Porto Ingiustificato di Taglierino: Quando un Oggetto Comune Diventa Reato
Il porto ingiustificato di taglierino al di fuori della propria abitazione può integrare un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5807/2024, chiarisce i confini della legalità e le condizioni per cui non si può beneficiare della non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’. Analizziamo insieme la decisione per capire le implicazioni pratiche per i cittadini.
I Fatti del Caso
Un uomo veniva condannato dal Tribunale di Castrovillari per la contravvenzione prevista dall’art. 4 della legge 110/1975. L’accusa era di aver portato fuori dalla propria abitazione un taglierino lungo 25 cm (di cui 8 cm di lama) e quattro lame di ricambio.
Il giudice di primo grado, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato al pagamento di un’ammenda di ottanta euro, oltre alle spese processuali, disponendo la confisca e la distruzione degli oggetti sequestrati.
Il Ricorso alla Suprema Corte
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza di primo grado. In particolare, sosteneva:
1. L’insussistenza del reato contestato.
2. Un vizio di motivazione riguardo all’attribuzione di responsabilità.
3. Un travisamento della prova.
4. L’errata determinazione della pena.
5. La mancata applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte: il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno sottolineato che le censure presentate dall’imputato non miravano a evidenziare una violazione di legge o un vizio logico nella motivazione della sentenza, ma tendevano a sollecitare una nuova e diversa valutazione dei fatti. Questo tipo di riesame è precluso nel giudizio di legittimità, che ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza del ragionamento del giudice di merito, non di rifare il processo.
La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse fornito argomentazioni logiche e coerenti per giustificare la condanna, sia per quanto riguarda la colpevolezza sia per la determinazione della pena.
Le Motivazioni: Il Principio di ‘Tenuità del Fatto’ e il Porto Ingiustificato di Taglierino
Il punto centrale della decisione riguarda la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto). La difesa sosteneva che il porto di un semplice taglierino dovesse essere considerato un’offesa minima, tale da non meritare una sanzione penale.
La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando il ragionamento del giudice di merito. Per escludere il beneficio della non punibilità, è sufficiente che manchi anche solo uno dei presupposti richiesti dalla norma. In questo caso, il giudice ha ritenuto decisivi due elementi:
1. L’assenza di un giustificato motivo: L’imputato non ha fornito una ragione valida e credibile per cui portava con sé il taglierino in quel frangente.
2. La presenza di lame di ricambio: Il fatto di avere con sé non solo lo strumento ma anche quattro lame aggiuntive è stato interpretato come un elemento che aggrava la condotta, rendendola non qualificabile come ‘particolarmente tenue’.
Di conseguenza, la valutazione del giudice di merito è stata considerata adeguata e immune da vizi, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: qualsiasi oggetto atto ad offendere, anche se di uso comune come un taglierino, non può essere portato fuori dalla propria abitazione senza una ragione legittima, direttamente collegata a un’attività lavorativa o a un’altra necessità contingente e dimostrabile. La semplice dimenticanza o la generica utilità non costituiscono un ‘giustificato motivo’.
Inoltre, la decisione evidenzia come le circostanze concrete, quali la presenza di lame di ricambio, possano influenzare la valutazione del giudice sulla gravità del fatto, precludendo l’accesso a istituti di favore come la non punibilità per particolare tenuità. La vicenda si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
È reato portare con sé un taglierino?
Sì, secondo la sentenza, portare un taglierino fuori dalla propria abitazione senza un giustificato motivo costituisce il reato di porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere, previsto dall’art. 4 della legge 110/1975.
Perché in questo caso non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità è stata esclusa perché il giudice ha ritenuto decisiva sia l’assenza di un giustificato motivo per il porto dell’oggetto, sia la presenza di quattro lame di ricambio, elementi che nel loro insieme non permettevano di qualificare il fatto come di particolare tenuità.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione perché il ricorso si basa su motivi non consentiti, come la richiesta di una nuova valutazione delle prove, anziché contestare una violazione di legge o un difetto logico nella motivazione della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5807 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5807 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROSSANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/09/2023 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice monocratico del Tribunal di Castrovillari ha dichiarato NOME COGNOME colpevole della contravvenzio di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, per aver portato fuori dalla abitazione un taglierino della lunghezza complessiva di cm. 25, di cui 8 di la nonché quattro lame di ricambio e, per l’effetto – riconosciuta l’ipotesi att e concesse le circostanze attenuanti generiche – lo ha condannato alla pena euro ottanta di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processual disponendo, altresì, la confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, denunciando violazione di legge sostanziale e viz motivazionale, ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., lamen la insussistenza del reato contestato, il vizio di motivazione in punto di ad di responsabilità all’imputato e il travisamento della prova, nonché l’er considerazione dei criteri inerenti al trattamento sanzionatorio di cui all’a cod. pen. e, infine, dolendosi della mancata applicazione dell’istituto di cui 131-bis cod. pen.
Il ricorso è inammissibile, in quanto fondato su censure non consentit invocandosi, invero, una rivalutazione inerente a elementi fattuali, precipuame incentrati sulla ricostruzione storica e oggettiva della vicenda. La Corte terri – per quanto di interesse in questa sede – ha rilevato trattarsi de ingiustificato di un taglierino, riconducibile al prevenuto, giungendo a conclusione in forza di argomentazioni dotate di ferrea coerenza logica, oltre prive di qualsivoglia forma di contraddittorietà. Anche il percorso argomentat seguito dai Giudici di merito, per giungere a fissare il sopra indicato tratt sanzionatorio, appare del tutto privo di qualsiasi forma di incoerenza.
A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici, non vi non rilevi come gli appunti difensivi siano finalizzati unicamente a provocare non consentita riconsiderazione di elementi fattuali. Circa le censure quoad poenam, deve invero osservarsi che la valutazione attinente ad aspetti c rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito – laddove tale p appaia esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principi di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non rich necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. p sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi
oggetto di valutazione, ovvero la valorizzazione di dati che si assuman indebitamente pretermessi, nell’apprezzamento del giudice impugnato.
Anche la doglianza inerente alla mancata applicazione dell’istituto ex a 131-bis cod. proc. pen. non supera il vaglio preliminare di ammissibilità, in qua semplicemente reiterativa di profili di censura già congruamente vagliati d giudice di merito. Invero, ai fini dell’esclusione della causa di non punibili particolare tenuità del fatto, è da ritenersi adeguata la motivazione che dia c dell’assenza anche di uno soltanto dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis pen., laddove si tratti di elemento considerato, evidentemente, decisivo (Sez. 3 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678). Ebbene, il Giudice a quo ha ritenuto di non poter riconoscere il beneficio de quo, valorizzando – oltre che l’assenza di un giustificato motivo per il porto del taglierino – anche la presen ulteriori quattro lame.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.