Possesso di Grimaldelli: La Cassazione Conferma la Visione Ampia del Reato
L’ingiustificato possesso di grimaldelli e altri strumenti atti allo scasso rappresenta una fattispecie di reato che spesso genera dibattiti interpretativi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo i confini della definizione di tali strumenti e i limiti del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena. La pronuncia offre spunti importanti per comprendere come la giurisprudenza affronti questo reato, bilanciando la repressione di condotte potenzialmente preparatorie di delitti più gravi con le garanzie difensive.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Contro la Condanna
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che lo aveva condannato. Il ricorrente sollevava due principali motivi di doglianza.
Il primo motivo contestava la sussistenza stessa degli elementi oggettivi del reato, sostenendo un’interpretazione errata della nozione di “strumenti atti ad aprire o forzare le serrature”.
Il secondo motivo, invece, criticava il trattamento sanzionatorio ricevuto e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, lamentando una carenza di motivazione da parte dei giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Analizziamo le ragioni che hanno condotto a questa decisione, esaminando i due punti principali affrontati dai giudici.
L’Interpretazione Estensiva del Reato di Possesso di Grimaldelli
Sul primo punto, la Corte ha smontato la tesi difensiva, ribadendo un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Secondo gli Ermellini, l’espressione “strumenti atti ad aprire o forzare le serrature” deve essere intesa nella sua accezione più ampia e incondizionata. Ciò significa che nel reato non rientrano solo i grimaldelli classici, ma qualsiasi arnese che, anche solo potenzialmente, sia idoneo a operare su serrature e congegni simili. La Corte ha ritenuto la tesi del ricorrente in “palese contrasto” con il dato normativo e con la giurisprudenza consolidata, rendendo il motivo manifestamente infondato.
La Correttezza nella Determinazione della Pena
Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha sottolineato che la determinazione della pena (la cosiddetta “dosimetria”) è un’attività che rientra nella discrezionalità dei giudici di merito. Tale discrezionalità è stata esercitata correttamente e le ragioni della scelta sono state adeguatamente, seppur sinteticamente, esplicitate.
Le Motivazioni della Corte
La Corte Suprema ha chiarito due aspetti fondamentali in tema di motivazione della sentenza. Primo, per quanto riguarda la quantificazione della pena, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando la sanzione irrogata è inferiore alla media edittale. In questi casi, espressioni come “pena congrua” o “pena equa” sono sufficienti a dar conto del corretto esercizio del potere discrezionale del giudice. Secondo, riguardo al diniego delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in esame ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma può limitarsi a fare riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o, semplicemente, all’assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame conferma due principi cardine del diritto penale e processuale. In primo luogo, consolida l’orientamento estensivo riguardo al reato di possesso di grimaldelli, avvertendo che la detenzione ingiustificata di una vasta gamma di utensili può integrare il delitto. In secondo luogo, ribadisce i limiti del ricorso in Cassazione: la Corte Suprema non può riesaminare nel merito le scelte discrezionali dei giudici dei gradi inferiori (come la determinazione della pena), ma può solo verificare che tali scelte siano state esercitate legalmente e sorrette da una motivazione logica e non contraddittoria. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una conseguenza tipica della declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Qualsiasi strumento può essere considerato un ‘grimaldello’ ai fini del reato di possesso ingiustificato?
Sì, secondo la Corte, l’espressione ‘strumenti atti ad aprire o forzare le serrature’ deve essere interpretata in senso ampio. Vi rientrano non solo i grimaldelli veri e propri, ma tutti gli arnesi che sono idonei, anche solo potenzialmente, ad agire su serrature e congegni simili.
È sempre necessaria una motivazione dettagliata da parte del giudice quando stabilisce l’entità della pena?
No. Se la pena irrogata è inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata. Secondo la Corte, sono sufficienti espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’ per indicare che il giudice ha esercitato correttamente il suo potere discrezionale.
Il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore dell’imputato quando nega le attenuanti generiche?
No, non è necessario. Per motivare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice faccia un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o anche solo all’assenza di elementi positivi rilevanti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 63 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 63 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTEL SAN PIETRO TERME il 29/10/1968
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME:COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge in relazione alla sussistenza degli elementi oggettivi del reato, è manifestamente infondato in quanto si prospettano enunciati errneneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 48172 del 28/09/2012, Novara, Rv. 253900), secondo cui, in tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, l’espressione “strumenti atti ad aprire o forzare le serrature” deve essere intesa nella sua ac:cezione più ampia ed incondizionata, sì da farvi rientrare tutti gli arnesi idonei di per sé ad aprire l serrature ed altri analoghi congegni dotati di attitudine potenziale ad operare sulle medesime, come ampiamente argomentato nel caso di specie (si veda, in particolare, pag. 2);
ritenuto che il secondo motivo, in punto di trattamento sanzionatorio e circostanziale, è privo di concreta specificità e non consentito in quanto i giudici del merito hanno correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento;
che, quanto alla dosimetria della pena, l’onere argomentativo è stato adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale (si veda pag. 2);
che, in relazione alle circostanze attenuanti generiche, non è necessario che il giudicante, nel motivare il mancato riconoscimento delle stesse, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, come avvenuto nella specie (si veda pag. 2);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2023.