconduzione al comma 2 dell’ad 497 bis cod. pen. appare corretta alla luce degli insegnamenti di questa Corte secondo cui integra il reato di cui all’ad 497 bis comma 2 cod.pen. il possesso di un documento falso di identità recante la foto del possessore, con false generalità, in quanto ciò dimostra in modo evidente la partecipazione alla condotta penalmente rilevante (Cass. Sez V, n.2650/22);
non vi è stata violazione del principio di corrispondenza tra contestazione e condanna, giacché il capo di imputazione indica gli elementi costitutivi del reato ed individua l’elemento, dirimente ai fini della qualificazione del fatto, secondo il qual la carta di identità falsa in possesso dell’imputato recava altresì l’immagine dello stesso, indicatore del concorso del medesimo nella falsificazione.
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dell’aumento minimo per la continuazione, è parimenti inammissibile perché manifestamente infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto (cfr pag 5), facendo riferimento agli indici di natura personale e fattual che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore. Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando rigetta la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagl ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244). Sul punto la Corte d’appello, infatti, ha sottolineato che la posizione dell’imputat
risulta gravata dal suo tentativo di sottrarsi all’esecuzione delle condanne precedenti, nonché per l’assenza di comportamenti in qualche modo meritevoli di riconoscergli il beneficio di cui all’ad 62 bis cod.pen.
Ritenuto che il medesimo motivo di ricorso è manifestamente infondato quanto al trattamento sanzionatorio, giacché la Corte di appello ha dato conto delle connotazioni fattuali e personali della vicenda che sorreggono la scelta sanzionatoria. D’altronde l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’ 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME e altri, Rv. 256464; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e. condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025
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Il Presidente