Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32923 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 32923  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOMECOGNOMERAGIONE_SOCIALE
COGNOMECOGNOMERAGIONE_SOCIALEX
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE di ASSISE di APPELLO di TORINO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/09/2022, la Corte di assise di Asti ha assolto RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE
e RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXX dalle ipotesi di reato ex art. 591 cod. pen., loro contestate sub A) e B) della rubrica, rispettivamente per:
aver mantenuto RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXXi (persona affetta dal morbo di Alzheimer,
invalida al 100% e incapace, per malattia di mente e di corpo, nonchØ per vecchiaia, di provvedere a sØ stessa) in condizioni tali da creare pericolo per la sua incolumità e incompatibili col suo status di salute, benchØ lo stesso fosse affidato alla cura degli stessi e così lo abbandonavano, fatto da cui derivava la morte della persona offesa. Invero – a fronte di un corrispettivo di euro 1.200,00 mensili – accoglievano il RAGIONE_SOCIALEXX presso il loro domicilio, accettando di prendersene cura, di garantirgli vitto, alloggio e assistenza materiale e medica, benchØ essi fossero sforniti dei mezzi, di personale medico infermieristico e delle necessarie autorizzazioni amministrative. In data 13 settembre 2019, sotto la sorveglianza
del RAGIONE_SOCIALE, collocavano il RAGIONE_SOCIALEXX nel cortile dell’immobile, affinchØ potesse muoversi liberamente con il girello e – mentre l’imputato si trovava seduto su una sedia, unitamente ad un altro ospite – il RAGIONE_SOCIALEXXXcadeva improvvisamente a terra e batteva la testa su una zona cementificata, subendo un trauma cranico, dal quale conseguiva la morte il 14 settembre 2019;
 aver  mantenuto in condizioni tali da arrecare pericolo per la loro incolumità e incompatibili con la loro condizione di salute COGNOME (classe DATA_NASCITA, soggetto non autosufficiente e incapace di provvedere a sØ stesso) e COGNOME (classe DATA_NASCITA, persona affetta da malattia neurovegetativa e reduce dalla rottura di un femore, incapace di provvedere a sØ stessa per malattia di mente, di corpo e per vecchiaia), benchØ gli stessi fossero affidati alle loro cure e alla loro custodia.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
1.1. In parziale riforma di tale pronuncia assolutoria, la Corte di assise di appello di Torino, con sentenza del 11/10/2023, ha dichiarato gli imputati colpevoli del solo reato sub A) e li ha condannati alla pena di anni tre di reclusione, oltre che alla pena accessoria dell’interdizione per anni cinque dai pubblici uffici, confermando nel resto la pronuncia gravata. La pena detentiva, inflitta ad entrambi gli imputati, Ł stata sostituita con il lavoro di pubblica utilità, ex art. 56bis legge 24 novembre 1981, n. 689, come modificato ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
1.2. Con sentenza del 15/05/2024, la Quinta Sezione di questa Corte ha annullato la sentenza impugnata ed ha disposto il rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Torino.
1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di assise di appello di Torino – in parziale riforma della sentenza della Corte di assise di Asti del 12/09/2022 – ha ritenuto gli imputati responsabili del reato loro ascritto sub A), riqualificato lo stesso ai sensi degli artt. 589 e 61 n. 11 cod. pen. e – concesse ad entrambi i prevenuti le circostanze attenuanti generiche, computate con il criterio della prevalenza, rispetto all’aggravante contestata – ha condannato i medesimi alla pena di anni uno di reclusione, concedendo loro i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta dei privati; quanto al resto, Ł stata confermata la sentenza gravata.
Ricorrono per cassazione RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXX, con distinti atti di impugnazione – entrambi a firma dell’AVV_NOTAIO e contenenti anzitutto tre motivi tra  loro  esattamente  sovrapponibili  –  che  vengono  di  seguito  enunciati  entro  i  limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, vengono denunciati vizi rilevanti ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale processuale in relazione all’art. 603 comma 3bis cod., a causa della omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, nonchØ violazione dell’art. 627 comma 3 cod. proc. pen., per contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione e violazione del principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione nella pronuncia di annullamento.
La sentenza rescindente aveva imposto una rivalutazione di carattere complessivo e, in particolare, esigeva un confronto sostanziale, fra la prova documentale (ossia, i certificati medici)  e  quella  dichiarativa  (costituita  dalle  testimonianze  di  RAGIONE_SOCIALEXXXX,
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXXXi e COGNOMEXXXX); la Corte di assise di appello, invece, affermando apoditticamente la decisività della prova documentale, ha riproposto il medesimo errore commesso dalla prima Corte di secondo grado, così finendo per sottrarre i certificati dal confronto con le prove testimoniali. L’unico modo per eliminare tale vulnus , dunque, sarebbe stato quello di procedere alla auspicata rinnovazione della prova dichiarativa.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., in relazione al tema della capacità di deambulare della persona offesa, trattandosi di violazione emergente dal capo di imputazione e dalle prove testimoniali e documentali acquisite durante l’istruttoria, con particolare riferimento al referto del RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE del 06/09/2019.
2.3. Con il terzo motivo, vengono denunciati vizi rilevanti ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale sostanziale in relazione alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento, quale elemento costitutivo dell’addebito colposo ex art. 43 cod. pen. e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, in ordine alla rilevanza causale dello stato dei luoghi, rispetto alla caduta e agli esiti della stessa.
