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Possesso arnesi da scasso: quando è reato? Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per il reato di possesso di arnesi da scasso. Gli strumenti erano stati trovati nel veicolo che guidava, non di sua proprietà. La Corte ha stabilito che per la configurazione del reato è sufficiente l’immediata disponibilità degli oggetti, non essendo necessario il possesso formale. Il ricorso è stato respinto anche perché tendeva a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e perché la mancata sostituzione della pena detentiva era stata adeguatamente motivata dal giudice di merito in base ai precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Possesso arnesi da scasso: basta la disponibilità, non la proprietà

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di possesso di arnesi da scasso, un reato previsto dall’articolo 707 del Codice Penale. La decisione chiarisce che per essere ritenuti responsabili non è necessario essere i proprietari degli strumenti, né che si trovino addosso alla persona: è sufficiente averne l’immediata disponibilità. Questo caso offre spunti importanti sulla differenza tra giudizio di merito e di legittimità e sulla discrezionalità del giudice nella determinazione della pena.

I Fatti di Causa: Un Ritrovamento Sospetto

La vicenda giudiziaria ha origine dal controllo di un uomo alla guida di un veicolo. Durante l’ispezione, sotto il sedile posteriore, le forze dell’ordine rinvengono una serie di oggetti tipicamente utilizzati per commettere reati contro il patrimonio: una tronchesina taglia bulloni, una tenaglia in acciaio e una pinza a pappagallo.

L’uomo viene condannato in primo e secondo grado per il reato di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli. La difesa, tuttavia, decide di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la correttezza della motivazione della sentenza di condanna e la mancata sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria.

L’Analisi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione

Il ricorso si basava su due motivi principali:
1. Errata motivazione sulla responsabilità: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva sbagliato nel ritenerlo responsabile, riproponendo argomenti già discussi e respinti nei gradi precedenti.
2. Mancata sostituzione della pena: La difesa lamentava che la pena detentiva non fosse stata convertita in una sanzione pecuniaria, come possibile in certi casi.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali su entrambi i punti.

Il Principio sul Possesso di Arnesi da Scasso

La Cassazione ha innanzitutto qualificato il primo motivo come generico e non specifico. Il ricorrente, infatti, non contestava una violazione di legge, ma cercava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti. Questo tentativo è inammissibile in sede di legittimità, dove la Corte non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione del diritto e la logicità della motivazione.

Nel merito, i giudici hanno confermato l’orientamento consolidato: per integrare il reato di possesso di arnesi da scasso, è sufficiente il possesso o l’immediata disponibilità degli oggetti. Il fatto che gli strumenti fossero nel veicolo guidato dall’imputato (anche se di proprietà della compagna) li rendeva immediatamente accessibili e utilizzabili, integrando così pienamente la fattispecie criminosa.

Le Motivazioni e la Scelta della Pena

Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che la scelta di non sostituire la pena detentiva con quella pecuniaria rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve motivare la sua decisione. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la sua scelta facendo riferimento a elementi essenziali: le specifiche modalità della condotta e, soprattutto, i molteplici precedenti penali a carico dell’imputato. Questi elementi indicavano una maggiore pericolosità sociale, rendendo la sanzione pecuniaria inadeguata.

Le Conclusioni: Una Condanna Definitiva

La Corte di Cassazione ha concluso dichiarando il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione rafforza due concetti giuridici chiave: la nozione ampia di ‘possesso’ nel contesto dell’art. 707 c.p., che include la semplice disponibilità, e i limiti invalicabili del giudizio di Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito.

Per configurare il reato di possesso di arnesi da scasso, è necessario essere il proprietario degli oggetti?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che per la configurabilità del reato è sufficiente il possesso ovvero l’immediata disponibilità degli strumenti idonei allo scasso, indipendentemente da chi ne sia il formale proprietario.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti del giudice in un ricorso per cassazione?
No, il ricorso in Cassazione non è consentito quando tende a ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito. Il giudizio di legittimità si concentra sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione, non sul riesame delle prove.

Per quale motivo non è stata concessa la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria?
La Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse adeguatamente motivato la sua decisione sulla base delle modalità della condotta e dei molteplici precedenti penali a carico dell’imputato, elementi che giustificavano il mantenimento della pena detentiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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