Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46259 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46259 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
Per l’avvocato COGNOME NOME del foro di NOLA difensore di NOME NOME è presente il sostituto processuale per delega orale, avvocato COGNOME NOME del medesimo foro, il quale insiste nell’accoglimento nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 novembre 2023 la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di Salerno che aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 434 e 449 cod. pen. (capo D), condannandola alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 2 di reclusione, e dichiarando estinti per prescrizione gli ulteriori reati di cui alla imputazione.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il 18 agosto 2007 una piattaforma di legno, pertinenza dell’immobile di cui era comproprietaria la COGNOME, crollava improvvisamente.
Si trattava di una struttura precaria /priva di titoli abilitativi, realizzata senza fondazioni e con elementi di appoggio sulla roccia in stato di putrefazione.
Coloro i quali si trovavano sulla piattaforma precipitavano nel vuoto, riportando lesioni di varia entità; NOME COGNOME, invece, perdeva la vita.
Il crollo è stato addebitato alla COGNOME sotto un duplice profilo: non aver impedito l’abuso edilizio e, una volta creatasi là situazione di pericolo, non aver fi i 1D ci A accertato l’idoneità della a reggere il peso delle persone, prima di dare in locazione a terzi l’immobile.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta vizio della motivazione (poiché contraddittoria ed illogica) e violazione della legge penale sostanziale, con riguardo agli artt. 434 e 449 cod. pen..
Si osserva che la posizione di garanzia è stata illegittimamente ricavata dal solo dato formale della comproprietà, mentre invece è la stessa sentenza impugnata a sottolineare come la ricorrente non si sia mai interessata della gestione del bene se non, casualmente, a ridosso dei fatti, promuovendo il fitto dell’immobile, ma soltanto in ragione dei concomitanti impegni dei figli (come riferito dai testi della difesa e confermato dal fatto che sull’annuncio pubblicitario erano riportati i contatti della figlia).
La motivazione è inoltre contraddittoria nella misura in cui conferma l’addebito colposo pur riconoscendo che la ricorrente si era disinteressata all’immobile e che non aveva commissionato i lavori abusivi, realizzati negli anni 2002 – 2003 da NOME COGNOME, dal quale si era separata già nel 1996. *
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta il mancato rilievo della prescrizione (quindi violazione della legge penale sostanziale), poiché maturata prima della sentenza di appello.
A tal fine evidenziava sia un errore di calcolo (i periodi di sospensione, così come indicati in sentenza, sono pari a 476 giorni, non 503), sia l’erroneo inserimento di un periodo di sospensione inesistente.
Richiesta e disposta la trattazione orale, all’odierna udienza le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo, con cui si lamenta vizio della motivazione e violazione della legge penale, è in parte aspecifico ed in parte manifestamente infondato.
Allo scrutinio del motivo di ricorso è utile premettere che i giudici di merito hanno accertato il diretto coinvolgimento della ricorrente – al tempo ancora proprietaria nella misura del 50% – nelle trattative e negli incombenti successivi alla locazione dell’immobile alle persone offese (visite; decantazione della terrazza come attrattiva; incasso delle somme dovute; intervento per risolvere alcune problematiche insorte durante la locazione; cfr., pp. 3 e 4 della sentenza ricorsa).
Inoltre, la COGNOME, nel promuovere la locazione dell’immobile, aveva riferito alle persone offese di aver utilizzato la terrazza per ricevere parenti ed amici, nonché per fare sport.
Infine, le persone offese avevano avvisato proprio la COGNOME dell’arrivo dei parenti ed amici il giorno del crollo, mentre la ricorrente era impegnata nella pulizia di un altro immobile, adiacente a quello locato.
Ciò posto, la ricorrente sostiene che la posizione di garanzia è stata desunta da un profilo meramente formale, quello relativo alla comproprietà, sebbene non si sia mai interessata della gestione dell’immobile, se non in maniera del tutto contingente.
Correttamente, invece, i giudici di merito hanno evidenziato non solo la comproprietà dell’immobile, ma anche il concreto interessamento della ricorrente nella locazione dell’immobile, sia nella fase delle trattative sia in quella successiva, AI inerente i g ‘volgimento del rapporto e4 connesse esigenze di manutenzione.
La Corte territoriale ha quindi ritenuto irrilevanti le ragioni per le quali ricorrente si fosse adoperata in tal senso, rilevando, piuttosto, che si era comportata come responsabile della concreta gestione dell’immobile (con l’annessa terrazza poi crollata), così assumendo la relativa posizione di garanzia.