2.4. Con il quarto motivo del ricorso presentato nell’interesse della solaRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEX, vengono dedotte violazioni ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in ordine alla erronea applicazione degli artt. 40 e 589 cod. pen., con riferimento alla posizione di garanzia attribuita all’imputata. La sorveglianza dell’anziano era stata assunta dal coimputato COGNOME e la donna era addirittura assente, al momento del fatto. Non si capisce, quindi, come un fatto molto risalente nel tempo (rappresentato dall’aver deciso di ospitare l’anziano presso la propria abitazione) possa legarsi a un addebito di natura colposa mosso nei confronti della ricorrente, per un evento collocato a distanza di mesi.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Quanto al primo motivo, il giudice del rinvio ha ritenuto che le prove testimoniali che secondo la prospettazione difensiva – avrebbero dovuto essere oggetto di rinnovazione, difettino del requisito della decisività; nØ elementi di segno contrario possono ricavarsi, del resto, dal contenuto della sentenza rescindente. La Corte territoriale, inoltre, ha proceduto alla riqualificazione giuridica del fatto – accertato nella sua stretta materialità – così rendendo il complessivo ragionamento del giudice rescindente privo degli stringenti connotati di obbligatorietà ravvisati dai ricorrenti, proprio in quanto tale percorso interpretativo era riferito esclusivamente alla diversa e piø grave accusa originaria.
In ordine al secondo motivo, non Ł censurabile la valutazione operata dalla Corte d’appello, laddove questa ha ritenuto recessive le dichiarazioni testimoniali provenienti dai diversi soggetti escussi. Con riferimento alla terza doglianza, la Corte territoriale ha ricordato, in primo luogo, il dato oggettivo inerente alle gravissime condizioni di salute fisiche e mentali della vittima ed ha aggiunto come la eventuale mancata consultazione – da parte degli imputati – della certificazione medica non ne elida la responsabilità, stante la immediata percepibilità delle precarie condizioni della persona offesa; le considerazioni circa lo stato dei luoghi sono inoltre idonee a fondare la logica conclusione, in ordine alla loro incidenza causale sulla caduta della vittima.
Non colgono nel segno neanche le deduzioni difensive contenute nel quarto motivo, legate alla momentanea assenza dell’imputata nelle fasi dell’incidente: ella, infatti, ha assunto formalmente una posizione di garanzia quale badante e, inoltre, ha in prima persona contribuito a determinare la situazione di pericolo.
La difesa ha presentato memoria di replica alla requisitoria, ribadendo anzitutto il contrasto esistente, tra la prova documentale e quella testimoniale, secondo quanto già evidenziato dalla sentenza rescindente. La diversa qualificazione giuridica di un fatto non muta il dato fenomenico, che Ł sempre lo stesso e che Ł costituito dalle precarie condizioni fisiche in cui versava l’anziano; condizioni fisiche che oggi sono state valorizzate dalla Corte di assise di appello, ai fini della ritenuta sussistenza di un profilo colposo.
Per ritenere configurabile una condotta colposa ascrivibile agli imputati, il giudice del rinvio ha dovuto valutare necessariamente anche la prova testimoniale, ritenendola recessiva rispetto alla prova documentale; per poter operare questo giudizio, stante la pregressa pronuncia della Corte rescindente, avrebbe dovuto però riassumere la prova dichiarativa. Così, da un lato si emette condanna sulla base di una accertata totale immobilizzazione del soggetto e, dall’altro lato, si discorre di una persona che, pacificamente, Ł caduta mentre deambulava appoggiandosi a un girello. La Corte di rinvio, inoltre, ha dato assoluta prevalenza ai certificati medici, non confrontandosi adeguatamente con il compendio probatorio in atti, costituito anche dalle prove testimoniali. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
Integrando brevemente la sintesi riportata in parte espositiva, si può dire che il fatto per  il  quale  si  procede  scaturisce  dall’attività  svolta  dagli  odierni  ricorrenti,  i  quali accoglievano presso il proprio domicilio soggetti anziani e spesso non autosufficienti.
¨  bene precisare come l’accoglienza venisse prestata non presso una struttura assistenziale propriamente detta, dunque munita di specifiche autorizzazioni in vista dell’espletamento di tale attività, bensì all’interno di una privata dimora, ossia di una cascina
denominata RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEX – presso la quale l’imputata esercitava l’attività di badante; la successiva adesione a un progetto della RAGIONE_SOCIALE, peraltro, avrebbe obbligato i gestori della residenza a comunicare l’ingresso in casa di tutti gli ospiti. Oltre all’assenza delle necessarie abilitazioni professionali e delle specifiche autorizzazioni di natura amministrativa e sanitaria, può considerarsi pacificamente acquisito il fatto che l’area antistante tale privata dimora fosse un posto pieno di insidie di vario genere. All’interno del piazzale, risultato sconnesso e accidentato, erano infatti riposti residui di lavorazione edilizia; la zona era attraversata, inoltre, da un canale di scolo delle acque e, infine, erano in tale luogo presenti animali da cortile, lasciati liberi di muoversi anche laddove si trovavano gli ospiti della struttura secondo quanto riportato nella sentenza impugnata sulla scorta dei rilievi condotti in loco dal personale di polizia giudiziaria.
2.1. La vicenda di specifico interesse per il processo Ł, allo stato, esclusivamente quella riguardante un ospite della struttura di nome RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXXX, vittima dell’unica ipotesi di reato che ancora processualmente rilevi. Trattavasi di un soggetto affetto da demenza senile, malato di Alzheimer e invalido civile al 100%; in data 13 settembre 2019 quest’ultimo – mentre deambulava nel sopra descritto cortile, aiutandosi con un girello cadde (mentre RAGIONE_SOCIALEXsi trovava a pochi metri), urtò in terra la testa su una zona cementificata e, consequenzialmente, morì il giorno successivo, in Ospedale, a causa di una emorragia cerebrale.
