Possesso Documenti Falsi: La Foto Fa la Differenza tra Reato Semplice e Aggravato
Il tema del possesso documenti falsi è stato recentemente al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione, che con l’ordinanza n. 8805 del 2025 ha tracciato una linea netta tra la fattispecie semplice e quella aggravata del reato previsto dall’art. 497-bis del codice penale. La decisione sottolinea come un dettaglio apparentemente piccolo, come la presenza della propria fotografia su un documento con generalità altrui, possa cambiare radicalmente la qualificazione giuridica del fatto, con conseguenze significative sulla pena. Analizziamo insieme i punti salienti di questa importante ordinanza.
I Fatti di Causa e i Motivi del Ricorso
Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un soggetto per i reati di truffa e di possesso di documenti di identificazione falsi. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali.
In primo luogo, sosteneva che il reato di possesso documenti falsi dovesse essere inquadrato nell’ipotesi meno grave, prevista dal primo comma dell’art. 497-bis c.p., e non in quella più severa del secondo comma. In secondo luogo, contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenendo la motivazione del giudice di merito insufficiente.
La Qualificazione del Reato di Possesso Documenti Falsi
La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso, giudicandolo manifestamente infondato. Il punto centrale della questione risiede nella differenza tra il mero possesso di un documento falso e una condotta che presuppone una partecipazione, anche indiretta, alla sua falsificazione.
Secondo un principio consolidato in giurisprudenza, richiamato nell’ordinanza, il possesso di un documento d’identità che riporta la fotografia del possessore ma generalità di un’altra persona integra il reato più grave previsto dal secondo comma dell’art. 497-bis c.p. La ragione è logica e stringente: è evidente che chi possiede un tale documento ha necessariamente partecipato alla sua creazione, quantomeno fornendo la propria fotografia. Questa azione lo rende complice del processo di contraffazione, giustificando l’applicazione della norma più severa.
La Decisione sulle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al diniego delle attenuanti generiche, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito che la valutazione circa la concessione di tali attenuanti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Per contestare validamente tale decisione in sede di legittimità, non è sufficiente lamentare una motivazione scarna. È necessario, invece, dimostrare un errore logico o giuridico palese.
Nel caso di specie, i giudici di merito avevano fornito un riferimento, seppur sintetico, agli elementi ritenuti decisivi per negare il beneficio. Secondo la Cassazione, questo è sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione, rendendo la doglianza dell’imputato infondata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso nella sua interezza. Le motivazioni si fondano sulla manifesta infondatezza di entrambi i motivi proposti. Per quanto riguarda la qualificazione del reato di possesso documenti falsi, la Corte ha seguito un orientamento giurisprudenziale stabile, secondo cui la presenza della propria foto su un documento con dati anagrafici altrui costituisce una prova logica della partecipazione alla falsificazione, facendo scattare l’ipotesi aggravata. Per quanto concerne le attenuanti generiche, la decisione si basa sul principio che il giudice di merito ha un’ampia discrezionalità e che una motivazione, anche se concisa, è sufficiente purché faccia riferimento a elementi concreti e pertinenti, come avvenuto nel caso in esame.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce con chiarezza che chiunque venga trovato in possesso di un documento di identità con la propria foto e generalità false non potrà sperare di essere accusato della sola ipotesi lieve di possesso, ma risponderà del più grave reato di concorso in falsificazione. Questo serve da monito sulla gravità di tali condotte. In secondo luogo, conferma la difficoltà di ottenere una riforma della decisione sulle attenuanti generiche in Cassazione, a meno che la motivazione del giudice di merito non sia totalmente assente o palesemente illogica. La decisione, pertanto, consolida principi fondamentali in materia di reati contro la fede pubblica e di valutazione della pena.
Qual è la differenza tra il reato di possesso di documenti falsi previsto dal primo e dal secondo comma dell’art. 497-bis cod. pen.?
Il primo comma punisce il semplice possesso di un documento falso valido per l’espatrio, mentre il secondo comma, più grave, si applica quando il possesso del documento implica una partecipazione alla sua contraffazione, come nel caso in cui il documento rechi la foto del possessore ma generalità di un’altra persona.
Perché il possesso di un documento d’identità con la propria foto ma con generalità false è considerato un reato più grave?
Perché, secondo la Corte di Cassazione, la presenza della propria fotografia sul documento è una prova evidente della partecipazione del possessore alla sua falsificazione, dato che ha dovuto fornire la foto per la sua creazione. Questo lo rende complice della contraffazione e giustifica l’applicazione della norma più severa.
È sufficiente una motivazione sintetica da parte del giudice per negare le attenuanti generiche?
Sì. Secondo la giurisprudenza consolidata, per motivare il diniego delle attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito faccia un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, senza necessità di una disamina dettagliata di ogni possibile circostanza a favore dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8805 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8805 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 18/01/1987
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado con la quale NOME COGNOME era stato condannato in relazione ai reati di cui agl artt. 497-bis, comma 2, e 640 cod. pen.;
che, avverso detta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore;
che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso che «integra il reato di cui all’art. 497-bis, comma secondo, cod. pen., e non quello meno grave di cui al comma primo della stessa norma, il possesso di un documento d’identità recante la foto del possessore con false generalità, essendo evidente, in tal caso, la partecipazione di quest’ultimo al contraffazione del documento» (Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, Busa, Rv. 273303);
che, con il secondo motivo, il ricorrente prospetta questioni non consentite nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondate, posto che, per la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), nel motivare il diniego delle attenuan generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elemen ritenuti decisivi o rilevanti, come parimenti avvenuto nei caso in esame (cfr. pagina 6 dell sentenza impugnata);
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 febbraio 2025
Il Consigliere estensore sid nte