Porto di Oggetti atti ad Offendere in Auto: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il tema del porto di oggetti atti ad offendere è una questione delicata che spesso genera dubbi e incertezze. Fino a che punto è lecito trasportare in auto oggetti come coltelli o attrezzi da lavoro? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo argomento, sottolineando i limiti dei ricorsi e le conseguenze di una condotta non giustificata. Analizziamo insieme la decisione della Suprema Corte per comprendere meglio i contorni di questo reato e le regole del processo penale.
I Fatti del Caso: Coltelli e Cacciavite in Auto
La vicenda ha origine da un controllo di routine effettuato dai Carabinieri. Durante l’ispezione di un’autovettura, le forze dell’ordine rinvengono due coltelli e un cacciavite. L’automobilista, non essendo in grado di fornire una valida giustificazione per il possesso di tali oggetti, viene accusato e successivamente condannato sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.
La condanna è per il reato previsto dall’art. 4 della Legge n. 110/1975, che punisce chiunque porti fuori dalla propria abitazione un’arma impropria o un oggetto atto ad offendere senza un giustificato motivo. La pena inflitta è di un anno di arresto e 3.000 euro di ammenda.
Il Ricorso in Cassazione e le Motivazioni dell’Imputato
Non rassegnato alla condanna, l’imputato decide di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi del ricorso si basano su una presunta “violazione di legge” e su un “vizio di motivazione” da parte della Corte d’Appello. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione degli elementi di prova, sostenendo che i giudici di merito avessero interpretato erroneamente i fatti.
La Decisione della Cassazione e il Divieto di Rivalutare i Fatti
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, di conseguenza, “inammissibile”. Questo significa che i giudici non sono nemmeno entrati nel merito della questione sollevata dal ricorrente.
La ragione di questa decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti e le prove. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove, come fatto dal ricorrente, è un’operazione non consentita in questa sede.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse “adeguata e non manifestamente illogica”. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione sul contenuto del verbale di perquisizione e sequestro, dal quale emergeva chiaramente la mancanza di una qualsiasi giustificazione per il possesso degli strumenti. Di fronte a questo ragionamento coerente, le lamentele dell’imputato si riducevano a una semplice richiesta di una diversa interpretazione dei fatti, una richiesta, come detto, inammissibile.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il porto di oggetti atti ad offendere senza un valido motivo costituisce reato. La valutazione sulla sussistenza di un “giustificato motivo” è compito dei giudici di merito e non può essere messa in discussione in Cassazione se la loro decisione è logicamente motivata. La decisione ha anche conseguenze economiche significative per il ricorrente. Essendo il ricorso stato dichiarato inammissibile per colpa, l’imputato è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questo serve da monito: i ricorsi palesemente infondati non solo non hanno possibilità di successo, ma comportano anche costi aggiuntivi.
È legale portare un coltello o un cacciavite in auto?
No, non è legale se non esiste un “giustificato motivo”. Secondo la legge, il porto di oggetti atti ad offendere fuori dalla propria abitazione è un reato. Se si viene fermati per un controllo, bisogna essere in grado di fornire una spiegazione valida e credibile del perché si trasportano tali oggetti.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è “inammissibile”?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito perché non rispetta i requisiti previsti dalla legge. In questo caso, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto o vizi logici della sentenza, chiedeva alla Corte di rivalutare i fatti, compito che non spetta alla Cassazione.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’ordinanza, chi presenta un ricorso inammissibile per colpa viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2337 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CUTRO il 20/01/1957
avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che la Corte di appello di Catanzaro – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Crotone in data 29 ottobre 2019, con la quale l’odierno ricorrente era stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 4 1.110/75 (con condanna alla pena di anni uno di arresto ed euro 3.000,00 di ammenda) per la mancanza di alcuna valida giustificazione rispetto alla detenzione, da parte sua, di due coltelli e di un cacciavite, rinvenuti corso di un controllo effettuato dai Carabinieri – all’interno dell’autovettura d condotta;
Rilevato che la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata la responsabilità dell’imputato sulla base del contenuto del verbale di perquisizione e di sequestro dai quali non risultava alcuna giustificazione dell’imputato rispetto al possesso degli strument sopra indicati;
Ritenuto che l’imputato, rispetto a tale coerente ragionamento, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in sostanza chiede una differente (e inammissibile) valutazione degli elementi di merito;
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., a pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.