2.2. Quanto all’ iter processuale, si Ł sopra già chiarito come la Corte di assise di Asti abbia assolto gli imputati dalla contestazione ex art. 591 primo e terzo comma cod. pen.; la Corte di assise di appello di Torino, al contrario, li ha condannati per tale fattispecie delittuosa.  La  Quinta  Sezione  di  questa  Corte,  però,  ha  annullato  tale  pronuncia  di colpevolezza, evidenziando le criticità che vengono di seguito riassunte:
Ł stato stigmatizzato, in primo luogo, il fatto che le posizioni dei due imputati fossero state tra loro rigidamente assimilate e, quindi, trattate in maniera identica, nonostante la RAGIONE_SOCIALE, pacificamente, non fosse stata presente in loco , al momento della caduta poi risultata fatale per la persona offesa;
in punto di elemento oggettivo della ritenuta figura incriminatrice, Ł stato rilevato un vuoto argomentativo, sottolineandosi come la conclusione circa la incapacità alla deambulazione della vittima traesse origine prevalentemente da quanto riportato in due certificati medici (uno antecedente di soli otto giorni, rispetto al decesso), mancandosi però di motivare adeguatamente, in ordine alla possibile valenza dimostrativa delle dichiarazioni testimoniali versate in atti (testimonianze provenienti, rispettivamente, dal fratello della vittima, dalla figlia di una persona ospite della struttura e da altra persona, che aveva assistito alla caduta letale) che sono di segno esattamente antitetico;
 si  Ł  poi  rilevata  una  carenza  di  motivazione,  anche  quanto  al  fatto  che,  dalle dichiarazioni testimoniali raccolte, non fosse emersa la sussistenza di un reale stato di abbandono del soggetto, sub specie di mancata assistenza (e anzi, si era acquisito il dato
dell’esser stata la persona offesa sempre sotto costante monitoraggio, dovendosi anche considerare come la caduta incriminata si fosse realizzata mentre l’anziano era sorvegliato dall’imputato);
si Ł evidenziato, altresì, come fossero ravvisabili disarmonie logiche anche in punto di elemento soggettivo, essendosi dedotta la sussistenza del dolo esclusivamente dal progressivo peggioramento delle condizioni di salute della vittima, nonchØ dalla decisione di farla circolare avvalendosi dell’ausilio di un girello, così da poter riposare e non ricevere fastidi dalla stessa.
La  medesima sentenza rescindente  ha  notato,  inoltre,  come  le  inadempienze contestate potessero ipoteticamente condurre a immaginare la ricorrenza di una ipotesi colposa.
All’indomani dell’annullamento con rinvio disposto dalla Quinta Sezione di questa Corte, infine, la Corte di assise di appello di Torino – con la sentenza oggi impugnata – ha condannato i due ricorrenti per omicidio colposo.
Giova premettere come i due ricorsi siano tra loro esattamente sovrapponibili, con la sola eccezione del quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, che attiene soltanto alla posizione di quest’ultima. Le due impugnazioni, pertanto, saranno analizzate in maniera unitaria.
3.1. La difesa lamenta, in primo luogo, la omessa rinnovazione istruttoria; questa si sarebbe dovuta estrinsecare – stando all’auspicio difensivo – attraverso la nuova assunzione di prove dichiarative, rappresentate dall’audizione dei tre testi sopra già menzionati in parte narrativa. La doglianza presenta un marcato carattere aspecifico e confutativo.
3.2. Va premesso che la completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la decisione ora avversata, contraria alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, sul rilievo che – nel giudizio di appello – quest’ultima rappresenta un istituto di carattere eccezionale, fondato sulla presunzione di completezza dell’indagine istruttoria, corroborata dalle acquisizioni operate nel corso del dibattimento di primo grado. Il potere del giudice di secondo grado, di disporre la rinnovazione, Ł dunque subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga contro la predetta presunzione – di non essere in grado di decidere in base agli elementi di valutazione e conoscenza già presenti nell’incarto processuale (Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, Panigoni, Rv. 203974 – 01).
L’esercizio di tale potere Ł affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello, restando incensurabile in sede di legittimità, laddove congruamente motivato (Sez. 3, n. 7908 del 29/07/1993, Giuffida, Rv. 194487 – 01; si veda anche Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018 Capitanio, Rv. 274337 – 01, che ha così statuito: ‹‹La mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello può costituire violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen., solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado››; sulla medesima direttrice interpretativa si sono poste Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577 – 01, che ha chiarito come possa essere censurata dinanzi alla Corte di cassazione la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale, solo qualora emerga l’esistenza, nella struttura motivazionale che sorregge la decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, che siano desumibili dal testo del medesimo provvedimento e che attengano a profili di rilievo dirimente, essendo peraltro necessaria la dimostrazione che tali forme di incoerenza argomentativa sarebbero state verosimilmente scongiurate, laddove si fosse provveduto all’assunzione, ovvero alla riassunzione, delle prove invocate e Sez. 5, n. 34643 del 08/05/2008, COGNOME, Rv.
240995).
Costituisce consolidato principio di questa Corte, insomma, ritenere che la omessa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale – nel corso del giudizio di secondo grado – possa integrare violazione dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., esclusivamente in presenza di prove sopravvenute, o scoperte in epoca successiva, rispetto alla sentenza di primo grado, a norma dell’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., mentre l’ error in procedendo Ł configurabile, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., soltanto nel caso in cui la prova richiesta e non ammessa, posta a confronto con l’apparato motivazionale addotto a sostegno della decisione impugnata, risulti di valenza decisiva, ossia tale che – se fosse stata esperita – avrebbe potuto disarticolare la struttura stessa della decisione e, così, condurre a difformi lumi in fase decisoria.
3.3. La Corte territoriale afferma – nella concreta fattispecie – di non aver proceduto alla rinnovazione, essendosi basato il ribaltamento della decisione assolutoria sulla ritenuta decisività  di  una  prova  documentale  e  non  dichiarativa.  Durante  la  permanenza  a
RAGIONE_SOCIALEXXXXX, aggiungono i Giudici di appello, RAGIONE_SOCIALEXX Ł stato sottoposto a due visite, una geriatrica e una fisiatrica – rispettivamente il 16/08/2019 e il 06/09/2019, ossia rispettivamente un mese circa ed otto giorni prima del decesso – che ne hanno accertato incontrovertibilmente l’imponente decadimento, attestandolo in maniera specifica. Come riportato nella sentenza impugnata i predetti certificati, rilasciati da personale sanitario specializzato, davano atto della deambulazione non consentita se non con assistenza e doppio appoggio, il che ha indotto motivatamente ad escludere che NOME, per le condizioni psichiche e fisiche, versasse nelle condizioni di potersi muovere, di stare eretto e di trasferirsi da un luogo ad altro in autonomia senza un costante supporto.
