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Possesso di stupefacenti: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per possesso di stupefacenti. I motivi sono stati ritenuti generici e la suddivisione della sostanza in 10 dosi è stata considerata un elemento decisivo per escludere l’uso personale, confermando la condanna a un anno di reclusione e 1.400 euro di multa.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Possesso di stupefacenti: la Cassazione conferma la condanna

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema del possesso di stupefacenti, chiarendo i criteri per distinguere l’uso personale dallo spaccio e le condizioni di ammissibilità di un ricorso. La Suprema Corte ha rigettato l’istanza di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese processuali, sulla base della genericità dei motivi presentati e degli elementi di fatto, come la suddivisione della sostanza in dosi, che escludevano la destinazione puramente personale.

I fatti di causa

Il caso riguarda un uomo condannato dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, secondo la fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando sia la sua responsabilità penale sia l’entità della pena inflitta.

La difesa sosteneva che la sostanza fosse destinata a un uso esclusivamente personale. Tuttavia, un elemento chiave emerso durante il processo era che la droga era stata trovata già suddivisa in 10 dosi ‘da strada’ di peso simile, un dettaglio che i giudici di merito avevano ritenuto indicativo di un’attività di spaccio.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si ferma a un livello precedente: la verifica dei requisiti formali e sostanziali del ricorso stesso. Secondo i giudici supremi, i motivi addotti dall’imputato erano ‘generici e riproduttivi’ di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. In altre parole, il ricorrente non ha sollevato nuove e specifiche critiche alla sentenza impugnata, ma si è limitato a ripetere argomentazioni già ritenute infondate.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro le ragioni della sua decisione. In primo luogo, ha sottolineato come la valutazione dei giudici di merito fosse giuridicamente corretta e ben motivata. Per escludere l’uso personale, non è stato considerato solo il quantitativo di principio attivo, ma soprattutto la circostanza della suddivisione in 10 dosi. Questo elemento è stato ritenuto un indice logico della destinazione della sostanza alla vendita al dettaglio.

In secondo luogo, anche le lamentele sulla pena sono state respinte come illogiche. La Corte ha osservato che la pena inflitta (un anno di reclusione e 1.400 euro di multa) era molto vicina al minimo previsto dalla legge per quel reato. Inoltre, i giudici hanno evidenziato che non era stata applicata la recidiva, pur essendo stata contestata, dimostrando quindi una valutazione tutt’altro che severa da parte della Corte d’Appello.

Le conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso in Cassazione deve contenere critiche specifiche e puntuali alla sentenza impugnata, non può essere una semplice riproposizione di argomenti già vagliati. Inoltre, conferma che elementi fattuali come la suddivisione in dosi costituiscono una prova logica molto forte per distinguere il possesso di stupefacenti per uso personale da quello finalizzato allo spaccio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici e si limitavano a riproporre censure già esaminate e respinte con argomenti giuridici corretti dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuove e specifiche critiche alla sentenza.

Quale elemento è stato decisivo per escludere l’uso personale della sostanza?
L’elemento decisivo è stata la circostanza che lo stupefacente fosse già suddiviso in 10 dosi ‘da strada’ di peso simile. Questo, insieme al quantitativo di principio attivo, è stato considerato un forte indicatore della destinazione della sostanza alla vendita e non all’uso esclusivamente personale.

La pena inflitta è stata considerata eccessiva dalla Corte di Cassazione?
No, al contrario. La Corte ha definito illogiche le lamentele sulla pena, evidenziando che la condanna a un anno di reclusione e 1.400 euro di multa era prossima al minimo previsto dalla legge. Inoltre, ha sottolineato che non era stata applicata l’aggravante della recidiva, pur contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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