Possesso di droga: quando contano gli indizi?
Il tema del possesso di droga ai fini di spaccio è complesso, soprattutto quando la sostanza stupefacente non viene trovata addosso all’imputato, ma in un luogo a lui riconducibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la prova della colpevolezza possa basarsi su un quadro indiziario solido e coerente, anche se il luogo del ritrovamento è accessibile a terzi.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dalla condanna di un uomo, inflitta in primo grado dal G.I.P. del Tribunale e confermata dalla Corte di Appello. La condanna era per un reato legato agli stupefacenti, con una pena di due anni di reclusione e 5.000 euro di multa.
La sostanza era stata rinvenuta in un terreno di proprietà dell’imputato. La difesa ha basato il proprio ricorso per cassazione su un unico punto: il terreno, sebbene di sua proprietà, era liberamente accessibile a chiunque. Secondo il ricorrente, questo fatto rendeva illogico attribuirgli la titolarità dello stupefacente, suggerendo che chiunque avrebbe potuto nasconderlo lì.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Possesso di Droga
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna. I giudici hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse manifestamente infondato, in quanto la decisione della Corte di Appello si basava su un ragionamento logico e non censurabile in sede di legittimità.
La Cassazione non riesamina i fatti, ma valuta se i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo coerente. In questo caso, la Corte ha stabilito che la motivazione era adeguata e non presentava vizi logici.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nella valorizzazione del quadro indiziario. La Corte di Cassazione ha evidenziato come la condanna non si fondasse unicamente sulla proprietà del terreno. I giudici di merito avevano infatti dato rilievo a due circostanze cruciali:
1. Il comportamento dell’imputato: Era stato osservato mentre ‘armeggiava’ nelle immediate vicinanze del luogo esatto in cui la droga era stata occultata. Questo comportamento è stato interpretato come un indizio grave della sua consapevolezza e del suo legame con lo stupefacente.
2. L’assenza di prove a sostegno della tesi difensiva: L’imputato aveva sostenuto che la droga fosse stata lasciata lì da altri per farlo incolpare ingiustamente. Tuttavia, questa affermazione non è stata supportata da alcun riscontro probatorio, rimanendo una mera ipotesi non dimostrata.
La Corte ha ritenuto che la combinazione di questi elementi costituisse una base probatoria sufficiente a giustificare, in modo logico, l’attribuzione della responsabilità penale all’imputato. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di prova penale: la colpevolezza può essere affermata anche sulla base di indizi, a condizione che questi siano gravi, precisi e concordanti. La sola proprietà di un’area in cui viene rinvenuta della droga non è sufficiente a fondare una condanna, ma diventa un elemento rilevante se corroborato da altri fattori, come il comportamento dell’imputato. La decisione insegna che una tesi difensiva, per essere credibile, deve essere supportata da elementi concreti e non può limitarsi a semplici congetture, specialmente di fronte a un quadro accusatorio coerente e logico.
La sola proprietà di un terreno dove viene trovata droga è sufficiente per una condanna?
No, la sola proprietà non è di per sé sufficiente, soprattutto se il luogo è accessibile a terzi. La condanna si è basata su ulteriori indizi che collegavano l’imputato alla sostanza stupefacente.
Quali elementi sono stati decisivi per confermare la colpevolezza?
Sono stati decisivi due elementi combinati: il fatto che l’imputato sia stato visto compiere azioni sospette (‘armeggiare’) proprio vicino al nascondiglio della droga e la totale assenza di prove a sostegno della sua tesi secondo cui sarebbe stato incastrato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38539 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38539 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASARANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata in cancelleria il giorno 25 luglio 2023 la Corte di appello di Lecce ha confermato la precedente decisione del giorno 24 marzo 2021 con cui il G.I.P. del Tribunale di Lecce aveva condannato COGNOME NOME, esclusa la contestata recidiva, alla pena di anni 2 di reclusione ed C 5.000 di multa avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che per l’annullamento di predetta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione con riferimento alla statuizione di reità in particolare censurando il provvedimento impugnato nella parte in cui i Giudici del merito avevano ritenuto di attribuire la titolarità dello stupefacente sequestrato in capo al prevenuto pur essendo stato questo rinvenuto in un terreno di sua proprietà ma con accesso libero a chiunque.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il motivo di impugnazione in esso contenuto risulta manifestamente inammissibile atteso il fatto che la Corte territoriale ha argomentato, in maniera certamente non illogica, circa il proprio insindacabile convincimento relativo all’attribuibilità dello stupefacente al COGNOME dando rilievo alla circostanza di fatto che prevenuto era stato visto armeggiare nelle immediate vicinanze del luogo ove lo stupefacente era occultato, ed al fatto che le dichiarazioni del prevenuto relative alla circostanza che lo stupefacente fosse stato artatamente lasciato in quel luogo proprio per far ricadere la responsabilità su di esso non è stata in nessun modo sostenuta da alcun riscontro probatorio;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2024
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Presidente