Si tratta di una motivazione logica e puntuale, nella quale sono assenti profili di violazione del disposto dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. e di contraddittorietà e che, pertanto, non Ł censurabile in sede di legittimità. Il Collegio, del resto, condivide l’esegesi sistematica compiuta da Sez. 4, n. 47095 del 02/12/2009, Sergio, rv. 245996, secondo cui il provvedimento di rigetto, inerente alla richiesta di rinnovazione istruttoria in appello, può essere motivato in modo sintetico e addirittura implicitamente, in presenza di un quadro probatorio definito, certo e non bisognevole di ulteriori approfondimenti; nello stesso senso, si sono espresse Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275114 – 01; Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259893 – 01 e Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, dep. 2010, Pacini, Rv. 246859 – 01).
Inoltre, resta escluso che la sentenza in verifica si sia sottratta al mandato cognitivo conferito al giudice di rinvio dalla Corte di legittimità; al contrario, la Corte di appello ha riesaminato il compendio probatorio e, nell’esercizio dei suoi poteri di libera formazione del convincimento, ha ritenuto di individuare in quelle documentali le prove decisive ed attendibili, che in effetti sul piano della valida rappresentazione delle condizioni di RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXXX non hanno ricevuto nessuna smentita in risultanze dotate di pari valore scientifico e tecnico.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso rampollano da una comune matrice concettuale e si prestano chiaramente, a ben vedere, a una agevole trattazione congiunta.
4.1. Viene anzitutto criticato, dalla difesa, il fatto che sia stata attribuita preminenza alla prova  documentale  (sarebbe  a  dire,  ai  certificati  medici  attestanti  l’incapacità  alla deambulazione della persona offesa), rispetto alle dichiarazioni testimoniali, di segno diametralmente opposto. In ipotesi difensiva, la scelta di valorizzare in modo assoluto la valenza del già menzionato certificato medico, attestante l’incapacità della vittima muoversi
autonomamente, si porrebbe in stridente contrasto con quanto indicato al punto 2.3. della succitata sentenza di annullamento della Corte di cassazione; si sarebbe inopinatamente deciso di ignorare, in particolare, il contenuto delle dichiarazioni testimoniali, dalle quali emergerebbe, invece, come NOME fosse in grado di deambulare.
Permarrebbe, allora, la insanabile – e già rilevata in sede rescindente – incompatibilità, fra il referto della ASL e le prove testimoniali, secondo le quali la persona offesa era in grado di deambulare, sebbene con difficoltà e con l’ausilio di dispositivi che ne rendessero piø sicuro il cammino (quale Ł, appunto, il girello). La vittima, prosegue la difesa, era stata colpita da un deterioramento psichico, ma era ancora in grado di spostarsi, avendo solo una modulata necessità di aiuto; un bisogno di assistenza, insomma, che era certo inferiore, rispetto a quella di cui avrebbe avuto bisogno, laddove fosse stato totalmente immobilizzato.
4.1.1. Nonostante l’area in cui Ł avvenuta la caduta venga descritta come un terreno sconnesso, oltre che attraversato da un canale di scolo e invaso da animali da cortile liberi di circolare, non vi sarebbe prova, inoltre, della riconducibilità eziologica della caduta letale alle disagevoli condizioni del terreno stesso. Sostiene la difesa, quindi, esser stato adottato dai ricorrenti un comportamento del tutto diligente, avendo essi deciso di far deambulare l’anziano in una zona sgombra e pianeggiante, oltre che ponendolo sempre sotto la diretta sorveglianza dell’imputato.
La sentenza impugnata, del resto, risulterebbe fallace anche in punto di prevedibilità ed evitabilità dell’evento. Sullo specifico tema, l’affermazione di penale responsabilità non sarebbe stata preceduta da alcuna valutazione, circa il fatto che le condizioni concrete dell’uomo imponessero di non farlo deambulare; Ł illogico, anzi, affermare che il girello sia fonte di instabilità, laddove trattasi di strumento deputato proprio a garantire la maggiore sicurezza del cammino.
Quanto all’elemento soggettivo – rappresenta infine la difesa – gli imputati non sarebbero stati a conoscenza del contenuto del citato referto della ASL, visto che tale documentazione medica sarebbe rimasta nel possesso esclusivo del fratello della vittima; ciò starebbe a significare – in ipotesi difensiva – che i ricorrenti potevano fare affidamento soltanto sulla loro percezione, dalla quale deducevano che la vittima fosse in grado di deambulare, seppur con difficoltà. Ed Ł pacifico, conclude la difesa, il fatto che RAGIONE_SOCIALE pur non essendoci stata alcuna avvisaglia della instabilità fisica dell’anziano – sia rimasto sempre presente e vigile, posizionato a pochi metri da quest’ultimo.
4.1.2. Con il terzo motivo, infine, vengono ripercorse le argomentazioni già spese nelle doglianze ulteriori, anche se il nucleo centrale della censura Ł costituito dalla asserita mancata evidenziazione – ad opera della sentenza impugnata – di un nesso causale, tra le condizioni dei luoghi e la caduta dell’anziano.
4.2. Quanto al versante tecnico – giuridico, deve chiarirsi come – vertendosi in tema di responsabilità colposa, sia necessario orientare l’analisi degli accadimenti concreti secondo un criterio ipotetico e valutativo, ossia giudicare se si sia verificata una inosservanza di regole doverose di comportamento, alle quali il soggetto agente sarebbe stato tenuto e la cui osservanza avrebbe evitato il verificarsi dell’evento. L’individuazione della responsabilità per colpa, infatti, si risolve nel rilievo che un determinato soggetto abbia realizzato un fatto-reato, involontariamente, ma pur sempre mediante violazione di regole doverose di condotta, siano esse tipizzate dal legislatore, ovvero scaturenti dall’indifferenza rispetto a modelli di comportamento socialmente accettati.
