Porto di Strumento Atto ad Offendere: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il reato di porto di strumento atto ad offendere è una fattispecie che spesso genera dubbi interpretativi, specialmente riguardo la consapevolezza del possesso e le circostanze che lo giustificano. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, dichiarando inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per aver trasportato una mazza di legno. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Un Controllo Stradale e un Ritrovamento Scomodo
Durante un ordinario controllo stradale, un giovane automobilista viene fermato dalle forze dell’ordine. All’interno del veicolo, gli agenti rinvengono una mazza di legno posizionata tra le gambe del conducente. A seguito di questo ritrovamento, l’uomo viene processato e condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di porto illegale di strumento atto ad offendere.
Non accettando la condanna, la difesa decide di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello.
I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva
La difesa dell’imputato basava il proprio ricorso su due argomenti principali:
1. Assenza dell’elemento soggettivo: Si sosteneva che mancasse la piena consapevolezza del porto dello strumento, un elemento psicologico necessario per configurare il reato.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la congruità della pena inflitta, ritenendo la motivazione del giudice di merito insufficiente.
In sostanza, si cercava di dimostrare che la presenza della mazza in auto fosse casuale e non finalizzata a un uso offensivo, e che la pena applicata fosse eccessivamente severa.
La Decisione della Corte di Cassazione sul porto di strumento atto ad offendere
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a un livello precedente, stabilendo che il ricorso non aveva i requisiti minimi per essere esaminato. La Corte ha ritenuto che le censure fossero generiche e che i giudici di merito avessero già valutato correttamente tutti gli aspetti del caso.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Ritenuto Inammissibile?
La Suprema Corte ha articolato la sua decisione sulla base di diversi punti chiave:
* La prova della consapevolezza: Per i giudici, il fatto che la mazza di legno fosse stata rinvenuta ‘tra le gambe dell’imputato’ era una prova inconfutabile della consapevolezza e della disponibilità immediata dello strumento. Questa circostanza, da sola, era sufficiente a smontare la tesi difensiva sull’assenza dell’elemento soggettivo.
* L’esclusione della ‘particolare tenuità del fatto’: La difesa sperava forse in un’assoluzione per la lieve entità del reato. Tuttavia, la Corte ha evidenziato due fattori ostativi: i precedenti penali dell’imputato (già condannato per guida con patente revocata) e il contesto generale. Trovarsi alla guida con sostanze stupefacenti e uno strumento offensivo pronto all’uso è una situazione che, secondo la Corte, non può essere considerata di ‘particolare tenuità’.
* La genericità del ricorso: Il motivo di appello relativo al trattamento sanzionatorio è stato giudicato generico. La difesa non aveva specificato in modo adeguato perché la pena fosse incongrua, limitandosi a una contestazione vaga. Per la Cassazione, un ricorso non può basarsi su un ‘vuoto motivazionale’ ma deve contenere critiche precise e circostanziate alla sentenza impugnata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza offre spunti di riflessione importanti. In primo luogo, ribadisce che la posizione e l’immediata disponibilità di un oggetto atto ad offendere sono elementi cruciali per dimostrare la consapevolezza del porto. Non basta dire ‘non sapevo di averlo’. In secondo luogo, evidenzia come i precedenti penali di un imputato possano avere un peso determinante nell’escludere l’applicazione di benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Infine, sottolinea un principio fondamentale del processo penale: i ricorsi, specialmente quelli in Cassazione, devono essere specifici, dettagliati e non possono limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito, pena la loro inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Avere un oggetto come una mazza in auto è sempre reato?
No, il reato non è il possesso in sé, ma il ‘porto’ fuori dalla propria abitazione senza un giustificato motivo. La Corte ha ritenuto che il ritrovamento dell’oggetto tra le gambe del conducente costituisse prova evidente del porto illegale e consapevole, pronto per l’uso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e non semplicemente respinto nel merito?
È stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati dalla difesa sono stati ritenuti generici e le questioni sollevate erano già state adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello con motivazioni corrette. L’inammissibilità è una sanzione processuale che impedisce alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti.
I precedenti penali possono impedire l’applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’?
Sì. La Corte ha specificato che i precedenti penali dell’imputato (in questo caso, guida con patente revocata) e le circostanze del reato (presenza di stupefacenti e dell’arma) sono elementi decisivi che dimostrano un comportamento non occasionale e una certa pericolosità, precludendo così la possibilità di non punire il fatto per la sua particolare tenuità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6661 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6661 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole della violazione degli artt. 533, 535, 192 cod. proc. pen., 187 Codice della strada, 4 I. n. 110 del 1975 e 133 cod. pen., e del vizio di motivazione – sono inammissibili perché già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e perché inerenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente motivazione.
Invero, la Corte di appello di Bari, a fronte della doglianza difensiva circa l’assenza dell’elemento soggettivo e in particolare la consapevolezza del porto, rileva che nessun dubbio sussiste con riguardo alla responsabilità di NOME per il porto di strumento atto ad offendere, considerato che la mazza di legno era rinvenuta tra le gambe dell’imputato. Sottolinea, in relazione al fraintendimento della richiesta di sottoposizione ad accertamenti per verificare l’assunzione di stupefacenti, come la tesi del difetto di comunicazione tra forze dell’ordine sia mera supposizione. Fa, infine leva, per escludere il fatto di particolare tenuità, sui precedenti penali dell’imputato, il quale è stato più volte condannato per aver guidato con patente revocata, e sulla circostanza che egli si trovava alla guida dell’autovettura in possesso di sostanze stupefacenti e con uno strumento di offesa portato illecitamente fuori dalla propria abitazione e pronto per l’uso.
Osservato, pertanto, che il ricorso – col quale la difesa contesta le suddette argomentazioni e insiste genericamente su un vuoto motivazionale sul trattamento sanzionatorio a fronte, altresì, di un motivo di appello generico circa l’incongruità della pena – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.