Possesso di Documenti Falsi: la Cassazione Conferma la Condanna
Il possesso di documenti falsi finalizzato all’espatrio costituisce un reato grave, le cui implicazioni sono state recentemente ribadite dalla Corte di Cassazione. Con l’ordinanza n. 14263 del 2024, la Suprema Corte ha affrontato il caso di un individuo condannato per tale illecito, chiarendo in modo definitivo la validità della carta d’identità come documento per l’espatrio e le conseguenze di un ricorso basato su argomentazioni palesemente infondate.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria ha origine con la condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Roma nei confronti di un soggetto per il reato previsto dall’art. 497-bis, secondo comma, del codice penale, ossia il possesso di documenti di identificazione falsi validi per l’espatrio. La Corte d’Appello di Roma, in un secondo momento, aveva parzialmente riformato la sentenza, escludendo l’aggravante della recidiva e rideterminando la pena in un anno e sei mesi di reclusione.
Nonostante la riduzione di pena, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito su due punti principali.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha basato la sua difesa su due motivi principali, entrambi volti a smontare l’impianto accusatorio:
1. Erronea applicazione della legge: Secondo la difesa, il reato non sussisteva perché la carta d’identità in suo possesso non avrebbe avuto il requisito della validità per l’espatrio, elemento ritenuto essenziale per la configurazione del delitto contestato.
2. Mancata riqualificazione del fatto: Si lamentava la mancata derubricazione del reato in un’ipotesi meno grave (primo comma dell’art. 497-bis c.p.) e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.
La Valutazione della Corte sul Possesso di Documenti Falsi
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, giudicandoli entrambi “manifestamente infondati”. Questa valutazione ha portato a una dichiarazione di inammissibilità, chiudendo di fatto la porta a qualsiasi ulteriore discussione nel merito. I giudici hanno sottolineato come le tesi difensive si ponessero in netto e palese contrasto non solo con il dato normativo, ma anche con la giurisprudenza consolidata in materia.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni difensive con motivazioni nette e precise.
In primo luogo, ha ribadito un principio consolidato: la carta d’identità è a tutti gli effetti un titolo valido per l’espatrio non solo negli Stati membri dell’Unione Europea, ma anche in tutti quei Paesi con cui vigono specifici accordi internazionali. L’argomento del ricorrente è stato quindi giudicato privo di qualsiasi fondamento giuridico, poiché si basava su un’interpretazione errata della normativa vigente. La Corte ha richiamato una sua precedente pronuncia (Sez. 5, n. 47613 del 2019) a sostegno di questa pacifica interpretazione.
In secondo luogo, anche la richiesta di riqualificare il reato e di applicare l’art. 131-bis c.p. è stata respinta. La Corte ha rilevato che tale motivo, oltre a contrastare con la giurisprudenza, si basava su presunti vizi di motivazione (difetto, contraddittorietà, illogicità) che non emergevano affatto dalla sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile in toto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma di principi giuridici fondamentali in materia di possesso di documenti falsi. La decisione sottolinea due aspetti pratici cruciali: primo, la carta d’identità è considerata un documento valido per l’espatrio in un’ampia area geografica, e la sua falsificazione integra una fattispecie di reato grave. Secondo, presentare un ricorso in Cassazione basato su motivi “manifestamente infondati” non solo non porta al risultato sperato, ma comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, fissata in questo caso a 3.000,00 euro.
È reato possedere una carta d’identità falsa anche se si sostiene che non sia valida per l’espatrio?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la carta d’identità è un documento valido per l’espatrio negli Stati membri dell’Unione Europea e in altri paesi convenzionati. Pertanto, il possesso di una carta d’identità falsa valida per l’espatrio integra il reato previsto dall’art. 497-bis, secondo comma, del codice penale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti “manifestamente infondati”. Le argomentazioni, in particolare quella sulla non validità della carta d’identità per l’espatrio, erano in palese contrasto con la normativa e la giurisprudenza consolidata.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14263 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14263 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 23 gennaio 2023, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME per il reato di cui agli artt. 81 e 497-bis, secondo comma, cod. pen. e, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva reiterata e infraquinquennale, l’aveva condanNOME alla pena ritenuta di giustizia;
che la Corte di appello ha escluso la recidiva e ridetermiNOME la pena in anni uno e mesi sei di reclusione;
che il primo motivo di ricorso, con cui l’imputato, che non contesta che il reato sia stato commesso in Italia, denunzia erronea applicazione della legge e vizio di motivazione, relativamente alla mancanza del requisito della validità per l’espatrio della carta d’identità, è manifestamente infondato, perché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la carta di identità è titolo valido per l’espatrio negli Stati membri dell’Unione europea e in quelli in cui vigono particolari accordi internazionali (Sez. 5, n. 47613 del 28/10/2019, Rv. 277548);
che il secondo motivo di ricorso, con cui l’imputato si duole della violazione di legge in ordine alla mancata riqualificazione del fatto nei termini di cui all’art 497-bis, primo comma, cod. pen., e della mancata applicazione dell’art. 131-bis, cod. pen., è manifestamente infondato, ponendosi in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità ed inerendo ad asseriti difetto, contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione non emergenti dal provvedimento impugNOME;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.