Occorre, però, che tale fatto-reato egli potesse evitare mediante l’osservanza, da lui esigibile, di tali precise regole di condotta.Infatti, l’inutilità del comportamento alternativo
corretto esclude la colpa stessa e ciò si verifica allorquando sussista la prova che l’evento si sarebbe verificato anche tenendo la corretta condotta o, quantomeno, nel caso in cui non si raggiunga la prova dell’utilità, dell’efficienza del comportamento corretto a scongiurare l’evento.
Trasportando nel campo pratico ed applicativo i canoni di giudizio sopra rapidamente enucleati, la Corte distrettuale Ł approdata alla decisione che, in relazione alla concreta fattispecie, si compendia nella affermazione di colpevolezza, in capo ai prevenuti.Il giudizio controfattuale, nei termini sopra enucleati, infatti, ha condotto i Giudici di appello a ritenere che – mantenendo una costante e ininterrotta vigilanza sul soggetto (anziano, non presente a se stesso e sicuramente non autosufficiente) e, dunque, non lasciandolo solo in una situazione chiaramente foriera di innumerevoli pericoli (in un’area densa di insidie e, viepiø, appoggiato a un presidio mobile per sua natura instabile) – l’evento lesivo non si sarebbe certamente verificato.
Le ipotesi di colpa che la Corte territoriale ha ricollegato ai ricorrenti, del resto, risultano dotate di capacità causale rispetto all’evento; ciò già sotto il profilo naturalistico, ancor prima che con riguardo al requisito dell’adeguatezza giuridica. La Corte di appello, infatti, ha ricondotto agli imputati una posizione di garanzia, rispetto alla sicurezza degli ospiti della residenza, considerando come agli stessi facesse capo l’organizzazione afferente alla gestione domestica degli anziani, in relazione ai plurimi e diversi aspetti della vita quotidiana.
E allora RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE – accogliendo gli ospiti (malati e non autosufficienti) presso la loro struttura – si erano resi garante della gestione dei degenti stessi; ciò rispetto alle generali esigenze di vita dei medesimi, comprendenti la pulizia, la vestizione, la nutrizione, ma anche quanto alla deambulazione, da attuare solo in condizioni di ininterrotta sicurezza e, infine, in merito alla permanenza negli spazi non solo interni, ma anche esterni del fabbricato. La Corte di merito, peraltro, ha evidenziato come RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXnon fosse una casa di cura, bensì una semplice struttura adibita a privata residenza e deputata alla accoglienza degli anziani; non poteva che divenire preponderante, allora, l’aspetto della assistenza continua da prestare agli ospiti, nell’intera gamma delle loro esigenze di vita quotidiana.
4.2.1. Le riferite valutazioni espresse dalla Corte territoriale risultano del tutto coerenti, rispetto ai principi di diritto che – da tempo e ripetutamente – sono stati affermati dalla giurisprudenza di legittimità, nella elaborazione della “teoria del garante”. La Corte distrettuale, dunque, ha colto il significato profondo e la valenza degli obblighi di garanzia, radicandoli all’interno dello speciale vincolo di tutela, che avvince il soggetto garante ad un dato bene giuridico, laddove il titolare dello stesso bene non risulti in grado di proteggerlo autonomamente.
In tale contesto ricostruttivo, i profili solidaristici che permeano le posizioni di garanzia, sono stati così definiti – in una pluralità di decisioni – ad opera di questa Corte regolatrice: “… le cosiddette posizioni di garanzia, che sono inequivoche espressioni di una particolare solidarietà hanno, oggi, un indubbio retroterra, un innegabile punto di riferimento in quella norma – art. 2 – della Carta Costituzionale che, ispirandosi, come da tutti riconosciuto in dottrina, al principio personalistico o del rispetto della persona umana nella sua totalità, esige, nel riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nella formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale; norma che costituisce una indubbia chiave di lettura di tante altre norme della Costituzione, tra la quali la norma dell’art. 32, che esalta il diritto alla salute e,
quindi, all’integrità psicofisica” (Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990, dep. 1991, Rv. 191792). In tale pronuncia – seguita da un intero filone giurisprudenziale, da ritenersi ormai consolidato si Ł quindi chiarito:
che il paradigma sostanziale, atto a giustificare la stessa esistenza delle posizioni di garanzia, Ł rappresentato dalla esistenza di una relazione di dipendenza, connotata da un contenuto di tipo protettivo;
 che il  fondamento ontologico degli obblighi impeditivi si radica nella necessità, riconosciuta dall’ordinamento, di garantire a determinati beni una tutela particolarmente rafforzata, a causa della incapacità – totale o parziale, irreversibile o temporanea che sia dei loro rispettivi titolari a proteggerli in modo consono, donde il conferimento a taluni altri soggetti di una speciale posizione di garanti, in quanto deputati a preservare l’integrità dei beni che si ha interesse a conservare intonsi;
che la funzione del garante Ł volta “a riequilibrare la situazione di inferiorità, in senso lato, di determinati soggetti, attraverso l’instaurazione di un rapporto di dipendenza a scopo protettivo”.
4.2.2. Si tratta, ad ampio raggio, di regole ermeneutiche operanti per tutti i casi della vita, non preventivamente tipizzati dal legislatore, in cui venga in rilievo una situazione di passività in capo al titolare del bene protetto; tali regole, poi, guidano la valutazione rimessa all’interprete, sia nella selezione della figura del garante, sia nella individuazione del contenuto degli obblighi impeditivi, specificamente riferibili al soggetto che assume la posizione di garanzia.
4.3. In ordine alla sussistenza del nesso causale, fra la condotta omissiva serbata dai prevenuti e il fatto lesivo, giova premettere come le Sezioni Unite di questa Corte abbiano affermato – nel dirimere la questione che veniva agitandosi sull’impiego giudiziale delle ‘leggi di copertura’ (scientifiche ovvero statistiche) – che il giudice del merito, ai fini della ricostruzione del fatto, non può accontentarsi di attingere a criteri di sola probabilità statistica; occorre far ricorso, invece, al differente criterio della probabilità logica, la quale consente “la verifica aggiuntiva, sulla base dell’intera evidenza disponibile, dell’attendibilità dell’impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilità dell’accertamento giudiziale”.