Ragioni su cui, invece, si incentra parte del ricorso, peraltro versato in fatto e reiterativo di analoga censura già proposta con l’atto di appello (pp. 8 – 11).
La motivazione offerta dai giudici di merito è quindi esente dai vizi cumulativamente denunciati (p. 8 ricorso, in cui se ne prospetta il carattere illogico e contraddittorio della motivazione): nell’affermazione secondo cui la ricorrente, pur senza aver commissionato la realizzazione della piattaforma, avesse poi esercitato, successivamente, i poteri connessi alla gestione dell’immobile, locandolo a terzi, pur dopo essersi disinteressata della manutenzione e della sicurezza della piattaforma (realizzata senza fondazioni e poggiante in parte su ‘ GLYPH ftL pali in legno in stato di putrefazione), non emergono disarmoniel sillogismo tra premesse e conclusioni k irié può predicarsi alcuna inconciliabilità tra le considerazioni logico-giuridiche di cui si compone la motivazione, men che meno l’impossibilità di individuare, tra le varie ipotesi formulate e conducenti ad esiti diversi, quale sia stata posta alla base della decisione.
Ricorre, infatti, il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono; ricorre, invece, il vizio di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 281105 – 01; Sez. 2, n. 12329 del 04/03/2010, COGNOME, Rv. 247229 – 01).
Il motivo è inammissibile anche con riguardo alla dedotta violazione della legge penale sostanziale.
A tal proposito il Collegio evidenzia come il ricorso non si confronti affatto con il consolidato orientamento di legittimità secondo cui la posizione di garanzia può avere la sua fonte in una norma di natura privatistica, anche non scritta, e finanche in una situazione di fatto; in quest’ultima ipotesi il soggetto al quale si imputa la condotta omissiva deve aver compiuto un atto di volontaria determinazione indirizzato ad assumere su di sé l’obbligo di controllo o di protezione, quindi il dovere d’intervenire (Sez. 4, n. 21869 del 25/05/2022, COGNOME, Rv. 283387 – 01; Sez. 4, n. 19558 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281171; Sez. 4, n. 24372 del 09/04/2019, COGNOME, Rv. 276292; Sez. 4, n. 34975 del 29/01/2016, Biz, Rv. 267539; Sez.4 n.16761 del 11/03/2010, COGNOME, in motivazione).
Principi ribaditi da questa Sezione proprio con riguardo alla responsabilità del comproprietario – che si sia occupato degli incombenti connessi alla locazione dell’immobile – per la morte dell’inquilino dovuta ad esalazioni di monossido di carbonio provenienti dalla caldaia (Sez. 4, n. 34843 del 14/07/2010, COGNOME, Rv.
248351 – 01; più in generale, sulla assunta responsabilità dal proprietario nei confronti dell’affittuario, Sez. 4, n. 32298 del 06/07/2006, COGNOME, Rv. 235369 01; Sez. 4, ord. n. 38818 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232426 – 01).
1.2. Quanto al secondo motivo, irrilevante appare il mero errore di computo, che per stessa ammissione del ricorrente non determina la scadenza del termine in data anteriore alla decisione impugnata.
Inoltre, a fronte della specifica motivazione offerta dalla Corte salernitana per disattendere l’invocata prescrizione del reato (p. 6), la ricorrente ha dedotto che alla data del 22 marzo 2011 non vi fu udienza (non indicata neppure nella sentenza del Tribunale), senza alcuna ulteriore specificazione.
Il motivo è aspecifico: secondo un consolidato orientamento, cui questo Collegio intende dare continuità, la prescrizione è un evento giuridico e non un mero fatto naturale, in quanto implicante la risoluzione di plurime questioni di diritto e di fatto, onde il suo accertamento non è frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario.
Era onere del ricorrente, pertanto, fornire una compiuta rappresentazione della sequela procedimentale, onde dimostrare l’intervenuta maturazione del termine di legge (Sez. 2, Sentenza n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277495 – 01; conf., in relazione al ricorso straordinario, Sez. 5, n. 12093 del 20/01/2021, F., Rv. 280735 – 01; Sez. 1, n. 12595 del 13/03/2015, COGNOME, Rv. 263206 – 01).
Stante l’inammissibilità del ricorso (che preclude il rilievo della prescrizione maturata), e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024
Il Consiciliere estensore
Il Presidente