La Corte regolatrice ha chiarito, inoltre, che il nesso casuale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – resti accertato che, immaginandosi come realizzata la condotta doverosa, l’evento hic et nunc non si sarebbe verificato; non Ł consentito, inoltre, il ricorso meccanicistico al coefficiente probabilistico espresso dalla legge di copertura. Il giudice può addivenire all’affermazione di responsabilità penale, poi, esclusivamente nel caso in cui pervenga alla conclusione – con alto grado di credibilità razionale, quindi con la certezza processuale – che la condotta dell’imputato sia stata condizione necessaria dell’evento. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno anche chiarito che – per affermare che la condotta dell’agente sia condizione necessaria dell’evento – il quadro delle affermazioni scientifiche di validità universale, censito dal giudice, deve essere dotato di tale forza dimostrativa da superare il ragionevole dubbio, fondato su elementi di insufficienza, contraddittorietà o incertezza del riscontro probatorio. (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, COGNOME, Rv. 222138).
Nell’alveo di tale insegnamento si collocano numerose decisioni successive delle sezioni semplici della Suprema Corte, ove si Ł evidenziato che – ai fini dell’imputazione causale  dell’evento  –  il  giudice  di  merito  deve  formulare  giudizi  sulla  scorta  di
generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi delle contingenze fattuali proprie della fattispecie concreta (fra tante, si vedano Sez. 4, n. 22022 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273586 – 01 e Sez. 4, n. 46428 del 19/04/2012, COGNOME, Rv. 254073 – 01). In tale iter interpretativo, si Ł anche osservato come – in sede di verifica della correttezza dell’addebito eziologico dell’evento – sia necessario dar luogo a una valutazione di tipo predittivo, sebbene rivolto verso il passato, dovendosi il giudice interrogarsi su ciò che sarebbe accaduto, laddove il soggetto attivo avesse realizzato la condotta che gli veniva richiesta.
Con riferimento alla casualità omissiva, infine, Ł stato esaltato il connotato condizionalistico della stessa, sottolineandosi come il giudizio in termini di certezza, quanto al ruolo salvifico della condotta omessa, presenti i caratteri tipici del paradigma indiziario e si basi anche sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post , in forza di ogni emergenza disponibile e culminante nel giudizio di elevata “probabilità logica”. Le incertezze alimentate dalle generalizzazioni probabilistiche, quindi, possono essere in qualche caso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto, quando l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità logica (Sez. 4, n. 18933 del 27/02/2014, COGNOME, Rv. 262139 – 01; Sez. 4 n. 43786 del 17.9.2010, COGNOME, Rv. 248943).
4.4. Il tema della sussistenza di una responsabilità colposa ascrivibile ai prevenuti Ł affrontato, nella sentenza impugnata, con ampia motivazione, nella quale non Ł dato riscontrare fratture narrative o vuoti logici e che, pertanto, merita di rimanere immune da ogni possibile stigma, in sede di legittimità.
La ricostruzione operata dalla Corte territoriale ha preso le mosse dalle condizioni cliniche dell’anziano, al momento dell’entrata dello stesso nella residenza gestita dai due prevenuti: si trattava di una persona che versava in una situazione già fortemente compromessa, connotata dalla progressiva diminuzione dell’autonoma attitudine a far fronte anche ai normali gesti della quotidianità, a causa dell’inarrestabile decadimento cagionato dal morbo di Alzheimer. Di tale condizione deteriorata, i responsabili della struttura erano stati espressamente informati, oltre ad esserne perfettamente edotti già grazie alla mera osservazione del soggetto.
Nelle  ultime  settimane  antecedenti  l’evento  letale,  viepiø,  la  patologia  aveva rapidamente preso il sopravvento, provocando un accelerato peggioramento delle condizioni di RAGIONE_SOCIALEXX; tale dato viene ineccepibilmente recepito, dalla Corte territoriale, grazie al tenore degli ultimi certificati medici concernenti il soggetto (certificati che sono stati redatti da personale medico altamente specializzato nella materia e che, quindi, assumono una inequivocabile significazione).
4.4.1. Non mancano, i Giudici di appello, di evidenziare la natura addirittura ultronea o, quantomeno, accessoria e marginale – della conoscenza delle attestazioni sussunte nei suddetti certificati: le condizioni fisiche dell’anziano erano ormai di tale portata e così progressivamente ingravescenti, da poter essere immediatamente riconosciute da parte di qualunque soggetto, anche non munito di competenze mediche specifiche; tale situazione, in sostanza, era di tale gravità – ed era talmente percepibile in modo empirico, senza che vi fosse la necessità della veicolazione svolta dalla scienza medica – che avrebbe imposto l’adozione di presidi e cautele invece ignorati, ad opera degli imputati. Si discorre infatti, sottolinea la Corte territoriale, di una persona ormai non piø in grado di assumere la posizione eretta e di deambulare in modo autonomo e, persino, non piø capace di compiere le normali modifiche della postura.
4.4.2. Si innesta, sul solco di tale ragionamento, il tema della valenza da attribuire alle
dichiarazioni testimoniali presenti nel fascicolo e, correlativamente, la questione inerente alla preminenza accordata, dalla avversata decisione, alle attestazioni – di segno nettamente contrario – contenute nei certificati medici del 16 agosto 2019 (susseguente a visita geriatrica) e del 6 settembre 2019 (all’esito di visita fisiatrica).
La Corte territoriale ha ben chiarito le ragioni in base alle quali ha ritenuto che le fonti dichiarative raccolte non potessero scalfire la saldezza e la affidabilità delle attestazioni contenute nei suddetti certificati; in particolare, può leggersi in sentenza che:
NOME, fratello della persona offesa, ha riferito di aver dettagliatamente illustrato la situazione clinica di quest’ultimo agli imputati, al momento dell’ingresso dello stesso presso la residenza, ossia nel luglio del 2019 ed ha aggiunto di essersi recato a fargli visita all’incirca un paio di volte a settimana, durante la permanenza all’interno; ha poi descritto un veloce aggravamento della condizione del soggetto, durante il soggiorno nella struttura, affermando come quest’ultimo avesse avuto subito necessità di servirsi di un deambulatore e di ulteriori strumenti (tra cui anche le sponde del letto, fornite dallo stesso teste);
NOME, figlia della degente NOME, ha dichiarato di aver notato che RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXXXXveniva aiutato dagli imputati nella deambulazione e, inoltre, di averlo visto una o due volte camminare servendosi di un presidio mobile; in tal modo, sebbene riferendo accadimenti sforniti di una precisa collocazione temporale, ella ha ben delineato le difficoltà che l’uomo incontrava, nel compiere autonomamente i normali spostamenti;
NOME, ospite di RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEX ha affermato di aver visto che RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALEXXXXXveniva seguito e condotto per mano dai prevenuti, senza però riuscire a collocare tali fatti in un preciso arco cronologico; in tal modo, però, ha comunque suffragato la tesi della incapacità della persona offesa, di muoversi in maniera indipendente da altre persone che lo aiutassero.
A fronte di tali affermazioni – che, giustamente, sono state tacciate dai Giudici di merito di aspecificità sotto il profilo temporale, oltre che di indeterminatezza quanto al versante oggettivo – non possono che assumere ben altra attitudine evocativa, le attestazioni contenute nei sopra richiamati certificati medici. Questi provengono, infatti, da soggetti particolarmente qualificati, sotto l’aspetto medico e scientifico; del resto, la critica spesa dalla difesa si Ł arrestata alla soglia della pura e semplice confutazione, senza però riuscire ad esaltare nØ una errata impostazione tecnica, nØ macroscopiche falle di natura descrittiva.
Di ben diverso tenore sono i certificati in atti, i quali – lungi dal riprodurre l’indefinito posizionamento cronologico che connota le sopra riassunte testimonianze – cristallizzano una situazione storicamente ben determinata.
4.5. Adeguatamente sviscerata dalla Corte distrettuale, inoltre, Ł la problematica inerente alla assunzione – ad opera dei ricorrenti – di una posizione di garanzia, nei confronti del soggetto malato che era stato loro affidato.
La sentenza impugnata parte dalla considerazione della ininfluenza del fatto che i due certificati di cui sopra siano stati, o meno, materialmente mai consegnati agli imputati; nei certificati stessi, infatti, veniva descritta una situazione clinica ormai irreversibilmente compromessa, che era immediatamente percepibile – anche senza che vi fosse la necessità di leggere la specifica documentazione medica – in special modo da parte di chi aveva modo di osservare il malato per l’intera durata del giorno.
Tanto premesso, la Corte territoriale ritiene che la violazione delle regole cautelari, gravanti sui due prevenuti, sia insita proprio nell’aver lasciato solo, a muoversi faticosamente
con il girello (strumento non stabile, che anzi favorisce lo slittamento), un soggetto che versava in condizioni piø che precarie e che erano immediatamente percepibili. Tanto piø imprudente deve essere considerata la collocazione del degente nel già descritto piazzale, atteso che RAGIONE_SOCIALEXXXvenne posizionato in un luogo che, pacificamente, era da ritenersi popolato di insidie della piø variegata congerie (Ł assodato, ricorda la Corte, che il piazzale presentasse una pavimentazione sconnessa e che fossero colà presenti scarti edili, canali di scolo, galline che vagavano in libertà, proprio laddove si trovavano gli ospiti della struttura).
In ragione di ciò, la sentenza impugnata mette in evidenza come la condotta serbata dagli imputati si sia caratterizzata per la trasgressione delle piø elementari regole derivanti dalla comune esperienza e dall’ordinario buon senso, delineandosi per marcata negligenza, per superficialità e per incuria.
Rispetto alla saldezza di tali argomentazioni – ineccepibili sia sotto il profilo della tenuta logica, sia per ciò che attiene alla ricostruzione fenomenica – resta privo della pur minima attitudine disarticolante l’ulteriore argomento difensivo, imperniato sulla presenza di COGNOME, nel cortile che fu teatro della caduta letale ed al momento in cui questa ebbe a verificarsi. Il comportamento alternativo dovuto – sicuramente esigibile dagli imputati, in quanto titolari di una specifica posizione di garanzia, oltre che perfettamente a conoscenza della gravità della situazione in cui versava l’anziano – sarebbe stato quello di non lasciar solo RAGIONE_SOCIALEXX o, quantomeno, di sorreggerlo costantemente, in ogni pur minimo movimento. Non vi Ł chi non rilevi, invece, l’irrilevanza di una mera presenza passiva – disinteressata e distante – nel medesimo ampio spazio fisico, da parte del prevenuto.
4.6. La difesa ha sollevato obiezioni, infine, in punto di sussistenza del nesso causale, tra le condizioni del terreno sul quale era stato lasciato l’anziano e la caduta letale subita dallo stesso; le impugnazioni, però, dipanano argomentazioni che risultano, sul punto, in gran parte fuorvianti e distoniche, rispetto all’effettivo thema decidendum . Osserva la Corte territoriale, infatti, che la vittima non era in grado di deambulare e che – nonostante l’esistenza di tale inconfutabile menomazione – Ł stata posizionata su un girello (ossia, su uno strumento dotato di ruote, dunque intrinsecamente insidioso, se non congruamente manovrato), per poi essere lasciata sola (vero che l’imputato stazionava a pochi metri dalla persona offesa, ma comunque era sicuramente fuori dalla possibilità di tempestivo ed efficace intervento).
Chiaro Ł allora – prosegue la sentenza impugnata – che l’inosservanza della regola cautelare gravante sugli imputati, titolari di specifica posizione di garanzia, si annidi proprio nel non aver considerato le gravissime condizioni fisiche in cui ormai versava la vittima, oltre che nell’averla abbandonata a sØ stessa, in un luogo palesemente inidoneo alla sua permanenza. Occorre non dimenticare, sul punto, come RAGIONE_SOCIALEXXXfosse in condizioni di ‘deambulazione non consentita’, potendo essere mobilizzato solo in carrozzina e potendo deambulare ‘solo con assistenza e doppio appoggio’ (così il certificato del 16 agosto 2019), risultando, da ultimo, ‘non piø deambulante e non piø autonomo nei passaggi posturali e trasferimenti’, oltre che con ‘stazione eretta non consentita’ (in tal senso depone l’ultimo certificato, risalente al 6 settembre 2019).
4.7. Oltre ad essere specificamente prevedibile che si potesse verificare una caduta con esiti rovinosi – in ragione delle condizioni fisiche ormai gravemente deteriorate del soggetto, nonchØ stante l’improprio contesto nel quale questi era stato collocato – la Corte territoriale reputa acclarato anche l’ulteriore profilo dell’esigibilità, ad opera degli imputati, del comportamento alternativo dovuto; comportamento alternativo che, con condivisibile giudizio controfattuale, viene reputato atto a scongiurare la caduta e, dunque, il decesso
dell’anziano.
Segnatamente, afferma la Corte territoriale che l’anziano sarebbe stato da sorreggere costantemente e da tenere per mano in qualunque spostamento; sarebbe stato poi da allocare – laddove si fosse trovato in posizione statica – su una sedia a rotelle dotata di cintura di sicurezza. Trascurando tali basilari regole di prudenza – conclude l’avversata decisione – gli imputati in realtà crearono essi stessi quella situazione di pericolo, che si sarebbe rivelata, in seguito, foriera di conseguenze nefaste per l’assistito. COGNOME viene minimamente revocata in dubbio, inoltre, la sussistenza di un diretto collegamento causale, fra la caduta e il decesso, avvenuto il giorno successivo a causa di una emorragia cerebrale.
4.8. Per concludere, la valutazione espressa dai giudici di merito risulta del tutto coerente, rispetto ai principi di diritto sopra richiamati. Invero, sviluppando un percorso argomentativo di ordine controfattuale – che risulta immune da aporie di ordine logico e che appare del tutto conferente, rispetto all’acquisito quadro probatorio – il Collegio ha osservato che l’adozione del comportamento dovuto (non lasciare la persona bisognosa di assistenza continua sola, peraltro in un’area costellata di insidie di vario genere e aggrappata a uno strumento particolarmente instabile) avrebbe scongiurato, con elevata probabilità, il verificarsi della rovinosa caduta.
Per contro, le argomentazioni poste a base delle censure in esame non valgono a scalfire la congruenza logica del complesso motivazionale che sorregge il provvedimento impugnato, al quale la parte ricorrente ha inteso piuttosto sostituire una sua visione alternativa del fatto: pur asserendo di voler contestare l’omessa o errata ricostruzione di risultanze della prova dimostrativa, infatti, la difesa ha piuttosto auspicato da questa Corte un inammissibile intervento di sovrapposizione interpretativa, rispetto alla decisione impugnata.
Con il quarto motivo – inerente, come detto, alla posizione della sola RAGIONE_SOCIALE – la difesa aggredisce la ritenuta responsabilità concorsuale gravante su entrambi gli imputati, sottolineando come la ricorrente si trovasse altrove, al momento della caduta dell’anziano.
5.1. Si può sottolineare, allora, come la giurisprudenza di legittimità abbia ripetutamente chiarito che – in presenza di una pluralità di posizioni di garanzia, allorchØ i titolari delle stesse siano di pari grado, come nel caso di specie – ciascuno sia, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento e non possa fare affidamento sull’eliminazione, da parte di altri coobbligati, della situazione pericolosa da lui creata, o consentita, o trascurata (si veda Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990, COGNOME, Rv. 191802). Si Ł poi precisato come – in caso di esistenza di una pluralità di posizioni di garanzia – neanche il comportamento colposo del garante sopravvenuto sia bastevole ad interrompere il rapporto di causalità instauratosi, fra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l’evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata (Sez. 4, n. 45369 del 25/11/2010, COGNOME, Rv. 249072 – 01).
5.2. Le posizioni dei due ricorrenti, in realtà, sono state correttamente considerate, dalla Corte territoriale, quali posizioni tra loro strettamente correlate, visto che – nella avversata decisione – vi Ł una ampia ed esaustiva motivazione, in ordine all’apporto causalmente efficiente, offerto dalla incauta e imprudente condotta serbata da entrambi. Sul punto, la sentenza impugnata ricorda come – attenendosi proprio alla narrazione operata dall’imputata – sia stata ella stessa a posizionare RAGIONE_SOCIALEXXXsu un girello (sarebbe a dire, si ripete, su uno strumento mobile che offre sostegno, ma che non ha efficacia alcuna, nell’impedire cadute improvvise determinate da fattori di qualsivoglia eziologia). La RAGIONE_SOCIALE stessa, dunque, decise improvvidamente di posizionare l’anziano nel cortile, in quanto aveva
esigenza di riposare dopo una nottata travagliata e, inoltre, in quanto voleva evitare che NOME venisse infastidito.
E si trattò,  del  resto,  di  una  decisione  condivisa  dallo  stesso  NOME, il quale acconsentì a che NOME rimanesse in una situazione che – stante le sue condizioni soggettive e vista la situazione ambientale – presentava tutti i crismi della evidente pericolosità.
Tale ricostruzione Ł sorretta da una struttura motivazionale che, anche sul punto specifico, Ł lineare e priva del pur minimo spunto di contraddittorietà e che, quindi, Ł tale da non meritare censure in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto dei ricorsi; segue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Ricorrendone le condizioni, infine, deve essere disposta l’annotazione di cui all’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196, recante il ‘codice in materia di protezione dei dati personali’.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.